Il TAR Sicilia, Catania, sez. II, 22 dicembre 2023, n. 3959, ha ribadito che la semplice voltura della concessione edilizia non comporta il trasferimento automatico in capo al nuovo titolare delle obbligazioni contratte dall’originario concessionario con l’amministrazione, occorrendo in tal senso l’espresso accollo del nuovo titolare e l’accettazione dell’amministrazione creditrice; ciò in considerazione della natura personale dell’obbligazione relativa al pagamento del contributo concessorio, che non costituisce un onere reale né rappresenta un’obbligazione propter rem in assenza di una norma che espressamente attribuisca all’obbligazione in parola tale natura. Soltanto in un’ipotesi specifica l’obbligazione relativa al versamento del contributo nasce direttamente in capo all’avente causa, ossia nel caso in cui l’acquirente subentri al venditore prima del rilascio della concessione edilizia.
Il Comune rilasciava alla società la concessione edilizia per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione; titolo concessorio cui accedeva la previsione dell’obbligo di versamento del contributo del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, frazionato in tre rate. Il concessionario versava tuttavia soltanto la prima rata degli oneri concessori; residuavano, quindi, le somme dovute a titolo di seconda e terza rata dei predetti oneri, nonché quelle dovute a titolo di costo di costruzione, oltre alle sanzioni per il ritardato pagamento e gli interessi calcolati dalle singole scadenze all’effettivo soddisfo.
Ciò premesso, il ricorso della società può essere accolto limitatamente all’applicazione delle sanzioni accessorie e degli interessi; gli altri motivi vanno, invece, respinti.
Al riguardo, si rileva che il contributo per il rilascio del permesso di costruire non ha carattere tributario; l’amministrazione può pertanto avvalersi di tutti gli strumenti a tal fine predisposti dall’ordinamento giuridico, tra cui certamente il procedimento monitorio (cfr., in tal senso, questo T.A.R., Sez. I, 3 novembre 2022, n. 2868).
Infondato anche il secondo motivo.
Il contratto di compravendita stipulato con l’impresa, inviato al Comune in uno all’istanza di cointestazione della concessione edilizia, non ha determinato la liberazione del debitore originario in assenza di una condizione espressa in tal senso nell’atto stesso ovvero di una dichiarazione liberatoria del Comune creditore che, ai sensi dell’art. 1273, secondo comma, cod. civ., avrebbero potuto sollevare dall’obbligazione il debitore originario.
D’altro canto, è costantemente affermato in giurisprudenza il principio secondo cui la semplice voltura della concessione edilizia (e ciò a maggior ragione deve vale per la voltura che – come nella fattispecie – non si è perfezionata o per la semplice cointestazione del titolo abilitativo) non comporta il trasferimento automatico in capo al nuovo titolare delle obbligazioni contratte dall’originario concessionario con l’Amministrazione, occorrendo in tal senso l’espresso accollo del nuovo titolare e l’accettazione dell’Amministrazione creditrice (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 828; Cons. Stato, sez. II, 22 gennaio 2011, n. 316; T.A.R. Roma, sez. II quater, 10 agosto 2017, n. 9287); ciò in considerazione della natura personale dell’obbligazione relativa al pagamento del contributo concessorio di cui si tratta, che non costituisce un onere reale né rappresenta un’obbligazione propter rem in assenza di una norma che espressamente attribuisca all’obbligazione in parola tale natura (si veda in tal senso T.A.R. Catania, sez. I, 16 febbraio 2022, n. 495). Sia gli oneri reali che le obbligazioni propter rem costituiscono, infatti, figure tipiche e devono considerarsi un numerus clausus.
Soltanto in un’ipotesi specifica l’obbligazione relativa al versamento del contributo nasce direttamente in capo all’avente causa: ove l’acquirente subentri al venditore prima del rilascio della concessione edilizia (T.A.R. Catania, sez. I, 18 giugno 2020, n. 1430); ma non è questo il caso di specie.
È invece fondata la terza censura, con cui la società lamenta l’illegittima applicazione delle sanzioni e dei correlati interessi, stante l’omessa escussione del fideiussore da parte dell’Amministrazione creditrice.
Al riguardo, va richiamato il principio di diritto recentemente elaborato da questo Tribunale amministrativo con la citata sentenza n. 495 del 26 gennaio 2022 – ribadito con sentenza della stessa prima Sezione n. 924 del 22 marzo 2023 – secondo cui “condivisa giurisprudenza del Giudice d’appello (cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana-Sezione Giurisdizionale 15 Settembre 2011 n. 557) ha ritenuto che i doveri di correttezza ricadenti in capo al creditore (per di più nella specie soggetto pubblico) in base all’art. 1175 c.c. avrebbero imposto al medesimo di rendere meno gravosa possibile la posizione del debitore nell’adempiere un’obbligazione, potendosi avvalere, tra l’altro, di una garanzia fideiussoria sul pagamento dei contributi”; facendone discendere che “In somma sintesi, nell’ipotesi in cui sussiste una fideiussione espressamente richiamata nel titolo edilizio a garanzia degli oneri legati al rilascio di una concessione edilizia (adesso permesso di costruire), in cui espressamente è previsto l’obbligo del fideiussore di versare al Comune quanto richiesto in termini brevi previo un semplice avviso al garantito e senza il riconoscimento al garantito di alcuna facoltà di svolgere eccezioni sul pagamento, l’ingiustificata mancata o intempestiva intimazione del Comune volta all’esercizio del diritto correlato alla garanzia, per il principio dell’autoresponsabilità (secondo il quale il creditore deve usare l’ordinaria diligenza al fine di evitare le conseguenze pregiudizievoli conseguenti all’inadempimento della controparte) determina l’inesigibilità di sanzioni e interessi derivanti dalla mancata corresponsione degli oneri coperti dalla fideiussione (cfr. Cons. Stato Sez. V 5 febbraio 2003 n. 571 cfr. anche in tal senso T.A.R. Sicilia, Catania, Sezione I, 1 Marzo 2021 n. 632)”.
Anche nella fattispecie che ci occupa non risulta che il Comune resistente si sia previamente avvalso della garanzia fideiussoria, né l’Amministrazione ha contestato l’assunto a seguito di specifico rilievo di parte ricorrente.
Alla stregua di quanto precede, pertanto, le sanzioni e gli interessi non sono esigibili.
In conclusione, respinta la richiesta di estromissione della società controinteressata e restando obbligate in solido la società opponente e la società controinteressata, il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato limitatamente alla parte in cui reca la condanna al pagamento delle somme ivi indicate a titolo di sanzioni, interessi e penalità di mora.