Con sentenza 19 giugno 2023, n. 6011, il Consiglio di Stato, sez. VII, ha sancito che l’abuso edilizio sul suolo di proprietà pubblica impone la misura, vincolata, della demolizione e del ripristino dello stato dei luoghi volta a tutelare le aree demaniali, o di enti pubblici, dalla costruzione di manufatti non assentiti da titolo edilizio, senza che si debba accertare l’epoca di tale realizzazione e senza la possibilità di configurare affidamenti tutelabili alla conservazione di una siffatta situazione d’illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto.
Un Condominio si è visto revocare e annullare d’ufficio l’assenso alla DIA in forza della quale aveva collocato delle sbarre sulla via al fine di ritagliare uno spazio da adibire a parcheggio veicoli riservato ai condomini.
A giustificazione della revoca l’Amministrazione ha dedotto la proprietà comunale del tratto di strada intercluso e comunque la sua fruizione pubblica. Il Comune ha inoltre motivato il proprio intervento alla luce della mancata acquisizione del nulla osta paesaggistico per le opere realizzate, trattandosi di zona sottoposta a vincolo ambientale e visto il carattere inamovibile delle sbarre tale da alterare in modo permanente lo stato dei luoghi. Ne sono seguiti i provvedimenti di riduzione in pristino.
Nel merito, dalla documentazione allegata agli atti di causa ad avviso del Consiglio risulta pienamente confermata la tesi argomentativa del TAR, secondo la quale la revoca della DIA si è resa necessaria alla luce del sopravvenuto interesse pubblico di assicurare il transito necessario all’esercizio del diritto alla mobilità della cittadinanza. Altrettanto doveroso risulta l’annullamento d’ufficio della DIA, considerato che l’intervento edilizio in discussione si inserisce in una zona soggetta a vincolo paesistico e, stante l’utilizzo del calcestruzzo per impiantare le sbarre, altera in modo permanente lo stato dei luoghi. Circostanze che imponevano l’acquisizione del parere paesaggistico della competente autorità. Infine, essendo l’amministratore condominiale a conoscenza della vigenza del vincolo di tutela ambientale e, conseguentemente, della indispensabilità del relativo nulla osta per poter intraprendete i lavori, non è ipotizzabile alcuna lesione del loro legittimo affidamento, ed anche quanto alla dedotta violazione del limite temporale di ragionevolezza, rileva la scoperta da parte dell’amministrazione della causa di illegittimità quale termine per comunare il decorso dello sesso termine.
Sul piano procedimentale, la censura di violazione dell’art. 10-bis della L. 241/90 non risulta dirimente essendo state valutate, seppur poi non accogliendole, le osservazioni presentate dal Condominio istante, fermo restando che il procedimento, stante la natura vincolata e doverosa dei poteri repressivi degli abusi edilizi, non avrebbe comunque potuto avere un diverso epilogo.
Alla stregua delle pregresse considerazioni l’appello è stato respinto.