La perequazione generalizzata nel piano milanese di Luca Golisano

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La perequazione generalizzata nel piano milanese di Luca Golisano

Secondo il modello meneghino il PGT fissa per tutte le aree comprese nel Tessuto Urbano Consolidato, sia a pertinenza diretta che indiretta , un unico indice di utilizzazione territoriale pari a 0,35 mq/mq ed un indice di utilizzazione territoriale massimo di 1 mq/mq, cui è possibile accedere mediante l’acquisto di diritti edificatori perequati attraverso la cessione al Comune di aree a pertinenza indiretta, così come ricordato nella sentenza del TAR Lombardia, Sez. II, 4 febbraio 2015, n. 1032.
Tale indice massimo è raggiungibile anche attraverso gli strumenti di incentivazione che ricollegano al conseguimento di determinate finalità il riconoscimento di premialità volumetriche con due soglie distinte, a seconda della tipologia d’intervento, e non cumulabili con altri meccanismi previsti a livello nazionale o regionale.
Limitando la presente analisi alla sola tematica perequativa, questa viene espressamente ricostruita nel PGT milanese come finalizzata all’acquisizione, da parte dell’amministrazione comunale, delle aree classificate come pertinenze indirette e pertanto da destinarsi alla realizzazione di opere di urbanizzazione, di servizi o infrastrutture di interesse pubblico o generale (tra i quali il verde urbano, le infrastrutture per la mobilità e l’edilizia residenziale sociale).
La cessione gratuita, previa bonifica, delle aree al Comune innesta il trasferimento sulle aree a pertinenza diretta, ossia le aree di atterraggio, dei diritti edificatori generati dalle aree a pertinenza indiretta cedute, ovverosia le aree di decollo. Come si evince, il modello postula un’ampia circolazione dei diritti edificatori concernente anche i diritti derivanti dai singoli meccanismi di incentivazione e quelli generati nelle stesse aree a pertinenza diretta ma non utilizzabili in loco alla luce di vincoli amministrativi e di tutela sovraordinata.
Il Comune, dopo un primo tentativo di predisporre un’apposita “borsa” dei titoli volumetrici, ha introdotto il “Registro della cessione dei diritti edificatori”; ciò conformemente all’espressa commerciabilità della volumetria sancita dall’art. 11.4 della L.R n. 12 del 2005 ed altresì in forza dell’onere di trascrizione dei contratti inerenti i diritti edificatori, introdotto dall’ art. 2643. 2-bis del Codice Civile sulla falsariga della stessa legislazione lombarda e veneta.
Il presente apparato di registrazione è deputato alla concreta individuazione delle aree di atterraggio e di decollo, compresa la quantità di diritti edificatori ingenerati in quest’ultima, nonché del successivo trasferimento e sfruttamento finale delle medesime quote di ius aedificandi, il cui esercizio resta subordinato al rilascio dell’apposito certificato.
L’annotazione del diritto edificatorio e il conseguente rilascio del certificato sono a loro volta condizionati, per le aree a pertinenza indiretta, al trasferimento a titolo gratuito in favore dell’amministrazione e, per le aree in cui l’edificabilità è esclusa o comunque limitata, all’atto di cessione, trasferimento o comunque all’asservimento ad uso pubblico del lotto stesso.
Infine nel registro, il quale conformemente al D.l.gs 14 marzo 2013, n. 33, è anche tenuto in forma digitale e reso pubblico sul sito web istituzionale, si procede alle annotazioni, d’ufficio o su richiesta del proprietario, degli atti di trasferimento anche solo parziale dei diritti edificatori relativi a certificati già rilasciati.
Sul nuovo piano il TAR Lombardia è stato più volte chiamato a pronunciarsi salvaguardando frequentemente il disegno urbanistico milanese come nella sentenza, Sez. II, 7 giugno 2017, n. 1281. Nel caso richiamato era stato impugnato il PGT lamentando che questi, con la riduzione dell’indice territoriale da 0,65 a 0,35 mq/mq e con l’introduzione di un indice di utilizzazione massima, comportasse, sulla base dei più elementari principi economici, una maggiore onerosità dei diritti edificatori conseguente alla complessiva diminuzione degli stessi sul mercato.
Nel giudizio il collegio giudicante ricostruisce espressamente la nuova pianificazione come finalizzata a <<rendere indifferenti i proprietari rispetto alle scelte di pianificazione e garantire le dotazioni territoriali senza oneri per il Comune di Milano>>, nonché <<potenziare progressivamente la c.d. città pubblica, facendo sì che la trasformazione urbana sia sempre connessa alla sistematica realizzazione delle opere di urbanizzazione ed alla cessione delle aree disciplinate dalla disciplina perequativa.>>.
Viene confermata anche la scelta di procedere mediante il riconoscimento di un unico indice territoriale in luogo della differenziazione dello stesso, sulla base dello stato di fatto e di diritto, prevista dall’art. 11.2 della L.R Lombarda n 12 del 2005 ; nello specifico si evidenzia che eventuali profili di disequazione o disparità di trattamento possano essere ridimensionati dall’adozione di strumenti consensuali che trovano fondamento nel combinato disposto degli artt. 1.1-bis e 11 della l. 241/1990. Peraltro il TAR, appellandosi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, richiama come l’applicazione del principio perequativo, nel caso di specie mediante la previsione di un indice comune preordinato al trasferimento dei diritti edificatori, non può ritenersi tale da: <<integrare una sostanziale ablazione della proprietà né una surrettizia sottrazione di volumetrie le quali, in assenza delle previsioni perequative, sarebbero state edificabili>>.
Sempre con riferimento al sistema perequativo meneghino, la sezione I del Consiglio di Stato nel parere sul ricorso straordinario del. I del 13 maggio 2015, n 1971, ha rimarcato come la sua attuazione, che dipende dalla effettiva circolazione dello ius aedificandi, <<non è alterata dall’assenza di una specificazione sull’allocazione dei diritti volumetrici, che possono essere realizzati su qualsiasi parte del territorio comunale, direttamente o tramite alienazione a terzi.>>
Ricapitolando quanto ricostruito alla luce della legislazione lombarda nonché del peculiare modello milanese, è possibile constatare che il corollario della perequazione generalizzata, al pari della tecnica parziale, sia il superamento della tradizionale logica espropriativa. Nella perequazione estesa non solo le aree non sono soggette a vincoli e godono invece di un indice di edificabilità minimo, sulla cui legittimità vi peraltro è una copiosa giurisprudenza contrastante, ma lo stesso utilizzo dei diritti edificatori, <<così come determinati in applicazione di detto criterio perequativo>>, resta subordinato alla cessione gratuita di aree al Comune il quale riesce pertanto a dotarsi di un proprio patrimonio pubblico senza dover dipendere dalle proprie deficitarie risorse finanziarie. Da ultimo, è altresì doveroso ricordare che la complessità del modello generalizzato e il necessario ruolo promotore che l’amministrazione è chiamata a ricoprire per incentivare e regolare il mercato dei titoli volumetrici hanno condizionato la diffusione di tale tecnica perequativa, come facilmente si evince dalla prassi pianificatoria regionale. In particolare la perequazione estesa, a differenza di quella endoambito spesso combinata a logiche compensative, non sembra riuscire a superare i confini delle regioni Lombardia e Veneto, salvo sporadiche eccezioni di alcune amministrazioni comunali umbre ed emiliane.

Si allegano le sentenze citate

Cons. Stato, sez. I, n. 1971 2015

Tar Lombardia, sez. II, n. 1281 2017