Sulla natura dichiarativa e non costitutiva del certificato di destinazione urbanistica di Paolo Urbani

CS_1182_2023

 

Con la sentenza n. 1182 del 3 febbraio 2023, il Consiglio di Stato (sez. VI) ha ribadito che il certificato di destinazione urbanistica ha carattere meramente dichiarativo della regolamentazione cui è soggetta una determinata area. Ciò non consente di ipotizzare la sussistenza di un vizio di contraddittorietà con altri atti, il quale può ricorrere unicamente, fra atti di natura provvedimentale.

Il ricorrente otteneva dal Comune di Ventimiglia la concessione edilizia con la quale è stata assentita la costruzione di un’autorimessa interrata. In sede di esecuzione il ricorrente realizzava due unità immobiliari sulla copertura dell’autorimessa.

Il ricorrente presentava al Comune tre distinte istanze di condono edilizio al fine di sanare sia le nuove costruzioni, realizzate senza titolo abilitativo, sia le modifiche costruttive apportate all’autorimessa. Tuttavia, le tre istanze venivano respinte.

Ritenendo le suddette determinazioni negative illegittime, il ricorrente le ha impugnate con ricorso al TAR Liguria, il quale lo ha respinto. Avverso la sentenza il ricorrente ha proposto appello. Tuttavia, ad avviso del Consiglio l’appello è infondato.

Nella comunicazione di avvio del procedimento è specificato che il vincolo ambientale che impedisce la sanatoria è quello previsto dall’art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004, il quale individua svariate categorie di beni, caratterizzati, tutti, dall’essere sottoposti a tutela ex lege.

Inoltre, come si ricava dagli artt. 32, comma 26, del D.L. n. 269/2003 e 4, comma 1, della L.R. n. 5/2004, la disciplina del c.d. terzo condono edilizio non ammette la possibilità di sanare opere che abbiano comportato la realizzazione di nuova volumetria in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta (Cons. Stato, Sez. VI, 29/7/2022, n. 6684; 22/4/2022, n. 3088; 17/3/2020, n. 1902; Sez. II, 13/11/2020, n. 7014; Sez. IV, 27/4/2017, n. 1935; 21/2/2017, n. 813).

Alla luce di ciò, non è rilevante stabilire a quale delle diverse categorie di beni individuate nel citato art. 142 l’amministrazione abbia inteso riferirsi, nel ravvisare l’esistenza di un vincolo sull’area d’intervento, atteso che, in ogni caso, la sanatoria non sarebbe stata ammissibile.

Peraltro, è verosimile che parte appellante avesse contezza di quale fosse la tipologia di vincolo gravante sul proprio lotto di terreno, avendo prodotto, in primo grado, una cartografia, estratta da Google Maps, intesa a dimostrare come il medesimo fosse ubicato oltre la fascia costiera dei trecento metri dalla linea di battigia (art. 142, comma 1, lett. a, del citato D. Lgs. n. 42/2004).

Non sussiste, poi, il dedotto vizio di contraddittorietà, dedotto in relazione al fatto che gli impugnati dinieghi di condono fossero basati sull’esistenza di un vincolo paesaggistico di cui il certificato urbanistico negava, invece, la presenza.

Tale vizio, che costituisce figura sintomatica di eccesso di potere, non è, infatti, configurabile in relazione ad atti di natura vincolata, come nella specie sono gli impugnati dinieghi di condono edilizio (Cons. Stato, Sez. II, 1/7/2020, n. 4184).

A prescindere da ciò, il certificato di destinazione urbanistica ha carattere meramente dichiarativo della regolamentazione cui è soggetta una determinata area e il ché non consente di ipotizzare la sussistenza dell’invocato vizio di contraddittorietà, il quale può ricorrere unicamente, fra atti di natura provvedimentale (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 8/2/2016, n. 476).