Con sentenza n. 9511 del 2 novembre 2022, il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 31 del DPR 380/2001, nell’individuare i soggetti colpiti dalle misure repressive nel proprietario e nel responsabile dell’abuso, considera quale soggetto passivo della demolizione il soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso, il proprietario, anche se non responsabile in via diretta. Pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordinanza di demolizione non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la disposizione citata si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche responsabilità. Infatti, il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino è correlato solamente all’esistenza di una situazione di abuso, indipendentemente da ogni aspetto relativo alla responsabilità dello stesso; sicché la norma pone l’ordine ripristinatorio a carico non solo dell’autore dell’illecito, ma anche del proprietario del bene e dei suoi aventi causa, in virtù del suo diritto dominicale sulla res che gli consente di intervenire per porre fine all’abuso.
In particolare, i ricorrenti locavano ad una società un’area in cui quest’ultima eseguiva opere abusive. I ricorrenti diffidavano la società alla rimozione delle opere, dandone comunicazione al Comune in cui evidenziavano la propria estraneità all’abuso.
Il Comune ingiungeva la demolizione delle predette opere abusive; i ricorrenti impugnavano tale provvedimento avanti il TAR Bologna che accoglieva il ricorso.
Il Comune ha proposto appello avverso tale pronuncia.
Ad avviso del Consiglio di Stato, l’appello è fondato, risultando la prospettazione del Comune conforme ai principi che regolano i procedimenti di repressione degli abusi edilizi.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che l’attività di repressione degli abusi edilizi costituisce attività vincolata; ne consegue che l’ingiunzione di demolizione, in quanto atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell’opera edilizia senza titolo abilitativo o in totale difformità da esso, è in linea di principio sufficientemente motivata con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera.
Stante la natura necessitata e vincolata dell’attività di repressione degli abusi edilizi, ai fini dell’adozione delle ordinanze di demolizione, non è neppure necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all’annullamento dell’atto alla stregua dell’art. 21 octies della L. 241/1990.
Quanto alla principale osservazione degli appellati, che rivendicano la propria estraneità all’abuso, attribuendone la responsabilità alla società, il Consiglio ha affermato che, ai fini della legittimazione passiva del soggetto destinatario dell’ordine di demolizione, l’art. 31 del DPR 380/2001, nell’individuare i soggetti colpiti dalle misure repressive nel proprietario e nel responsabile dell’abuso, considera evidentemente quale soggetto passivo della demolizione il soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso, potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta.
In altri termini, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordinanza di demolizione non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la disposizione citata si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche responsabilità.
Infatti, il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino è correlato solamente all’esistenza di una situazione di abuso, indipendentemente da ogni aspetto relativo alla responsabilità dello stesso, sicché la norma pone l’ordine ripristinatorio a carico non solo dell’autore dell’illecito, ma anche del proprietario del bene e dei suoi aventi causa, in virtù del suo diritto dominicale sulla res che gli consente di intervenire per porre fine all’abuso.
Per costante giurisprudenza, l’abusività dell’opera edilizia legittima il conseguente provvedimento di rimozione dell’abuso, che è atto dovuto e prescinde dall’attuale possesso del bene e dalla coincidenza del proprietario con il realizzatore dell’abuso medesimo, sempre che il proprietario dell’immobile non responsabile sia nelle condizioni materiali per potere intervenire concretamente sulla res abusiva. Difatti, i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale con la conseguenza che la loro adozione prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile, applicandosi gli stessi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato.
Per le ragioni espose, il Consiglio ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso di primo grado.