Sulla discrezionalità della PA nella pianificazione urbanistica di Fabio Cusano

CS_1317_2023

 

Con la sentenza n. 1317 del 7 febbraio 2023, il Consiglio di Stato (sez. IV) ha ribadito che le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio costituiscono espressione del più ampio potere discrezionale dell’amministrazione; di conseguenza, esse possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di abnormità ovvero di palese travisamento dei fatti.

Anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.

Con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al DM 02/04/1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

Il presente giudizio reca ad oggetto lo scrutinio di legittimità del regolamento urbanistico del comune di Pietrasanta. Il ricorrente ne chiede l’annullamento nei limiti del proprio interesse, unitamente al piano strutturale. In particolare, si chiede l’annullamento:

  1. delle norme che impedirebbero la trasformazione del residence in fabbricati ad uso residenziale civile;
  2. dell’art. 40 delle n.t.a. del regolamento urbanistico (RU), sia nella parte in cui prevede il divieto di cambio di destinazione d’uso delle residenze turistico alberghiere (RTA) e dei residence, sia nella parte in cui limita a determinate condizioni il cambio di destinazione d’uso.

Il TAR rigettava il ricorso; avverso detta sentenza, Hanno appellato gli originari ricorrenti.

Ad avviso del Consiglio, l’appello è infondato.

Giova premettere che le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio costituiscono espressione del più ampio potere discrezionale dell’amministrazione; di conseguenza, esse possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di abnormità ovvero di palese travisamento dei fatti. Il principio è stato ribadito di recente con la sentenza della sezione 2 gennaio 2023, n. 21 secondo cui:

– le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;

– anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni;

– con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali:

  1. superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona;
  2. pregresse convenzioni edificatorie già stipulate;
  3. giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare;
  4. modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

Con il divisato regolamento urbanistico, il comune di Pietrasanta – notoriamente a vocazione turistica di pregio – ha inteso incentivare il mantenimento e la riqualificazione delle strutture ricettive, indicando quale obiettivo della pianificazione locale il sostegno e la promozione dell’economia e dell’offerta turistica.

Tale obiettivo, così come le modalità del suo perseguimento, rientrano tra le scelte politico-amministrative riservate alla sfera di autonomia e di merito dell’azione amministrativa.

In tale prospettiva, tale essendo la ratio sottesa al piano strutturale, il regolamento urbanistico ha previsto il potenziamento delle strutture ricettive nonché il rafforzamento della c.d. “entità turistica”.

Coerente con gli obiettivi della pianificazione, il R.U. ha ritenuto di disincentivare, in tali aree, i mutamenti di destinazione d’uso, consentendo, nell’ottica premiale dell’offerta turistica:

  1. la realizzazione di ampliamenti e miglioramenti delle strutture ricettive e delle aree pertinenziali;
  2. la possibilità di consistenti sopraelevazioni e di realizzazione di piani interrati;
  3. la creazione di parcheggi pertinenziali completamente interrati;
  4. le attività proprie degli alberghi;
  5. altre attività (comportanti, se del caso, anche il cambio di destinazione d’uso e di mutamento funzionale) purché ricomprese, sempre e comunque, nella categoria “turistico-ricettiva”, come le case per ferie, gli ostelli della gioventù, le residenze turistico-alberghiere.

Le scelte operate dal Comune sono espressione della massima discrezionalità amministrativa, esercitata nell’ambito dei poteri pianificatori che l’ordinamento riserva all’amministrazione civica.

Esse si disvelano immuni da vizi logici, irragionevolezza nonché travisamento dei fatti siccome compiute in ragione di una precisa e ben indicata finalità politico-amministrativa, perseguita in coerenza a tutti i livelli della pianificazione territoriale, dunque organica e omogenea agli obiettivi programmatici.

Palesandosi tali scelte come legittima espressione degli indirizzi urbanistici – laddove esse perseguono l’obiettivo di incentivare e consolidare il patrimonio immobiliare destinato a uso turistico ricettivo, contenendo perciò la possibilità di indiscriminato mutamento della destinazione d’uso attraverso l’introduzione di limitazioni che, per la loro ragionevolezza, non appaiono né illogiche né discriminatorie – ogni altra valutazione finisce per impingere nel merito dell’azione amministrativa e, pertanto, per restare sottratta al sindacato giurisdizionale.

I deducenti censurano altresì il mancato, accurato e approfondito esame delle osservazioni.

Il Collegio osserva – in adesione a un costante indirizzo giurisprudenziale – che le osservazioni e le opposizioni presentate dai privati al piano regolatore generale costituiscono strumenti di partecipazione amministrativa; pertanto, il loro rigetto da parte dell’amministrazione deve essere congruamente motivato.

Tuttavia, dette osservazioni costituiscono comunque un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, la cui congruità, pertanto, ben può essere evinta (anche) dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree (Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854; Cons. Stato, sez. IV, sentenza 11 settembre 2012, n. 4806; Cons. Stato, sez. IV, sentenza 16 marzo 1998, n. 437).

In conclusione, per quanto sin qui esposto, il ricorso è infondato ed è stato, pertanto, respinto.