Sull’inammissibilità della sanatoria condizionata, di Fabio Cusano

Con sentenza 15 novembre 2023, n. 9776, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha ribadito che l’accertamento di conformità non può essere subordinato alla realizzazione di ulteriori interventi edilizi che rendano l’abuso conforme agli strumenti urbanistici. Questa conformità deve infatti già sussistere precedentemente e non all’esito di una futura ed ulteriore attività da parte del richiedente. La cosiddetta “sanatoria condizionata”, caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati all’esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono, non è infatti prevista dall’assetto normativo di cui al Testo unico, in quanto l’art. 36 del D.P.R. 380/2001 si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati.

Per potersi considerare come tale, la tettoia deve essere realizzata in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, risultare facilmente amovibile e fungere da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici, ma di modeste dimensioni. La realizzazione di una tettoia va invece configurata dal punto di vista urbanistico come intervento di nuova costruzione – necessitante di permesso di costruire – ogni qual volta integri un manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione e collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera.

Al proprietario e all’utilizzatore di un complesso immobiliare era stata notificata l’ordinanza di demolizione per aver ivi realizzato opere abusive.

Avverso tale provvedimento veniva proposto ricorso avanti al TAR.

Il TAR adito accoglieva parzialmente il ricorso ed annullava gli atti del Comune.

Avverso la sentenza il Comune ha proposto appello.

L’appello è fondato.

Secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio sull’istituto dell’accertamento di conformità, il medesimo non può essere subordinato alla realizzazione di ulteriori interventi edilizi che rendano l’abuso conforme agli strumenti urbanistici. Questa conformità deve infatti già sussistere precedentemente e non all’esito di una futura ed ulteriore attività da parte del richiedente. La c.d. “sanatoria condizionata”, caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati all’esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono, non è prevista dall’assetto normativo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto l’art. 36 si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati. La disciplina stabilisce che la “doppia conformità” debba sussistere sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Un eventuale permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni sarebbe in contrasto con tale disciplina normativa in quanto postulerebbe non la “doppia conformità” delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni (in termini Cons. Stato, sez. VI, n. 8713/2022 e n. 10317/2022; id., sez. VII, n. 8985/2023). Al contrario, “la sanatoria di cui all’art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, si fonda sul rilascio di un provvedimento abilitativo sanante da parte della competente Amministrazione, sempre possibile previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti nel momento della realizzazione e in quello della richiesta, previo accertamento di compatibilità paesaggistica nelle ipotesi in cui l’area sia assoggettata a vincolo paesaggistico e che è tassativamente limitato alle sole fattispecie contemplate dall’art. 167 comma 4 del d.lgs. 42/ 2004” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 1874/2019).

Inoltre, il Consiglio ha già accertato più volte che per potersi considerare come tale la tettoia deve essere realizzata in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, risultare facilmente amovibile e fungere da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici, ma di modeste dimensioni (Cons. Stato, Sez. VI, n. 2134/2015).

La realizzazione di una tettoia che abbia le dimensioni e le caratteristiche tecniche come nel caso di specie va configurato dal punto di vista urbanistico come intervento di nuova costruzione ogni qual volta integri un manufatto “non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione e collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera” (Cons. Stato, sez. VI, n. 4181/2022). La tettoia, per le rilevanti dimensioni e le caratteristiche strutturali (chiusura su tre lati) determina una innovazione del preesistente manufatto, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, consistendo in una chiara variazione volumetrica ed architettonica, con la conseguenza che si rendeva necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire (in termini Cons. Stato, sez. VI, n. 2627/2023). Contrariamente a quanto sostenuto dal TAR, la tettoia di cui trattasi, se trasformata in pergolato, manterrebbe comunque dimensioni e struttura (stabilmente ancorata al suolo con solidi pali di sostegno e travi in legno) tali da non incidere, modificandola, sulla natura del manufatto. Si deve sottolineare che si tratterebbe sempre di una costruzione con un notevole impatto urbanistico, soggetta al rispetto della disciplina in materia di distanze dal confine prevista dalle NTA del PRG, con conseguente preclusione della sua sanatoria.

In definitiva il ricorso in appello è stato accolto.