Incostituzionale l’attribuzione ai Comuni di funzioni in materia di bonifiche nella disciplina lombarda di Fabio Cusano

Con sentenza n. 160 del 24 luglio 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della LR Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30.

Il TAR Brescia dubitava della legittimità costituzionale dell’art. 5 della LR Lombardia n. 30 del 2006, nella parte in cui «attribuisce alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative, in materia di bonifica dei siti inquinati». Ad avviso del rimettente, la norma regionale oggetto della questione di legittimità costituzionale introdurrebbe un modello di distribuzione delle competenze decisionali che, nell’individuare nel Comune territorialmente competente l’ente al quale è assegnata la cura del procedimento amministrativo di bonifica di un sito inquinato, sarebbe in contrasto con la volontà del legislatore nazionale, che ha invece attribuito, con gli artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006, dette competenze alle Regioni e, quindi, recherebbe vulnus alla riserva di competenza legislativa esclusiva statale stabilita, nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali», dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

La disposizione costituzionale fornirebbe «una chiara ed univoca indicazione della fonte legislativa legittimata ad operare, in via esclusiva, la distribuzione delle connesse funzioni amministrative tra i vari livelli territoriali», sicché dovrebbe escludersi che il Codice dell’ambiente, nell’attribuire alle Regioni siffatta competenza, ne abbia, anche, consentito l’allocazione ad un differente livello governativo, neppure nel caso in cui il fenomeno inquinante rivesta un rilievo meramente locale.

La questione è fondata.

Vanno richiamati i principi affermati nella sentenza n. 189 del 2021, con la quale questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma regionale (l’art. 6, comma 2, lettere b e c, quest’ultima limitatamente al riferimento alla lettera b, della LR Lazio 9 luglio 1998, n. 27, recante «Disciplina regionale della gestione dei rifiuti»), nel rilevato contrasto della delega della funzione amministrativa ivi conferita dall’ente regionale ai Comuni – in tema di autorizzazione alla realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti derivanti dall’autodemolizione e rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti – con la diversa allocazione di detta funzione, prevista dal codice dell’ambiente in favore della Regione. Nell’occasione, la Corte ha osservato che con la disposizione in scrutinio la Regione Lazio aveva inciso, senza esservi abilitata dalla predetta fonte normativa statale, su una competenza ad essa attribuita dallo Stato nell’esercizio della sua potestà legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. La modifica della competenza regionale fissata dal cod. ambiente, operata dall’art. 6, comma 2, lettere b) e c), della LR Lazio n. 27 del 1998, attraverso la delega ai comuni della funzione autorizzatoria ivi indicata, contrasta – ha chiarito la pronuncia citata con il parametro evocato perché introduce una deroga all’ordine delle competenze stabilito dalla legge statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in assenza sia nell’ordito costituzionale, sia nel codice dell’ambiente – di una disposizione che abiliti alla descritta riallocazione.

Come già rimarcato dalla Corte, la potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. esprime ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario (sentenza n. 189 del 2021 e, ivi richiamate, sentenze n. 246 del 2017 e n. 641 del 1987), che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione «la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale» (ancora sentenza n. 189 del 2021). Ad una siffatta iniziativa si accompagnerebbe una modifica, attraverso un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale all’esito di una ragionevole valutazione di congruità del livello regionale come il più adeguato alla cura della materia.

I medesimi principi non possono non trovare applicazione nella specifica materia oggetto della presente questione: nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla Regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (tra le molte sentenze n. 251 e n. 86 del 2021; in tema di messa in sicurezza, più recentemente, sentenza n. 50 del 2023).

A conferma delle conclusioni fin qui raggiunte, si rileva che l’art. 198, comma 4, cod. ambiente attribuisce ai comuni il potere di «esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni» definendo in chiave ancillare la competenza propria di detti enti, di cui resta escluso ogni concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa, secondo previsione di legge.

La Corte ha, pertanto, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della LR Lombardia n. 30 del 2006.

Corte Cost 160 2023