Con la sentenza n. 164 del 27 luglio 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della L.R. Umbria 4 aprile 2014, n. 5.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 113 e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 89 t.u. edilizia, della legittimità costituzionale dell’art. 22 della L.R. Umbria n. 5 del 2014, nella parte in cui consente che «il Comune rilasci esso stesso a sanatoria il parere di compatibilità sismica e anche dopo l’approvazione del PRG».
In particolare, per quanto di interesse, il censurato art. 22 della L.R. Umbria n. 5 del 2014 prevede che i Comuni possano esprimere il parere sismico sul piano regolatore già approvato, con valore di «conferma in via retroattiva [del]la [sua] validità».
Secondo i giudici rimettenti, le norme censurate violerebbero, anzitutto, l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione al principio fondamentale nelle materie «governo del territorio» e «protezione civile» posto dall’art. 89 t.u. edilizia. In base a quest’ultimo il parere di compatibilità sismica sugli strumenti urbanistici generali dei comuni siti in zone sismiche o il cui territorio comprende abitati da consolidare deve essere richiesto al «competente ufficio tecnico regionale […] prima della delibera di adozione», mentre il legislatore umbro ne assegna la competenza allo stesso Comune, anziché ad un organo terzo, e ne consente l’acquisizione in un momento posteriore, anziché precedente, all’approvazione dei piani.
Ancora, la prevista acquisizione postuma del parere sismico lederebbe gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., in quanto introdurrebbe una inversione procedimentale irragionevole rispetto all’interesse pubblico alla tutela dell’incolumità, che esigerebbe, piuttosto, una preventiva valutazione di compatibilità delle possibili scelte pianificatorie con le caratteristiche del territorio.
Inoltre, la disposizione regionale, qualificata legge-provvedimento per il suo contenuto particolare e concreto, valicherebbe i limiti in proposito tracciati dalla giurisprudenza costituzionale sotto un duplice aspetto.
In primo luogo, perché, in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost., violerebbe il limite del rispetto del giudicato nel consentire la sanatoria di un provvedimento amministrativo annullato da sentenza definitiva, azzerandone gli effetti.
In secondo luogo, la disposizione censurata esorbiterebbe dai limiti di ragionevolezza e non arbitrarietà in quanto, con la consentita sanatoria, inciderebbe sulla situazione concreta in carenza di un’appropriata valutazione degli elementi rilevanti nella soddisfazione dell’interesse pubblico perseguito; e ciò, in violazione dei princìpi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa imposti dall’art. 97 Cost.
Le questioni sono fondate.
In primo luogo, il rimettente dubita della compatibilità della norma umbra che individua la competenza in capo al Comune a rendere il giudizio di compatibilità sismica sull’atto pianificatorio comunale per contrasto con il principio fondamentale nella materia «governo del territorio» contenuto nell’art. 89 t.u. edilizia, il quale prescrive espressamente che il parere debba essere reso dall’apposito ufficio tecnico regionale.
Va ribadito, al riguardo, quanto affermato dalla Corte nelle sentenze n. 264 del 2022 e n. 68 del 2018 che hanno dichiarato costituzionalmente illegittime altre disposizioni legislative della Regione Umbria contenute nelle discipline generali sulla pianificazione urbanistica (rispettivamente l’art. 24, comma 9, della L.R. Umbria n. 11 del 2005 e gli artt. 28, comma 10, e 56, comma 3, della L.R. Umbria n. 1 del 2015): queste, al pari della disposizione qui censurata, assegnavano al Comune, anziché all’organo terzo regionale, la verifica della conformità delle previsioni urbanistiche (generali o attuative) alle condizioni geomorfologiche del territorio municipale.
L’art. 89 t.u. edilizia è, infatti, norma di principio nelle materie del governo del territorio e della protezione civile, in forza della «“posizione fondante”, che essa riveste nell’ordinamento, attesa la rilevanza del bene protetto, che involge i valori di tutela dell’incolumità pubblica, i quali non tollerano alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali» (sentenze n. 264 del 2022; in senso analogo, sentenze n. 68 del 2018 e n. 167 del 2014). Ciò anche con specifico riferimento alle funzioni ascritte agli uffici tecnici della Regione (ancora sentenze n. 68 del 2018 e n. 167 del 2014). Anche l’art. 22, comma 2, della L.R. Umbria n. 5 del 2014, prevedendo per l’eccezionale caso da esso contemplato che il parere sismico sia reso dal Comune, si pone quindi in contrasto con il principio fondamentale posto dall’art. 89 t.u. edilizia.
In secondo luogo, si censura la norma regionale che disciplina il momento di acquisizione del parere sismico de quo. Va osservato in proposito che l’art. 89 t.u. edilizia esplicitamente impone che il parere sia «richi[esto] […] prima della delibera di adozione» e la previsione si accompagna al dovere dell’ufficio tecnico di pronunciarsi entro sessanta giorni (comma 2), scaduti i quali si forma il silenzio-rigetto (comma 3).
Già con la sentenza n. 68 del 2018 si è avuto modo di chiarire che la disciplina statale di principio in ordine a modalità, tempi e forma del parere in parola si impone al legislatore regionale.
Vero è che l’art. 89 t.u. edilizia in termini espressi si limita a prescrivere che il parere sia richiesto prima della adozione dello strumento urbanistico, senza statuire sul termine finale della sua acquisizione.
In proposito, la costante giurisprudenza amministrativa interpreta la disposizione (al pari del recepito primo comma dell’art. 13 della legge n. 64 del 1974) nel senso che il parere possa intervenire anche dopo la delibera di adozione, ma prima di quella di approvazione, a condizione che abbia assolto alla finalità perseguita dalla previsione normativa e, dunque, «quando tale parere non cont[enga] alcun rilievo sostanziale o solo prescrizioni di carattere generale, relative ai successivi interventi edilizi, oppure quando le prescrizioni, al cui rispetto il parere positivo è subordinato, siano state recepite dal Comune e/o inserite nel provvedimento di approvazione dello strumento urbanistico» (tra le tante, Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 15 gennaio 2021, n. 491).
E in effetti la dell’art. 89 t.u. edilizia, consistente nella «tutela dell’interesse generale ratio alla sicurezza delle persone» (ancora sentenza n. 167 del 2014), può essere soddisfatta solo se, nel corso del procedimento pianificatorio e prima della finale emanazione delle relative previsioni urbanistiche, sia possibile rendere queste ultime consone alle condizioni geomorfologiche del territorio municipale, nei termini indicati dall’organo tecnico competente.
Deve, quindi, concludersi che l’art. 89 t.u. edilizia ha natura di principio fondamentale nelle materie «governo del territorio» e «protezione civile» anche in relazione al tempo di acquisizione del parere di compatibilità sismica, prescrivendo che esso intervenga quanto meno in una fase antecedente l’approvazione, alla condizione che possano essere recepite dalle norme urbanistiche le relative prescrizioni. Ciò avuto riguardo al suo contenuto e allo scopo assolto di uniformità della disciplina a livello nazionale (da ultimo, sentenze n. 6 del 2023, n. 166 e n. 44 del 2021, n. 78 del 2020, n. 94 del 2018, n. 16 del 2010).
Risulta pertanto evidente che la norma censurata, nel consentire il parere di compatibilità sismica dopo l’avvenuta approvazione con valore di conferma retroattiva del PRG, senza margini di modifica delle previsioni urbanistiche già vigenti, si pone in palese contrasto con il suddetto principio fondamentale.
La previsione regionale di posticipazione dell’acquisizione del parere con effetti sananti configura allo stesso tempo una inversione procedimentale irragionevole in violazione degli evocati artt. 3 e 97 Cost.
Occorre in proposito rammentare che la giurisprudenza amministrativa, “al pari della dottrina”, nel ritenere possibile la sanatoria di un provvedimento per effetto della sopravvenienza di un atto endoprocedimentale prima carente, ne esclude l’ammissibilità proprio in relazione alla funzione consultiva, in quanto il parere deve necessariamente precedere la pronuncia dell’amministrazione decidente: tanto sia perché quel giudizio è strumentale alla ponderazione degli interessi coinvolti e quindi alla determinazione stessa della decisione, sia perché l’organo consultivo deve rendere il parere senza essere influenzato dal provvedimento già adottato (tra le altre, sentenze del Consiglio di Stato, sezione quinta, 27 novembre 2015, n. 5386).
La conclusione vale a maggior ragione per i pareri di competenza di amministrazioni preposte alla tutela territoriale, dei quali l’art. 16 della legge n. 241 del 1990 impone l’acquisizione in via imprescindibile, senza possibilità di ricorrere a meccanismi di superamento dell’eventuale inerzia degli organi consultivi. La norma regionale censurata, nel consentire l’acquisizione del parere posticipata rispetto al provvedimento da valutare, prevede una scansione procedimentale palesemente incongrua rispetto al fine perseguito della tutela della incolumità pubblica.
Il parere postumo potrebbe contenere, infatti, un giudizio falsato dalle scelte pianificatorie già compiute e inoltre la norma, nell’attribuire al parere automatico valore di «conferma» retroattiva del PRG invalidamente adottato, elide la possibilità che a quel giudizio seguano le conseguenti, doverose modifiche delle scelte pianificatorie rispetto alle necessità morfologiche del territorio nei termini indicati dall’autorità preposta alla valutazione del rischio sismico.
Non è ultroneo osservare che, con le discipline di sistema in materia di pianificazione urbanistica dettate con le citate LL.RR. Umbria n. 11 del 2005 e n. 1 del 2015, la Regione ha mostrato di condividere la necessità di una acquisizione “preventiva” stabilendo, con norme sostanzialmente identiche, che il parere di cui all’art. 89 t.u. edilizia, tanto in relazione al PRG parte strutturale quanto al PRG parte operativa, sia espresso in fase di adozione (così prima, rispettivamente, con gli artt. 13, comma, 9 e 17, comma 2, della L.R. Umbria n. 11 del 2005 e poi con gli artt. 28, comma 10, e 31, comma 2, L.R. Umbria n. 1 del 2015).
Né convince l’argomentazione difensiva del Comune di Spoleto, secondo cui la disposizione regionale non regolerebbe il parere sismico in via generale, ma disciplinerebbe un caso eccezionale, al fine di conservare gli atti amministrativi e la certezza dei correlati rapporti giuridici, pur nel rispetto della tutela dell’incolumità dal rischio sismico. Deve ritenersi, al contrario, che le norme di garanzia della tutela dell’incolumità pubblica contenute nell’art. 89 t.u. edilizia trovino applicazione sia nella disciplina fisiologica della funzione pianificatoria sia (e ancor di più) nella eventuale disciplina della sua patologia, mentre la certezza dei rapporti con la pubblica amministrazione è già esaustivamente soddisfatta dalla previsione dei termini di impugnazione degli atti amministrativi o dai rimedi volti a contestare l’inerzia dell’amministrazione.
Alla luce delle esposte considerazioni, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 22 della L.R. Umbria n. 5 del 2014.