Ancora sulla lottizzazione abusiva di Fabio Cusano

CS_2217_2023

 

Con la sentenza n. 2217 del 2 marzo 2023, il Consiglio di Stato (sez. VI), ha ribadito che, di regola, la lottizzazione abusiva ricorre: 1) qualora si utilizzi un suolo libero realizzandovi, in via contemporanea o successiva, una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l’esecuzione di opere di urbanizzazione, primaria o secondaria, occorrenti per le necessità dell’insediamento; 2) qualora, pur in presenza di opere di urbanizzazione già esistenti, non si tenga conto della necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso una pianificazione intermedia adeguata al nuovo intervento; 3) qualora l’intervento, per le sue connotazioni oggettive, sia in radice precluso, in quanto contrastante con previsioni di zonizzazione o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione, non modificabili neppure da piani urbanistici attuativi.

Altresì, il Consiglio ha ribadito che la lottizzazione abusiva si può realizzare con due modalità alternative, configurandosi: 1) una lottizzazione “materiale”, consistente nella realizzazione, anche nella sola fase iniziale, di opere che comportino un’abusiva trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione degli strumenti urbanistici; 2) una lottizzazione “negoziale”, ovvero “cartolare”, allorquando la trasformazione avvenga tramite atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti tali da denunciare in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio; 3) una c.d. lottizzazione “mista”, caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali, consistente nell’attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione dello stesso.

Il ricorrente proponeva appello avverso la sentenza con la quale il TAR Napoli ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento con cui il Comune di Napoli aveva disposto la sospensione della lottizzazione dell’area ubicata in zona Pianura.

L’appellante agisce in qualità di proprietario di tale particella, rientrante in un’ampia area abusivamente lottizzata a seguito di occupazione e mutamento di destinazione da parte di una società per la costruzione di un complesso turistico-residenziale.

Il Consiglio ha preliminarmente richiamato i principi di diritto espressi dalla giurisprudenza amministrativa in materia di lottizzazione abusiva.

Alla stregua di quanto precisato dalla Sezione (Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 luglio 2017, n. 3788), di regola, la lottizzazione abusiva ricorre:

  1. qualora si utilizzi un suolo libero realizzandovi, in via contemporanea o successiva, una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l’esecuzione di opere di urbanizzazione, primaria o secondaria, occorrenti per le necessità dell’insediamento;
  2. qualora, pur in presenza di opere di urbanizzazione già esistenti, non si tenga conto della necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso una pianificazione intermedia adeguata al nuovo intervento;
  3. qualora l’intervento, per le sue connotazioni oggettive, sia in radice precluso, in quanto contrastante con previsioni di zonizzazione o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione, non modificabili neppure da piani urbanistici attuativi (cfr., inoltre, Cassazione penale, Sez. III, 23 dicembre 2013, n. 51710).

La Sezione ha evidenziato, inoltre, come “l’interesse violato dall’illecito in esame [sia] quello di garantire un ordinato sviluppo urbanistico del tessuto urbano, in coerenza con le scelte pianificatorie dell’amministrazione, espresse nel piano urbanistico generale, di regola, non attuabili mediante il diretto rilascio di permessi di costruire agli interessati, ma richiedenti l’intermediazione di uno strumento ulteriore, rappresentato dai piani attuativi” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 agosto 2022, n. 6779). La lottizzazione abusiva sottrae, quindi, all’Amministrazione il proprio potere di pianificazione, realizzando insediamenti in potenza privi dei servizi e delle infrastrutture necessari al vivere civile; il che rappresenta una delle principali cause del degrado urbano e dei gravi problemi sociali che ne derivano (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 luglio 2021, n. 5403).

La lottizzazione abusiva, in particolare, si può realizzare con due modalità alternative, configurandosi:

  1. una lottizzazione “materiale”, consistente nella realizzazione, anche nella sola fase iniziale, di opere che comportino un’abusiva trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione degli strumenti urbanistici;
  2. una lottizzazione “negoziale”, ovvero “cartolare”, allorquando la trasformazione avvenga tramite atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti tali da denunciare in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio.

La fattispecie lottizzatoria può consolidarsi innanzitutto nella veste di c.d. lottizzazione materiale o sostanziale, che si realizza attraverso l’avvio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica di terreni in zona non adeguatamente urbanizzata in violazione della disciplina a quest’ultima impartita dalla legislazione e dagli strumenti pianificatori. In particolare, siffatti interventi devono risultare globalmente apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, di aggravio del relativo carico insediativo e, soprattutto, di pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all’amministrazione; devono, dunque, valutarsi alla luce della ratio dell’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, il cui bene giuridico tutelato risiede nella necessità di salvaguardare la potestà programmatoria amministrativa, nonché la connessa funzione di controllo, posta a garanzia dell’ordinata pianificazione urbanistica, del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell’espansione abitativa in rapporto agli standard apprestabili (Consiglio di Stato, sez. II, 27 agosto 2021, n. 6060).

L’illecito costituito dalla lottizzazione abusiva, in altri termini, si traduce nel compimento di qualsiasi tipo di opera in concreto idonea a stravolgere l’assetto del territorio preesistente ed a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, pertanto, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un nuovo e non previsto carico urbanistico (Consiglio di Stato, Sez. II, 20 maggio 2019, n. 3215).

Con riferimento alla lottizzazione c.d. “cartolare”, la fattispecie è ravvisabile allorquando la trasformazione del suolo sia predisposta mediante il frazionamento e la vendita – ovvero mediante atti negoziali equivalenti – del terreno frazionato in lotti, i quali, per le loro oggettive caratteristiche – con riguardo soprattutto alla dimensione correlata alla natura dei terreni ed alla destinazione degli appezzamenti considerata sulla base degli strumenti urbanistici, al numero, all’ubicazione o all’eventuale previsione di opere di urbanizzazione – rivelino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio degli atti adottati dalle parti (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937).

Ai fini dell’accertamento della sussistenza di una lottizzazione abusiva “cartolare” non è, peraltro, sufficiente il mero riscontro del frazionamento del terreno collegato a plurime vendite, ma è richiesta anche l’acquisizione di un sufficiente quadro indiziario dal quale sia oggettivamente possibile desumere, in maniera non equivoca, la destinazione a scopo di edificazione perseguito mediante gli atti posti in essere dalle parti. Ne deriva che l’attività negoziale avente ad oggetto il frazionamento e il trasferimento di appezzamenti di terreno rileva quale indizio di un intento che deve trovare conferma anche in altre circostanze che rendano evidente la non equivocità del fine della futura edificazione, rilevando al riguardo la sussistenza di circostanze fattuali certe e univoche, che confermino che l’attività posta in essere è propedeutica alla realizzazione di un abuso o alla trasformazione del suolo a fini edificatori (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. II, 17 maggio 2019, n. 3196).

La giurisprudenza ha poi delineato anche la cd. lottizzazione mista, caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali individuate dalla predetta norma, consistente nell’attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione dello stesso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 luglio 2021, n. 5403).

Declinati i principi esposti al caso di specie si osserva come la documentazione versata in atti consenta di ritenere integrati i presupposti per ritenere che il complesso costituisca un abuso, accertato anche dalle diverse sentenze penali relative alla vicenda (cfr., in particolare, Cassazione penale, Sez. III, 17 dicembre 2013, n. 50931). In particolare, dalle evidenze in atti risulta integrata una lottizzazione mista, attuata mediante un intreccio di attività giuridiche e materiali, caratterizzate da progressivi atti di frazionamento e cessioni di terreni che, a seguito della realizzazione di attività edificatoria su diversi dei lotti frazionati (strade, parcheggi, aree di ricreazione, piscine, edifici realizzati a scopo turistico ricettivo e residenziale) hanno determinato una trasformazione dell’assetto urbanistico del territorio all’interno di un’area di vaste dimensioni.

La verifica dei presupposti di una lottizzazione non può che avvenire in ragione delle complessive attività realizzate e, nel caso di specie, dei progressivi atti materiali e negoziali che conducono alla situazione accertata dal Comune. Infatti, secondo la consolidata e condivisibile giurisprudenza della Sezione, la lottizzazione abusiva di cui all’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 va apprezzata avuto riguardo al complesso delle attività materiali e negoziali in concreto poste in essere, onde accertare se le stesse, unitariamente – e non già atomisticamente considerate – siano idonee a stravolgere l’assetto del territorio; si afferma, in tal senso che, “la lottizzazione abusiva è un fenomeno unitario che prescinde dalla consistenza delle singole opere di cui si compone e assume rilevanza giuridica per l’impatto che determina sul territorio interferendo con l’attività di pianificazione, conservazione dei valori paesistici e ambientali, dotazione e dimensionamento degli standard, di modo che la diversa conformazione materiale che deriva dall’attività di lottizzazione, se non rimossa, da un lato impedisce la realizzazione del diverso progetto urbanistico stabilito dagli organi preposti al governo del territorio, dall’altro impone l’adeguamento delle infrastrutture esistenti o la realizzazione di nuove per far fronte al carico urbanistico derivante dalla lottizzazione” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 gennaio 2023, n.1051).

Dello stesso avviso risulta la giurisprudenza penale secondo la quale, al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, è necessaria una valutazione globale delle stesse. I singoli interventi non possono cioè essere presi in considerazione in modo “atomistico” e frazionato, ma devono essere valutati nel loro quadro di insieme, evidenziando il nesso funzionale che li accomuna e l’effettiva portata dell’operazione (Cassazione penale, Sez. III, 14 ottobre 2020, n. 28495).

Come chiarito in precedenza, il riscontro di una fattispecie di lottizzazione abusiva impone una lettura d’insieme delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio effettuate a danno dell’ordinaria programmazione urbanistica riservata al Comune e la circostanza che le posizioni dei singoli siano state accomunate nell’ambito di un unico provvedimento deriva, non già da un difetto di istruttoria, ma proprio dalla natura unitaria della fattispecie della lottizzazione abusiva. Come già evidenziato, infatti, il bene giuridico protetto dalla predetta norma, quindi, non è solo quello dell’ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello dell’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della relativa funzione, cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio non previamente assentito (Consiglio Stato, Sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937).

Osserva il Collegio come, secondo consolidato orientamento, “la lottizzazione abusiva, operando in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, differentemente dell’abuso edilizio, presuppone un insieme di opere o di atti giuridici, comportanti una trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni a scopo edificatorio, da intendere come conferimento all’area di un diverso assetto territoriale” (così, ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 14 giugno 2021, n. 4627). Pertanto, come evidenziato dalla Sezione (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 agosto 2022), risulta irrilevante “ai fini del decidere la circostanza per cui [la parte] appellante non [sarebbe] responsabile dell’originario frazionamento del terreno o della realizzazione di ulteriori tracciati stradali preesistenti al proprio acquisto, atteso che l’acquirente del fondo abusivamente lottizzato concorrerebbe comunque con la propria condotta ad assicurare la protrazione degli effetti lesivi dall’illecito in concreto commesso, in tale modo rispondendone ai fini amministrativi”.

Le conclusioni non mutano nel caso di specie aderendo all’indirizzo giurisprudenziale maggiormente propenso ad esaminare la situazione di buona fede dell’acquirente del fondo abusivamente lottizzato. Infatti, secondo tale orientamento è, comunque, necessario, che la parte dimostri di aver operato con la necessaria diligenza nell’adempimento dei doveri di informazione e conoscenza senza, tuttavia, rendersi conto, in buona fede, di partecipare ad un’operazione di illecita utilizzazione del territorio e di aver, comunque, posto in essere ogni tempestiva azione di contrasto (Consiglio di Stato, Sez. II, 2 novembre 2020, n. 6762).

In ordine alla dedotta violazione della normativa sovranazionale a tutela del diritto di proprietà si osserva come la condivisibile giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cassazione penale, Sez. III, 3 ottobre 2019, n.7756) evidenzi che, ai fini della valutazione della conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, assume rilievo anche l’aspetto dell’individuazione dei beni oggetto della misura, nel senso che il provvedimento ablatorio è legittimo se limitato ai beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali. Pertanto, è conforme al principio di protezione della proprietà di cui al citato art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla richiamata pronuncia, la confisca di tutta l’area oggetto della lottizzazione, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, laddove la complessiva operazione edilizia realizzata abbia determinato il completo stravolgimento della destinazione urbanistica dei terreni, modificandola.

Da ultimo, la giurisprudenza del Consiglio ritiene non necessaria la comunicazione di avvio del procedimento in relazione alle fattispecie di lottizzazione abusiva (Consiglio di Stato, sez. VII, 29 dicembre 2022, n. 11620). In ogni caso, il differente esito che il procedimento avrebbe avuto non è, neppure, dedotto dalla parte appellante. Pertanto, la censura contrasta, anche, con il principio affermato dal Consiglio secondo il quale le garanzie procedimentali non possono ridursi a mero rituale formalistico, con la conseguenza che, nella prospettiva del buon andamento dell’azione amministrativa, il privato non può limitarsi a denunciare la lesione delle pretese partecipative, ma è anche tenuto ad indicare o allegare, specificamente, gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 novembre 2022, n. 9541; Id., Sez. VI, 27 ottobre 2022, n. 9183; Id., Sez. VI, 27 aprile 2020, n. 2676; Id., Sez. VI, 29 febbraio 2019, n. 1405).

In conclusione l’appello è infondato e va respinto.