Sull’annullamento in autotutela del permesso di costruire, di Fabio Cusano

Con sentenza 20 settembre 2023, n. 5143, il TAR Napoli, sez. VIII, ha ribadito che l’atto di annullamento del permesso di costruire in autotutela intervenuto a distanza di oltre 14 anni dal rilascio è illegittimo perché adottato in violazione dell’art. 21-nonies della L. 241/1990 che prevede che l’amministrazione può esercitare il potere di annullamento entro il termine di 18 mesi (ridotto a 12 mesi dal D.L. 77/2021) dal rilascio del titolo. In proposito non rileva la mancanza della c.d. doppia conformità, in quanto il Comune non avrebbe dovuto attendere oltre 14 anni per farla valere, in considerazione del ragionevole affidamento radicatosi nel corso degli anni dell’interessato.

Il ricorrente – al quale era stato rilasciato dal Comune il permesso a costruire in sanatoria del 2008 – ha impugnato innanzi al TAR, il provvedimento del 2022 con cui il Comune disponeva l’annullamento in autotutela del suddetto permesso, per illegittimità originaria.

Ad avviso del TAR, il ricorso è fondato.

Un rilievo preminente e assorbente assumono le censure di violazione degli artt. 21-octies e 21-nonies della L. 241 del 1990, in relazione alla violazione dell’art. 3 della medesima legge, oltre al difetto di istruttoria ed alla carenza dei presupposti.

In particolare, la violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies rileva sostanzialmente per la mancata osservanza delle regole che presiedono al procedimento di annullamento in autotutela introdotte con l’avvento della recente normativa con cui il relativo procedimento è stato procedimentalizzato e generalizzato.

A tal fine, l’art. 21-nonies richiede, fra i requisiti richiesti per il legittimo esercizio del potere di autotutela, il mancato decorso del termine di diciotto mesi dal rilascio del provvedimento che si intende annullare.

Nella fattispecie, in particolare, l’annullamento dell’atto è intervenuto a distanza di oltre quattordici anni dal rilascio dell’originario titolo edilizio; sotto tale profilo, dunque, il provvedimento impugnato è illegittimo perché adottato in violazione dell’art. 21 nonies della L. n. 241-1990.

A tal riguardo va posto in evidenza che in nessuna parte del provvedimento impugnato si richiamano o soltanto si fa riferimento a quelle situazioni unicamente in presenza delle quali si giustifica l’esercizio del potere di autotutela senza il rispetto di limiti temporali, salvo il limite generale di ragionevolezza.

Il TAR ribadisce che “l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio, anche in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal rilascio del titolo medesimo, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole, non potendosi indicare in via generale la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione in autotutela di tale atto (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 8/2017)”.

Infine, il resistente Comune, pur non contestando puntualmente nel merito le argomentazioni difensive dal ricorrente, rileva che il permesso di costruire andava comunque annullato perché espressamente condizionato alla mancanza della c.d. doppia conformità, nella specie non ravvisabile per la mancata ottemperanza dell’ordine di demolizione da parte del trasgressore.

In contrario è sufficiente osservare che, pur a voler condividere la suddetta obiezione non poteva attendersi oltre 14 anni per farla valere, senza tener conto del ragionevole affidamento dell’interessato che è andato vieppiù radicandosi nel corso degli anni.

In definitiva, il ricorso è fondato ed è stato accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.