L’impugnazione del permesso di costruire in sanatoria di Fabio Cusano

Cons Stato 6928 2023

 

Con sentenza del 17 luglio 2023, n. 6928, il Consiglio di Stato, sez. VII, ha ribadito che il termine d’impugnazione di un titolo in sanatoria decorre dal momento in cui si conosca la circostanza del rilascio del medesimo atto per una determinata opera già esistente; la cui conoscenza deve essere dimostrata in giudizio al fine di far valere la tardività dell’impugnazione.

Con il primo motivo di appello si contesta il capo della sentenza gravata che ha ritenuto infondata l’eccezione d’irricevibilità del ricorso di primo grado, che con tale motivo viene riproposta.

Esso è infondato, alla luce della pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che il Collegio condivide e alla quale si riporta, che opportunamente rimarca la peculiarità, ai fini della decorrenza del termine, dell’impugnazione del titolo edilizio in sanatoria (da ultimo VI Sezione, sentenza n. 3889/2021: “occorre tenere separato il regime d’impugnazione del titolo edilizio “ordinario” da quello applicabile al titolo edilizio “in sanatoria”. Nel primo caso, il termine di decadenza decorre dal completamento dei lavori, cioè dal momento in cui sia materialmente apprezzabile la reale portata dell’intervento in precedenza assentito (cfr. fra le tante, Cons. St., Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15; Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705). nel secondo caso, il termine decorre dalla data in cui si abbia conoscenza che, per una determinata opera abusiva già esistente, è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2007, n. 6674). Il termine d’impugnazione di un titolo in sanatoria decorre dal momento in cui si conosca la circostanza del rilascio del medesimo atto per una determinata opera già esistente; la cui conoscenza deve essere dimostrata in giudizio al fine di far valere la tardività dell’impugnazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21 dicembre 2004, n. 8147; sez. IV, 26 marzo 2013, n. 1699)” (Consiglio di Stato sez. VI – 10 settembre 2018, n. 5307).Questo Collegio vuole solo ribadire che il destinatario di un provvedimento di sanatoria edilizia (che costituisce, pur sempre, un vulnus dell’ordinamento) non può beneficiare anche della decorrenza dalla pubblicazione all’albo pretorio del termine di impugnativa del provvedimento a lui favorevole; beneficio di cui non gode chi abbia (secondo l’ordinamento) ottenuto il rilascio di un provvedimento autorizzatorio prima dell’inizio dei lavori”).

Il secondo motivo di appello attiene alla sufficienza o meno del criterio della c.d. vicinitas quale fattore di legittimazione al ricorso.

Anche in questo caso l’infondatezza del mezzo discende anzitutto dalla peculiarità della fattispecie: che si caratterizza per l’impugnazione non di un titolo a costruire un immobile non esistente e da edificare sulla base del titolo medesimo, ma di un provvedimento di sanatoria di un immobile abusivamente realizzato (e che ha quindi già prodotto un significativo impatto).

In ogni caso l’odierna appellata ha specificato di agire anche per scongiurare un pregiudizio di carattere ambientale: il che radica, in forza del parametro sovranazionale operante in materia (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Prima Sezione, 28 maggio 2020, in causa C-535/18), una legittimazione certamente più ampia di quella evocata nelle difese dell’appellante (in argomento Cons. St., V, 24 maggio 2018 n. 3109).

Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato ed è stato pertanto respinto.