Con la sentenza n. 9798 dell’8 novembre 2022, il Consiglio di Stato ha affermato che il parere della Soprintendenza previsto dall’art. 146 del d.lgs. 42/2004 deve essere emesso nel termine di 45 giorni; se tale termine non viene osservato il parere successivamente emesso non è illegittimo, ma perde ogni suo carattere vincolante per l’Amministrazione che lo ha richiesto.
Pertanto, deve essere l’Amministrazione a motivare sulla concedibilità o meno dell’autorizzazione paesaggistica e, se potrà anche utilizzare argomenti espressi nel parere tardivo della Soprintendenza, non potrà però acriticamente rifarsi al predetto parere, dovendo invece assumere interamente su di sé l’onere di decidere (e dunque di motivare la propria determinazione) giacché, diversamente opinando, si finirebbe con il negare sostanzialmente qualunque rilievo giuridico al termine che la legge assegna alle Soprintendenze.
In particolare, il Ministero della Cultura ha appellato la sentenza del TAR Salerno che aveva accolto le istanze del ricorrente avverso il provvedimento comunale di diniego dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un terrazzo nell’alloggio di sua proprietà.
Secondo il Consiglio di Stato l’appello è infondato.
Nel caso in esame, dagli atti depositati si ricava agevolmente il mancato rispetto del termine di 45 giorni che la Soprintendenza avrebbe dovuto rispettare. Infatti, la richiesta di atti sospende il termine a partire dal momento della richiesta e fino a quando i documenti richiesti non giungono alla Soprintendenza; tuttavia, successivamente detto termine (appunto perché sospeso, e non già interrotto) non ricomincia a decorrere integralmente, ma seguita a farlo solo per la parte residua.
Il Comune avrebbe, pertanto, dovuto motivare autonomamente il parere, mentre dall’atto impugnato in primo grado si evince che il Comune si è ritenuto vincolato alla valutazione della Soprintendenza.
Il Consiglio di Stato, definitivamente pronunciando sull’appello, lo ha respinto.