La conformità urbanistica come presupposto per l’esecuzione degli interventi di attività edilizia libera di Fabio Cusano

CS_1503_2023

 

Con la sentenza n. 1503 del 13 febbraio 2023, il Consiglio di Stato (sez. VI) ha ribadito che la possibilità di procedere ad interventi ricadenti nell’ambito della c.d. attività edilizia libera non opera in modo incondizionato, ma resta pur sempre subordinata (in base al comma 1 dell’art. 6 del D.P.R. 380/2001) al rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque al rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia. La conformità urbanistica costituisce dunque un presupposto per l’esecuzione degli interventi di attività edilizia libera e non una conseguenza della mera astratta riconducibilità dell’opera, in base alle sue caratteristiche tipologiche, nell’elencazione contenuta all’art. 6 del D.P.R. 380/2001.

Il ricorrente svolge l’attività di recupero e smaltimento di rifiuti speciali nell’impianto sito nel Comune di Seregno. In occasione di un sopralluogo, i tecnici comunali hanno riscontrato che è stata realizzata una parziale asfaltatura ad allargamento dell’accesso carrabile esistente all’attività produttiva e la formazione di uno spazio adibito a parcheggio auto. Tali opere sono state realizzate in assenza di titolo abilitativo e pertanto deve essere emesso avvio di procedimento sanzionatorio.

Con l’ordinanza del Comune è stato ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi. La società appellante ha impugnato il suddetto provvedimento avanti il TAR Lombardia, il quale ha respinto il ricorso.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello l’originaria ricorrente.

Ad avviso del Consiglio, l’appello è infondato.

La prospettazione di parte appellante si scontra con il dato per cui, per l’esecuzione di qualsiasi tipo di intervento edilizio entro il territorio del Parco, è necessario l’ottenimento di un idoneo titolo edilizio, che nel caso in esame pacificamente non sussiste, così da rendere abusivo l’intervento di asfaltatura contestato.

In disparte la circostanza innanzi evidenziata, deve comunque prestarsi adesione alla giurisprudenza citata dal Giudice di primo grado, secondo la quale “la possibilità di procedere ad interventi ricadenti nell’ambito della c.d. ‘attività edilizia libera’ non opera in modo incondizionato, ma resta pur sempre subordinata (in base al comma 1 dell’articolo 6 del d.P.R. 380, cit.) al rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque al rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia” (Cons. Stato, sez. VI, 27/07/2015, n. 3667, nello stesso senso la giurisprudenza della Corte di Cassazione n. 19316/2011, secondo la quale la particolare disciplina dell’attività edilizia libera, contemplata dal d.P.R. n. 380 del 2001, art. 6, come modificato dalla l. n. 73 del 2010, art. 5, comma 2, non è applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle categorie menzionate da tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici).

La conformità urbanistica costituisce dunque un presupposto per l’esecuzione degli interventi di attività edilizia libera e non una conseguenza della mera astratta riconducibilità dell’opera, in base alle sue caratteristiche tipologiche, nell’elencazione contenuta all’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Alla luce di tale disamina deve escludersi che sull’area potesse essere realizzata la pavimentazione, la quale risulta pertanto abusiva e soggetta al ripristino (anche a volerla ricondurre entro l’ambito dell’edilizia libera).

Tanto precisato, non è comunque possibile accedere alla tesi che vorrebbe l’abuso possa essere sanzionato solo in via pecuniaria.

Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che l’amministrazione, nel comminare l’eventuale sanzione, deve esaminare nello specifico come l’opera sia stata realizzata, avendo anche l’onere di motivare, attraverso una corretta e completa istruttoria che rilevi esattamente le opere compiute e spieghi per quale ragione esse superano i limiti entro i quali si può trattare di un intervento realizzabile in regime di edilizia libera. Qualora la motivazione chiarisca il superamento dei predetti limiti, come avvenuto nel caso di specie, deve essere ingiunta la demolizione dell’intervento stante la sua abusività (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7/05/2018, n. 2715, vedasi anche Cons. St., sez. VI, 13/05/2016, n. 1951: “È legittimo l’ordine di rimozione di una pavimentazione esterna se l’intervento in parola non è contenuto entro l’indice di permeabilità previsto dal vigente strumento urbanistico comunale, costituendo tale requisito una condizione essenziale per qualificare le opere di pavimentazione e finitura esterna come attività libera ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001”).

Il rigetto della censura che precede e la conseguente conferma della natura abusiva dell’opera di cui è stata ingiunta la demolizione implica il superamento delle ulteriori censure.

Al riguardo, è infatti sufficiente ricordare che, sul piano generale, in relazione alla motivazione, la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nell’affermare che l’attività di repressione degli abusi edilizi costituisce attività vincolata. Ne consegue “che l’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, dove la repressione dell’abuso corrisponde per definizione all’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività” (Cons. St., sez. VI, 6/02/2019, n. 903).

Quanto alla specifica doglianza della parte, il TAR ha correttamente richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “ai fini della legittimità di un provvedimento non è necessario che la motivazione contenga un’analitica confutazione delle osservazioni e controdeduzioni svolte dalla parte, essendo invece sufficiente che dalla motivazione si evinca che l’amministrazione abbia effettivamente tenuto conto nel loro complesso di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà o del proprio giudizio” (così Cons St., sez. V, 2/10/2014, n. 4928), evidenziando inoltre che “seppure l’Amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essa essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse” (Cons. St., sez. IV , 22/03/2021, n. 2415).

Per le ragioni esposte, l’appello è stato respinto.