Con la sentenza 13 giugno 2023, n. 1849, il TAR Sicilia, Catania, sez. V, ha affermato che ai sensi delle linee guida dettate con D. Min. Sviluppo Econ. 10/09/2010, in caso di realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, le misure di compensazione devono essere definite nell’ambito della conferenza di servizi, sentiti i comuni interessati; questi ultimi, pertanto, non possono concordarle autonomamente con gli operatori economici ma devono farlo nel contesto procedimentale finalizzato all’emanazione del provvedimento di autorizzazione unica.
Parte ricorrente ha impugnato la nota del Comune, che, in relazione all’avvenuta autorizzazione a costruire e a gestire, ai sensi dell’art. 12 d. lgs. n. 387 del 2003, un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica nel territorio del Comune, ha diffidato la deducente al pagamento della complessiva somma di € 50.000 e ad eseguire la fornitura e posa in opera di pannelli fotovoltaici su immobile di proprietà comunale, fermo restando il risarcimento del danno per il ritardo nell’adempimento; ha, inoltre, impugnato, chiedendone la declaratoria di nullità (o in subordine l’annullamento), la deliberazione del Consiglio Comunale con cui è stato approvato il “Regolamento Comunale per l’installazione di impianti fotovoltaici nel territorio del Comune” (di seguito “Regolamento”), il relativo “Schema di Convenzione”; ha chiesto, in ogni caso, l’accertamento dell’insussistenza di qualunque obbligo a carattere pecuniario, patrimoniale, compensativo della ricorrente nei confronti del Comune.
In via preliminare, va ritenuto che la nota-diffida impugnata non riveste carattere endoprocedimentale, bensì è atto autonomamente lesivo, posto che la stessa contiene, a seguito di rinnovata istruttoria (giusta parere legale acquisito dal Comune), le definitive statuizioni in ordine alla questione de qua e intima e mette in mora la società a eseguire, in attuazione di norme regolamentari, nel termine perentorio di 15 gg., le misure compensative ivi previste, “fermo restando il risarcimento del danno per il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione che sarà calcolato in separata sede” (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sent. n. 1737 del 2016).
Non si rinviene, inoltre, tardività dell’impugnazione del Regolamento comunale, gravato contestualmente all’atto applicativo effettivamente lesivo; ciò avuto riguardo al pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui: “I regolamenti e gli atti amministrativi generali sono impugnabili in via diretta solo ove contengano disposizioni in grado di ledere in via diretta ed immediata le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari; negli altri casi, divengono impugnabili solo quando sorge l’interesse a ricorrere, ovvero assieme all’atto applicativo che produca una lesione effettiva, e non solo ipotetica o futura; l’identificazione dei destinatari di un regolamento non comporta peraltro ancora che a loro carico sussistano conseguenze sfavorevoli che ne legittimano l’immediata impugnazione” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 maggio 2021, n. 3953; id. 18 novembre 2013 n. 5451; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 13 febbraio 2014, n. 442).
Nel merito, il ricorso è fondato.
L’art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003 individua le regole fondamentali per la concessione dell’autorizzazione unica per l’esercizio di impianti di produzione di energie rinnovabili, demandandone la specificazione alle linee guida del Ministro dello sviluppo economico. Tale previsione è funzionale al raggiungimento degli obiettivi di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili sancito dalla normativa europea. Questa, da un lato, esige che la procedura amministrativa si ispiri a canoni di semplificazione e rapidità – esigenza cui risponde il procedimento di autorizzazione unica – e, dall’altro, richiede che in tale contesto confluiscano, per essere ponderati, gli interessi correlati alla tipologia di impianto, quale, nel caso di impianti energetici da fonte eolica, quello, potenzialmente confliggente, della tutela del territorio nella dimensione paesaggistica (sentenza della Corte cost. n. 177 del 2018). Il provvedimento di autorizzazione è adottato dalla Regione (o dalla Provincia delegata) e, secondo quanto previsto dal comma 6 del predetto art. 12, non può essere subordinato alle misure compensative a favore della Regione o della Provincia.
Con il D.M. 10 settembre 2010 (Allegato 2), sono stati indicati i criteri per la fissazione delle misure di compensazione. Sul piano procedimentale, le Linee guida di tale decreto hanno stabilito che eventuali misure di compensazione devono essere definite nell’ambito della conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati, i quali, pertanto, non possono concordarle autonomamente con gli operatori economici, ma devono farlo nel contesto procedimentale finalizzato all’emanazione del provvedimento di autorizzazione unica. Inoltre, quanto ai presupposti e al contenuto delle misure di compensazione, le stesse Linee guida hanno previsto – per quel che rileva maggiormente in questa sede – che: a) non dà luogo a misure compensative, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente; b) le “misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale” sono determinate in riferimento a “concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale”, con specifico riguardo alle opere in questione; c) le misure compensative devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’impianto e del suo specifico impatto ambientale e territoriale; d) le misure compensative sono solo “eventuali” e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale; e) possono essere imposte misure compensative di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche solo se ricorrono tutti i presupposti indicati. Inoltre, soggiunge la lettera h), “le eventuali misure di compensazione ambientale e territoriale definite nel rispetto dei criteri di cui alle lettere precedenti non possono comunque essere superiore al 3 per cento dei proventi, comprensivi degli incentivi vigenti, derivanti dalla valorizzazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto”.
Va poi evidenziato che la legge di bilancio per l’anno 2019 (l. 30 dicembre 2018, n. 145 art. 1, comma 953) ha stabilito che, ferma restando la natura giuridica di libera attività d’impresa dell’attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali sul cui territorio insistono gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, sulla base di accordi sottoscritti prima del 10 settembre 2010 (data di entrata in vigore delle predette Linee Guida), “restano acquisiti nei bilanci degli enti locali, mantenendo tali accordi piena efficacia”; per contro, dalla data di entrata in vigore della disposizione introdotta, ossia dal 1° gennaio 2019, sempre fatta salva la libertà negoziale delle parti, detti accordi “sono rivisti alla luce delle predette linee guida (approvate con d.m. 10 settembre 2010) e segnatamente dei criteri contenuti nell’allegato 2”, con un preciso onere procedimentale a carico delle parti. Tale ultima normativa ha superato il vaglio della Corte costituzionale, con la sentenza del 23 marzo 2021, n. 46.
Quanto all’applicabilità della normativa de qua nella Regione Siciliana, va affermata l’operatività in ambito regionale sia del d. lgs. n. 387 del 2003, sia del d. lgs. n. 28 del 2011 sia – in parte qua – delle Linee guida statali del 10 settembre 2010: con l’art. 105 l.r. sic. n. 11 del 2010 la Regione Siciliana ha previsto l’adozione di apposito decreto attuativo del Presidente della Regione, il quale è poi intervenuto (n. 48 del 2012), operando, per quanto qui di interesse, un rinvio al d.m. statale sopracitato anche con riferimento agli impianti fotovoltaici, salve le ulteriori disposizioni dettate dal medesimo regolamento, qui irrilevanti (cfr. sent. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 3 febbraio 2023, 299).
Riassunta la normativa e la giurisprudenza costituzionale rilevante in materia, va ritenuta l’illegittimità degli atti impugnati in quanto essi prevedono misure compensative in contrasto con il complessivo assetto normativo della materia.
In particolare, i provvedimenti comunali impugnati risultano adottati in violazione de D.M. del 2011 poiché: a) dispongono unilateralmente e al di fuori della conferenza dei servizi le misure compensative; b) prevedono una pretesa pecuniaria (€ 50.000), vietata per legge per quanto sopra esposto; c) non supportano tale pretesa – così come quella di installare impianti fotovoltaici in immobili di proprietà del Comune – con adeguata motivazione, invero del tutto carente; d) non contengono una specifica valutazione delle caratteristiche dell’impianto autorizzato, del suo specifico impatto ambientale e territoriale né del rapporto tra gli obblighi imposti e l’impatto dell’impianto; né in ogni caso contengono valutazioni effettuate in seno alla conferenza di servizi o rilevabili nell’ambito del provvedimento autorizzatorio (cfr. T.A.R. Piemonte, Torino, sez. II, n. 733/2018; T.A.R. Puglia, Lecce, sent. n. 1737 del 2016; T.A.R. Veneto, Venezia, sez. III, n. 1052 del 2014).
Ne consegue l’illegittimità della nota/diffida e del regolamento presupposto in parte qua, per contrasto con i su citati criteri ministeriali.
Conseguentemente, il TAR ha accolto il ricorso.