Ancora sui poteri di vigilanza del Comune sulla CILA, di Fabio Cusano

Con sentenza 5 ottobre 2023, n. 2200, TAR Salerno, sez. II, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 21-septies della L. 241/1990, il diniego di una CILA è nullo, in quanto espressivo di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis del D.P.R. 380/2001, salva e impregiudicata l’attività di vigilanza contro gli abusi e l’esercizio della correlata potestà repressiva dell’ente territoriale. Infatti, l’attività assoggettata a CILA non solo è libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. Ne consegue che ci si trova di fronte a un confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di CILA) con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela (con la SCIA).

Il ricorrente è titolare di immobili, assentiti con i titoli edilizi abilitativi della concessione edilizia e della S.C.I.A.;

il Comune disponeva la sospensione di una C.I.L.A. per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria; il ricorrente inoltrava istanza di accesso agli atti per conoscere il contenuto della nota; tale istanza è rimasta inevasa e, conseguentemente, essendo decorsi 30 giorni dal suo inoltro, si formava il silenzio-diniego; con gravame, la parte ricorrente agisce per l’annullamento del provvedimento sospensivo, nonché del silenzio diniego formatosi sull’istanza di accesso agli atti; agisce, altresì, per l’accertamento e la declaratoria del diritto di accesso agli atti del ricorrente e per l’adozione dell’ordine di esibizione dei documenti, da parte dell’Amministrazione Comunale, ex art. 116, comma 4, D.Lgs. n. 104/2010.

Ad avviso del TAR, il gravame è manifestamente fondato e, come tale, è meritevole di accoglimento.

La materia del contendere verte sulla legittimità o meno del provvedimento sospensivo della CILA, oggetto della presente impugnazione; ed invero, sulla base della disamina della documentazione in atti, la nota gravata si appalesa nulla, ex art. 21 septies della l. n. 241/1990, in quanto emanata extra ordinem, al di fuori del perimetro dei poteri repressivi normativamente tipizzati. Il regime proprio dell’attività edilizia subordinata alla presentazione della CILA, a differenza di quello proprio dell’attività edilizia subordinata alla presentazione della SCIA, non prevede una fase di controllo successivo con eventuale esito inibitorio; in relazione alla tipologia di interventi ex art. 6 bis del d.p.r. n. 380/2001 l’amministrazione dispone, dunque, di un unico potere, che è quello sanzionatorio da esercitarsi nel caso in cui le opere realizzate risultino in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia.

Il TAR si è già pronunciato sul punto, nella sentenza del 10.10.2022 n. 2627, ed il Collegio aderisce alle conclusioni argomentative: “sulla scorta di un indirizzo pretorio consolidato in subiecta materia (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 2052/2018; n. 126/2020; TAR Campania, Salerno, sez. II, n.764/2020), è nullo, ai sensi dell’art. 21 septies l. n. 241/1990, il diniego di una CILA, in quanto espressivo di un potere non tipizzato nell’ art. 6 bis d.P.R. n. 380/2001, salva e impregiudicata l’attività di vigilanza contro gli abusi e l’esercizio della correlata potestà repressiva dell’ente territoriale; l’attività assoggettata a CILA non solo è libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio, conseguendo a ciò che ci si trova di fronte a un confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di CILA) con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela (con la SCIA) … quindi, la CILA non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento, da parte dell’amministrazione comunale», non essendo, «al contempo, a quest’ultima … precluso il potere di controllare la conformità dell’immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia» (sent. n. 1935/2020; n. 1383/2021; n. 1459/2021); un eventuale pronunciamento anticipato dell’amministrazione in ordine alla legittimità degli interventi comunicati con CILA riveste carattere non già provvedimentale, bensì meramente informativo, non rispondendo ad un potere normativamente tipizzato (cfr., in tal senso, TAR Veneto, Venezia, sez. II, n. 415/2015; TAR Toscana, Firenze, sez. III, n. 1625/2016)”.

Pertanto, la nota, oggetto della presente impugnativa, è nulla; e va, del pari, accolta la domanda di accesso agli atti per conoscere il contenuto della nota.

Il TAR ravvisa la sussistenza dei presupposti legalmente cristallizzati nella legge n. 241 del 1990; la legittimazione a richiedere l’accesso agli atti amministrativi, infatti, presuppone la dimostrazione che gli atti oggetto dell’istanza siano in grado di spiegare effetti diretti o indiretti nella sfera giuridica dell’istante; la posizione da tutelare deve risultare comunque collegata ai documenti oggetto della richiesta di accesso; il rapporto di strumentalità appena descritto deve, poi, apparire dalla motivazione enunciata nella richiesta di accesso; richiesta che non può dunque ridursi al richiamo a mere e generiche esigenze difensive ma che deve fornire la prova dell’esistenza di un puntuale interesse alla conoscenza della documentazione stessa e della correlazione logico-funzionale intercorrente tra la cognizione degli atti e la tutela della posizione giuridica del soggetto che esercita il diritto, permettendo di capire la coerenza di tale interesse con gli scopi alla cui realizzazione il diritto di accesso è preordinato (T.A.R. Roma, sez. III, 01/08/2018, n. 8584); tutto questo implica inevitabilmente che la domanda di accesso debba avere un oggetto determinato o quanto meno determinabile, non potendo essere generica e dovendo, per contro, riferirsi a specifici documenti senza necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta (T.A.R. Parma, sez. I, 03/11/2020, n.189).

Calando le coordinate ermeneutiche nella fattispecie in esame, si riscontra, in capo alla ricorrente, la titolarità di un interesse concreto ed attuale all’ostensione documentale, funzionalizzata alla tutela strumentale del diritto di difesa.

Dunque, il ricorso è stato accolto.