Sulla motivazione delle scelte urbanistiche del comune, di Fabio Cusano

Con sentenza 25 maggio 2023, n. 511, il TAR Toscana, sez. I, ha ribadito che le variazioni apportate allo strumento urbanistico adottato, derivanti dall’accoglimento delle osservazioni e/o opposizioni presentate dai soggetti privati, possono essere approvate senza l’emanazione di un nuovo atto di riadozione dello strumento urbanistico e conseguente fase di nuova pubblicazione dello strumento urbanistico riadottato. Viceversa, l’emanazione dell’atto di riadozione dello strumento urbanistico e la conseguente fase della nuova pubblicazione risultano obbligatorie nel caso di variazioni che non derivano dall’accoglimento delle osservazioni e/o opposizioni dei soggetti privati o dalle osservazioni formulate dalla Regione, ma da modifiche apportate d’Ufficio dal Comune, come quelle che modificano il regime giuridico dei terreni da privato a pubblico, in quanto in tal caso i soggetti privati verrebbero privati del potere, garantito dall’ordinamento giuridico, di presentare osservazioni e/o opposizioni. Inoltre, rientra nella piena discrezionalità dell’Ente imprimere ad una determinata zona un certo regime urbanistico-edilizio: per tale ragione, la destinazione data dagli strumenti urbanistici alle singole aree del territorio non necessita di apposita motivazione, salvo che particolari situazioni abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni. Le uniche evenienze che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono rappresentate dai seguenti casi: dal superamento degli standard minimi di cui al D.M. 02/04/1968; dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi di diritto privato intercorsi con il Comune, o delle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione; dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. Nessun affidamento deriva, invece, dalla diversa destinazione urbanistica pregressa della medesima area, rispetto alla quale l’amministrazione conserva ampia discrezionalità, ben potendo apportare modificazioni peggiorative rispetto agli interessi del proprietario, titolare di una generica aspettativa al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell’immobile.

La ricorrente apprendeva che il nuovo Piano Operativo Comunale approvato con deliberazione del 2022 aveva apposto sull’area di odierno interesse un vincolo preordinato all’esproprio, inserendola nell’allegato D allo strumento urbanistico, come “parcheggio pubblico”; da successive verifiche, apprendeva che il vincolo non era originariamente inserito nello strumento urbanistico adottato, ma che l’Ufficio Tecnico comunale aveva presentato una specifica osservazione; osservazione che era stata accolta dalla delibera C.C. del 2020.

La deliberazione di approvazione del Piano Operativo Comunale e la presupposta delib. C.C. del 2020 erano impugnate dalla ricorrente.

Ad avviso del TAR, non risultano necessarie molte argomentazioni per concludere per la piena fondatezza delle censure proposte con il ricorso.

Una giurisprudenza ha rilevato come “le variazioni apportate allo strumento urbanistico adottato, derivanti dall’accoglimento delle osservazioni e/o opposizioni presentate dai soggetti privati, possano essere approvate senza l’emanazione di un nuovo atto di riadozione dello strumento urbanistico e conseguente fase di nuova pubblicazione dello strumento urbanistico riadottato; al contrario, l’emanazione dell’atto di riadozione dello strumento urbanistico e la conseguente fase della nuova pubblicazione dello strumento urbanistico riadottato risultano obbligatorie nel caso di variazioni delle previsioni dello strumento urbanistico adottato, che non derivano dall’accoglimento delle osservazioni e/o opposizioni dei soggetti privati o dalle osservazioni formulate dalla Regione, ma da modifiche apportate d’ufficio dal Comune, come quelle che modificano il regime giuridico dei terreni da privato a pubblico, in quanto in tal caso i soggetti privati verrebbero privati del potere, garantito dall’ordinamento giuridico, di presentare osservazioni e/o opposizioni” (T.A.R. Basilicata, 1° dicembre 2010, n. 971).

Nel caso di specie, al di là del discutibile ricorso allo strumento giuridico delle osservazioni da parte dell’Ufficio tecnico del Comune, risulta evidente come la modificazione dell’impostazione dello strumento urbanistico in itinere sia stata disposta d’ufficio dalla stessa Amministrazione comunale procedente e come pertanto non possano trovare applicazione i principi sopra richiamati che esentano dall’obbligo di ripubblicazione dello strumento giuridico modificato le modificazioni che derivino dall’accoglimento di osservazioni presentate da privati o dalla Regione (nell’esercizio delle sue essenziali funzioni di coordinamento con gli strumenti di pianificazione sovraordinati).

Risulta pertanto evidente la consistente lesione delle facoltà partecipative della ricorrente che deriva dall’artificioso “sdoppiamento” del Comune (che ha assunto il doppio ruolo di proponente l’osservazione e di autorità deputata alla decisione delle osservazioni).

La lesione delle facoltà partecipative della ricorrente si inserisce poi in un contesto complessivo in cui la ricorrente, per effetto dei giudicati formatisi nei precedenti contenziosi instaurati nei confronti dell’Amministrazione comunale (il riferimento è ai due giudicatisi formatisi sulle sentenze del 2018 del 2020 della III Sezione del T.A.R. Toscana), risulta indubbiamente titolare di una posizione di affidamento qualificato più intensa dell’ordinaria posizione del normale cittadino interessato dalla pianificazione urbanistica.

A questo proposito deve, infatti, essere richiamata la pacifica giurisprudenza della Sezione, peraltro perfettamente in linea con l’impostazione ormai tradizionale della materia, che ha rilevato come rientri “nella piena discrezionalità dell’Ente imprimere ad una determinata zona un certo regime urbanistico-edilizio: per tale ragione, la destinazione data dagli strumenti urbanistici alle singole aree del territorio non necessita di apposita motivazione, salvo che particolari situazioni abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni. Le uniche evenienze che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono rappresentate dai seguenti casi: dal superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968; dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi di diritto privato intercorsi con il Comune, o delle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione; dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. Nessun affidamento deriva, invece, dalla diversa destinazione urbanistica pregressa della medesima area, rispetto alla quale l’amministrazione conserva ampia discrezionalità, ben potendo apportare modificazioni peggiorative rispetto agli interessi del proprietario, titolare di una generica aspettativa generica al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell’immobile. Ai fini della legittimità di nuove scelte di pianificazione, non è pertanto richiesta un’indagine individuale su ogni singola area al fine di giustificarne la sua specifica idoneità a soddisfare esigenze pubbliche, né può essere invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si porrebbe in contrasto con la natura generale dell’atto di pianificazione o di governo del territorio” (T.A.R. Toscana, sez. I, 1° febbraio 2016, n. 176; 28 gennaio 2016, n. 146; si tratta di soluzione consolidata: per la giurisprudenza della Terza Sezione, si veda T.A.R. Toscana, sez. III, 26 marzo 2012, n. 605).

Nel caso di specie, un sicuro affidamento tutelato della ricorrente in ordine alla possibilità di realizzare l’intervento di sistemazione a parcheggio progettato (possibilità che sarebbe resa sicuramente impossibile dall’apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione) deriva sicuramente dai due giudicati sopra richiamati e formatisi con riferimento ad altrettanti dinieghi di realizzare un intervento che, al contrario, risulta pienamente compatibile con la strumentazione urbanistica del contesto in riferimento, come ampiamente argomentato dalla due sentenze rese dalla Terza Sezione del T.A.R. sulla vicenda.

Il ricorso è stato pertanto accolto, con conseguenziale annullamento del Piano Operativo Comunale approvato con la deliberazione del 2022 del Consiglio comunale, nella parte di interesse della ricorrente, ovvero con riferimento al vincolo preordinato all’espropriazione.