L’Adunanza Plenaria sull’ordine di demolizione (AP 16/2023), di Fabio Cusano

Con sentenza 11 ottobre, 2023, n. 16, il Consiglio di Stato, A.P., ha sancito che la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive. Inoltre, la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del D.P.R. 380/2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001 medesimo o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza. Altresì, l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del D.P.R. 380/2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva). Ancora, l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato. Infine, la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del D.P.R. 380/2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della L. 164/2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

La Sezione remittente formula all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

I) se, e in che limiti, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione adottata ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, abbia effetti traslativi automatici che si verificano alla scadenza del termine di novanta giorni assegnato al privato per la demolizione;

II) se l’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 sanzioni l’illecito costituito dall’abuso edilizio o, invece, un illecito autonomo di natura omissiva, id est, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione;

III) se l’inottemperanza all’ordine di demolizione configuri un illecito permanente ovvero un illecito istantaneo ad effetti eventualmente permanenti;

IV) se la sanzione di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 possa essere irrogata nei confronti di soggetti che hanno ricevuto la notifica dell’ordinanza di demolizione prima dell’entrata in vigore della L. n. 164 dell’11 novembre 2014, quando il termine di novanta giorni, di cui all’art. 31, comma 3, risulti a tale data già scaduto e detti soggetti più non possano demolire un bene non più loro, sempre sul presupposto che a tale data la perdita della proprietà in favore del Comune costituisca un effetto del tutto automatico.

Invero, pur se in nessuno dei quesiti formulati dalla Sezione Sesta vi è un espresso richiamo a tale posizione, la motivazione dell’ordinanza di rimessione – così come la motivazione della sentenza del TAR impugnata in questa sede – si è diffusamente soffermata sulle peculiarità che caratterizzano il diritto reale della nuda proprietà.

Nell’esaminare la posizione del nudo proprietario, l’Adunanza Plenaria ritiene peraltro che vadano nettamente distinte due fattispecie.

La prima fattispecie si ha quando, come è avvenuto nel caso in esame, l’illecito edilizio sia stato commesso dal proprietario anche possessore del bene, il quale – dopo la commissione degli abusi – ponga in essere un atto a titolo derivativo in favore di un avente causa (sia esso una compravendita, una donazione o un altro contratto avente effetti reali).

In tale frequente ipotesi, come ha evidenziato la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio e ha rimarcato la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2017, l’acquirente – tenuto secondo l’ordinaria diligenza ad informarsi della situazione giuridica in cui si trova l’immobile oggetto del contratto – subentra nella medesima posizione giuridica del suo dante causa, è obbligato propter rem ad effettuare la demolizione e il Comune deve emanare gli atti previsti dagli articoli 27 e 31 del testo unico n. 380 del 2001, così come li avrebbe potuti emanare nei confronti del dante causa e cioè deve emanare sia l’ordinanza di demolizione che il successivo atto di accertamento dell’inottemperanza. Il caso in esame rientra pienamente in questa fattispecie.

La seconda fattispecie – alla quale si attagliano le argomentazioni dell’ordinanza di rimessione – si ha quando l’usufruttuario, all’insaputa del nudo proprietario, commetta abusi edilizi sul bene oggetto del proprio diritto reale in re aliena e dunque quando il bene – al momento della commissione dell’illecito – sia già nella contitolarità del nudo proprietario e dell’usufruttuario.

In relazione a tale ipotesi, il Comune deve emanare l’ordinanza di demolizione anche nei confronti del nudo proprietario, risultando condivisibili e dovendosi qui ribadire le argomentazioni poste dal Consiglio di Stato a base della sentenza n. 2769 del 2023:

– “il nudo proprietario di un terreno non perde la disponibilità del bene, sebbene concesso in usufrutto a terzi” e “l’usufruttuario, ancorché possessore rispetto ai terzi, è, nel rapporto con il nudo proprietario, mero detentore del bene”;

– “la giurisprudenza riconosce la legittimazione del nudo proprietario ad agire in giudizio contro tutti coloro che mettono in atto ingerenze sulla cosa oggetto di usufrutto” (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 21 febbraio 2019, n. 5147);

– “il nudo proprietario non si trova affatto, contrariamente a quanto assume la odierna appellante, in posizione tale da non potersi opporre alla realizzazione, sull’immobile concesso in usufrutto, di opere abusive, né che gli è precluso di agire direttamente, o per via giudiziale, per procedere al ripristino dello stato dei luoghi” e “argomenti in tal senso si ricavano prima ancora dal diritto positivo: sia dall’art. 1005 c.c. che pone a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie, sia dall’art. 1015 che – con un’elencazione di comportamenti ritenuta per lo più esemplificativa e non tassativa – annovera gli abusi dell’usufruttuario tra le cause di decadenza dell’usufrutto e prevede una serie di rimedi attivabili dal nudo proprietario”;

– risulta “legittima l’ordinanza di rimozione di opere abusive diretta anche al nudo proprietario”, poiché egli può attivarsi per recuperare il pieno godimento dell’immobile e provvedere direttamente alla rimozione delle opere abusivamente realizzate, potendo, in particolare in caso di opposizione dell’usufruttuario, agire in giudizio a tale scopo: è evidente che la domanda giudiziale con cui il nudo proprietario chieda accertarsi il suo diritto/dovere di rimuovere opere edilizie abusivamente realizzate sull’immobile concesso in usufrutto, essendo idonea a prenotare gli effetti scaturenti dalla futura sentenza, potrebbe precludere l’acquisizione del bene al patrimonio dell’Amministrazione, a seguito del vano decorso del termine assegnato per la demolizione.

D’altra parte, l’ordine di demolizione – allorquando sia emesso nei confronti del nudo proprietario, oltre che nei confronti dell’usufruttuario autore dell’illecito – radica un dovere in capo allo stesso nudo proprietario, consentendogli di attivarsi per ripristinare l’ordine giuridico violato dal responsabile dell’abuso e per evitare di perdere il proprio diritto reale a causa dell’illecito comportamento altrui.

L’ordine di demolizione costituisce quel factum principis che – a tutela dei sopra richiamati valori costituzionali – impone al nudo proprietario di attivarsi, qualora intenda mantenere il proprio diritto reale.

Va ancora ribadito, sotto tale profilo, il principio formulato dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 9 del 2017, per il quale “gli ordini di demolizione di costruzioni abusive, avendo carattere reale, prescindono dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile (l’estraneità agli abusi assumendo comunque rilievo sotto altri profili), applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato”.

Una volta rilevato che nel caso di abuso commesso dall’usufruttuario il Comune deve emanare l’ordinanza di demolizione anche nei confronti del nudo proprietario, si deve approfondire l’ulteriore questione se – nel caso di inottemperanza – l’atto di acquisizione vada anch’esso emanato nei confronti del nudo proprietario.

Tale questione va risolta senz’altro nel senso affermativo.

L’ordinanza di demolizione contiene non solo l’ordine di ripristino, ma anche l’avviso che la sua mancata ottemperanza comporterà la perdita del diritto di proprietà secondo un meccanismo che comporta l’estinzione ex lege del diritto in capo al proprietario e la sua acquisizione al patrimonio pubblico.

La regola della acquisizione di diritto con la scadenza del termine di 90 giorni si applica nei confronti di tutti coloro che siano stati destinatari dell’ordinanza di demolizione e dunque anche nei confronti del nudo proprietario che abbia in precedenza avuto la notifica della medesima ordinanza.

Peraltro, anche nei confronti del nudo proprietario si applica il principio per il quale l’atto di acquisizione non può essere emesso quando risulti la non imputabilità della mancata ottemperanza da parte del destinatario dell’ordine di demolizione.

Anche il nudo proprietario, dunque, può dedurre e comprovare di essere stato impossibilitato ad effettuare la demolizione, in ragione di una malattia completamente invalidante, che non gli consente di compiere gli atti giuridici necessari all’uopo, né direttamente, né per interposta persona.

Con riferimento al caso in esame, non si pongono però questioni sulla non imputabilità all’appellante della mancata ottemperanza.

Per tutte le ragioni sopra esposte, il secondo motivo di appello risulta infondato e va respinto.

Stessa sorte segue il terzo motivo di appello, con il quale si deduce l’illegittimità derivata dell’accertamento di inottemperanza, che recepirebbe i vizi dell’ordinanza di demolizione.

In disparte la sua stessa ammissibilità per violazione del principio di specificità, la circostanza che l’ordine di demolizione abbia superato indenne il vaglio di legittimità del giudice amministrativo, con la sentenza n. 2769/2023, non consente di scrutinare favorevolmente la doglianza in esame. Vale, infatti, il principio secondo il quale, qualora l’ordinanza di demolizione dell’opera abusiva diventi inoppugnabile, gli atti ad essa consequenziali possono essere impugnati solo per vizi propri (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3565).

Sulla base delle considerazioni che precedono, l’Adunanza Plenaria nell’esaminare i quesiti proposti enuncia i seguenti principi di diritto: a) la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente primo illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive; b) la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza; c) l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva); d) l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.

Deve a questo punto passarsi all’esame del primo motivo di appello con il quale si contesta nella sostanza l’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 4-bis del citato art. 31 in capo all’appellante per violazione del principio di irretroattività, poiché il suo illecito – consistente nella mancata ottemperanza all’ordine di demolizione – è stato commesso prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014.

Il motivo è fondato e, pertanto, il gravame in esame va in parte accolto.

Il comma 4 bis del citato art. 31 prevede che: “L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria”.

La formulazione della disposizione non lascia adito a dubbi quanto al fatto che la sanzione pecuniaria è irrogata in ragione dell’inottemperanza all’ordine di demolizione: l’accertamento deve necessariamente precedere l’irrogazione della sanzione.

La condotta colpevolmente omissiva del destinatario dell’ordine di demolizione comporta, quindi, per il proprietario una duplice sanzione: a) la perdita della proprietà del bene; b) una sanzione pecuniaria variabile da 2.000 a 20.000 euro.

Si tratta di sanzioni che vengono irrogate a causa del mancato adempimento all’ordine di demolire, ossia in ragione di un illecito ad effetti permanenti, che si consuma con lo scadere del termine di 90 giorni assegnato dall’autorità amministrativa con l’ordine di demolizione: il loro presupposto è l’accertamento dell’inottemperanza dell’ordine di demolizione.

Deve, pertanto, concludersi nel senso che si è in presenza di un illecito ad effetti permanenti, in quanto la perdita del bene abusivo e dell’area di sedime consegue all’inerzia nel demolire protrattasi oltre il termine di 90 giorni assegnato dall’autorità.

Come sopra evidenziato, l’acquisto del bene avviene ope legis, sicché l’atto di accertamento dell’inottemperanza ha natura dichiarativa.

Sulla base dei principi nazionali e tenuto anche conto dei principi espressi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi 8 giugno 1976, la sanzione pecuniaria in questione ha la finalità di prevenzione generale e speciale, mirando a dissuadere dalla commissione degli illeciti edilizi e a salvaguardare il territorio nazionale: il comma 4-bis sanziona chi non si è adoperato per porre rimedio alle conseguenze derivanti dagli abusi realizzati direttamente o a causa della mancata vigilanza sui propri beni.

Rilevano pertanto i seguenti tre principi: a) il principio di irretroattività, desumibile nella materia sanzionatoria dall’art. 1 della legge n. 689 del 1981, oltre che dall’articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile; b) il principio di certezza dei rapporti giuridici, perché chi non ha ottemperato all’ordine di demolizione, facendo decorrere il termine di 90 giorni prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014, ha compiuto una omissione (che nella specie è maturata nel mese di luglio 2014) in un quadro normativo che prevedeva ‘unicamente’ la conseguenza della perdita della proprietà e non anche quella della irrogazione della sanzione pecuniaria; c) il principio di tipicità e il principio di coerenza, poiché – come si è sopra evidenziato – col decorso del termine di 90 giorni il responsabile non può più demolire il manufatto abusivo, poiché non è più suo, sicché non è più perdurante l’illecito omissivo (in quanto si è ‘consumata’ la fattispecie acquisitiva), sicché l’applicazione dell’art. 31, comma 4-bis, anche alle ipotesi in cui il termine di 90 giorni era già decorso prima della sua entrata in vigore, comporterebbe l’applicazione di una sanzione per una omissione giuridicamente non più sussistente, essendo preclusa ogni modifica del bene in assenza di ulteriori determinazioni del Comune sulla gestione del bene divenuto ormai suo.

Nel caso all’esame dell’Adunanza Plenaria, essendo stati violati i principi sopra esposti, si deve annullare il provvedimento impugnato in primo grado, nella parte in cui esso ha irrogato la sanzione pecuniaria.

Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

In via riassuntiva, rispetto ai quesiti formulati devono darsi le seguenti risposte:

a) la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive;

b) la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza;

c) l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);

d) l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato;

e) la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.