Ancora sulla fiscalizzazione degli abusi edilizi di Paolo Urbani

Cons Stato 5038 2023

 

Con sentenza del 22 maggio 2023, n. 5038, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha ribadito che l’applicabilità della sanzione pecuniaria può essere decisa dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico. La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire. Con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive.

Secondo la giurisprudenza amministrativa ormai costante, che ha trovato avallo nella nota pronuncia dell’Adunanza plenaria n.9 del 17 ottobre 2017, “L’ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione; né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l’interessato non può dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi” (così ex multis Cons. Stato, sez. II, 20/07/2022, n. 6373; in termini anche Cons. Stato, sez. VI, 21/06/2022, n. 5115).

Nel medesimo solco si pone l’orientamento pretorio che, più in generale, afferma che “l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi” (Cons. Stato, sez. VI, 09/06/2022, n. 4722).

Da ultimo è stato pure ribadito che “La misura demolitoria può essere legittimamente irrogata nei confronti del proprietario del bene, anche se diverso dal responsabile dell’abuso e anche se estraneo alla commissione dell’abuso stesso e ciò in quanto l’abusività dell’opera è una connotazione di natura reale: segue l’immobile anche nei successivi trasferimenti del medesimo, con l’effetto che la demolizione è, di regola, atto dovuto e prescinde dall’attuale possesso del bene e dalla coincidenza del proprietario con il realizzatore dell’abuso medesimo” (Cons. Stato, sez. VI, 07/02/2023, n. 1327).

Ancora, costituisce jus receptum il principio secondo cui “l’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso” (così Cons. Stato, sez. VI, 11/05/2022, n. 3707).

Tale principio potrebbe conoscere un’attenuazione, se non un correttivo, nei casi di abuso (non per assenza del permesso ma) per totale difformità (dal medesimo) ovvero per variazione essenziale ove fosse controverso e controvertibile – in punto di fatto – l’entità della variazione e fosse quindi necessario un accertamento specifico, in primo luogo nella sede amministrativa, meglio se in contraddittorio. La vincolatività del potere amministrativo non vale a rendere, in tali casi, nella realtà delle cose, i fatti per ciò solo facilmente accertabili, sicché potrebbe rivelarsi non giustificato, non solo sul piano delle garanzie ma anche nella logica del buon andamento, ritenere aprioristicamente inutile il contraddittorio procedimentale.

Nel caso di specie, tuttavia, trattandosi di una difformità quanto mai evidente e vistosa, consistente in un intero piano realizzato in aggiunta al consentito, a differenza di quanto affermato dal TAR. nella sentenza impugnata, l’amministrazione comunale non avrebbe potuto porre in essere un provvedimento diverso da quello concretamente adottato, in ragione dell’apporto partecipativo della parte ricorrente in primo grado sicché certamente opera il meccanismo di cui all’art. 21-octies, comma 2, primo alinea, della l. n. 241 del 1990.

In ultimo, la consolidata giurisprudenza ha da tempo chiarito che la c.d. “fiscalizzazione” dell’abuso ex art. 34, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 non condiziona la legittimità della ordinanza di demolizione, trattandosi di sub-procedimento che assume rilievo nella successiva fase di esecuzione della stessa.

In particolare, si è condivisibilmente affermato che “L’applicabilità della sanzione pecuniaria può essere decisa dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico. La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire. Con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive” (così ex multis Cons. Stato, sez. VI , 10/12/2021 , n. 8240; in termini anche Cons. Stato sez. II, 8 ottobre 2020, n. 5985 e Cons. Stato, sez. VI, n. 4855 del 2016).