2. Vincoli a contenuto espropriativo – Reiterazione – Adozione di variante parziale al P.R.G. – Motivazione adeguata – Previsione di un indennizzo – Necessità.
3. Vincoli a contenuto espropriativo – Reiterazione – Indennizzo – Previsione dello stanziamento per l’espropriazione dei terreni – Insufficienza.
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La facoltà dei privati interessati di proporre osservazioni e controdeduzioni ed il conseguente obbligo dell’Amministrazione di pronunziarsi motivatamente sulle medesime a conclusione di una vera e propria fase del procedimento svolta in contraddittoria sono intesi a fornire elementi di valutazione non marginali ai fini del buon andamento e funzionalità dell’azione amministrativa. Siffatte finalità sono certamente frustate ove gli interessati vengano portati a conoscenza dell’opera pubblica quando il relativo progetto è stato già definito in tutte le sue componenti, per cui viene precluso ai medesimi di apporre alcun contributo, cioè ad approvazione del progetto esecutivo.
La reiterazione del vincolo imposto sull’area, con la delibera del consiglio comunale di adozione di variante parziale al P.R.G., necessita di adeguata motivazione e di una seppure generica indicazione del relativo indennizzo.
Non può considerarsi sufficiente ad assolvere l’onere dell’indicazione dell’indennizzo la previsione dello stanziamento per l’espropriazione dei terreni, essendo diversi i relativi titoli.
La statuizione sulle spese di lire è conseguenziale ed accessoria rispetto alla definizione del giudizio e perciò il Giudice deve procedervi anche in mancanza di esplicita richiesta della parte vittoriosa; ne deriva che la mancata allegazione della nota delle spese è irrilevante, sicché la relativa liquidazione d’ufficio non incorre nel vizio di ultrapetizione.
La statuizione sulle spese processuali riveste carattere ampiamente discrezionale e non può essere sindacata dal giudice di appello, salvo che per le ipotesi di violazione dei limiti minimi e massimi della tariffa professionale, ovvero del principio secondo cui la parte completamente vittoriosa non può essere giammai essere condannata alle medesime spese.
La pronuncia sulle spese del giudizio costituisce autonomo capo della decisione, rispetto al quale l’interesse ad impugnare sorge in modo diretto e immediato dalla pronuncia stessa, in quanto non presenta alcun collegamento con gli altri punti della decisione oggetto dell’avversa impugnazione. Pertanto, l’interesse della parte vittoriosa nel merito a dedurre la mancata o insufficiente attribuzione delle spese di lite sorge direttamente dalla sentenza e non già in dipendenza dell’impugnazione da parte del soccombente, con la conseguenza che, sul detto punto, l’impugnazione si presenta autonoma e deve essere proposta nei termini ordinari.
Il Comune di Colognola ai Colli propone appello avverso la sentenza del T.A.R. Veneto (sez. I) 24 maggio 2001, n. 1215, nella parte in cui, in accoglimento del ricorso proposto dai signori Almarosa, Giovanni, Luigi e Maurizio Fiorini, ha annullato i provvedimenti della Giunta comunale concernenti l’approvazione del progetto preliminare di una palestra polivalente da realizzare sull’area di loro proprietà, del progetto definitivo e di quello esecutivo dell’opera, il decreto di occupazione d’urgenza dell’area necessaria, nonché le delibere di adozione e approvazione della variante parziale al P.R.G. con cui l’amministrazione comunale aveva confermato la destinazione a servizi scolastici dell’area sulla quale la palestra era localizzata.
A fondamento dell’appello vengono formulati i seguenti motivi:
1) Violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Sostiene il Comune che solo con l’approvazione del progetto esecutivo si verifica quell’affievolimento del diritto di proprietà che giustifica l’imposizione all’amministrazione dell’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento e che a tale obbligo è stato dato tempestivo adempimento; comunque, tale comunicazione, nella specie, appariva superflua, in quanto gli interessati non avrebbero potuto apportare utili elementi di valutazione circa la localizzazione dell’opera da realizzare, dovendo la progettata palestra necessariamente sorgere nelle immediate vicinanze della scuola preesistente.
2) Violazione dei principi in materia di reiterazione dei vincoli di carattere espropriativo-travisamento dei fatti e insufficienza della motivazione.
Il Comune contesta l’affermazione del T.A.R. secondo cui la reiterazione del vincolo, per la realizzazione della palestra in questione sarebbe stata giustificata con il mero riferimento alla circostanza che in passato le opere previste non erano state realizzate per mancanza di fondi e di tempo; in proposito fa presente che è stata fornita adeguata motivazione sia sotto il profilo della sussistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, sia sotto quello della scelta dell’area sulla quale l’opera stessa deve essere realizzata.
Violazione dell’art. 26 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034.
3) Il Comune si duole, altresì, che il T.A.R. abbia disposto l’annullamento della delibera di approvazione del progetto preliminare, mentre il relativo motivo d’impugnazione si rivelava inammissibile per intempestività.
4) Violazione dell’art. 68 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, in relazione all’art. 91 c.p.c..
Il Comune, infine, contesta la statuizione di condanna alle spese di lite nella misura di lire diecimilioni, ritenuta eccedente rispetto a quella che è la norma in situazioni analoghe presso i tribunali amministrativi regionali e senza tener conto della soccombenza parziale dei ricorrenti.
Si sono costituiti in giudizio gli appellati che, oltre ad insistere per la conferma della sentenza ex adverso impugnata, hanno chiesto, nell’ipotesi di accoglimento dell’appello, che vengano esaminati i motivi di ricorso dal T.A.R. dichiarati assorbiti.
Gli appellanti hanno proposto, altresì, "appello incidentale subordinato", non notificato alla controparte, avverso il capo della sentenza che esclude la nullità della delibera alcuni consiglieri che avevano un interesse proprio o di familiari.
I medesimi appellati fanno anche presente che l’Amministrazione comunale ha iniziato ex novo la procedura espropriativa e che dai relativi atti emerge come il rinnovo del vincolo non solo era immotivato, ma anche eccessivo in relazione alle esigenze del Comune.
In prossimità dell’udienza, sia il Comune appellante, sia gli appellati hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese.
Ai sensi dell’art. 4, comma 6, della l. 21 luglio 2000, n. 205, il dispositivo della decisione è stato pubblicato mediante deposito in segreteria.
1. Il Comune di Colognola ai Colli censura la sentenza del T.A.R. del Veneto (sez. I) 24 maggio 2001, n. 1215, nella parte in cui, accogliendo il ricorso dei signori Fiorini Almarosa, Fiorini Giovanni, Fiorini Luigi e Fiorini Maurizio, ha annullato le delibere della giunta comunale di approvazione del progetto preliminare, di quello definitivo e di quello esecutivo di una palestra polivalente da realizzare sull’area di loro proprietà, delle delibere del consiglio comunale di adozione e di approvazione di una variante parziale al P.R.G. e del decreto di occupazione d’urgenza dei terreni interessati dal menzionato progetto.
2. Il Comune contesta, anzitutto, la considerazione del T.A.R. secondo cui la delibera della giunta 11 ottobre 1999, n. 204, di approvazione del progetto definitivo della palestra, di cui si tratta, era stata illegittimamente adottata, in quanto non era stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai proprietari dell’area interessata dalla costruzione.
In proposito fa presente che l’affievolimento del diritto di proprietà dei ricorrenti, che giustifica l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento, si è verificato solo con l’approvazione del progetto esecutivo e che solo in relazione a questo provvedimento doveva ritenersi necessaria la predetta comunicazione; al relativo adempimento l’Amministrazione ha tempestivamente ottemperato, per cui ritiene illegittimo l’annullamento del provvedimento del progetto definitivo e, per invalidità derivata, del successivo provvedimento di approvazione del progetto esecutivo di approvazione del progetto esecutivo e del decreto di occupazione d’urgenza. Peraltro, come ha posto in evidenza il Giudice di primo grado, i proprietari dei terreni interessati sono stati resi edotti del progetto per la costruzione di una palestra polivalente con nota ricevuta in data 25 gennaio 2001, di molto successiva all’approvazione del progetto definito (cui quello esecutivo doveva essere conforme ex art. 16 della l. 11 febbraio 1994, n. 109) avvenuta nell’ottobre 2000; è palese, pertanto, la violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Né può ritenersi, come sostiene il Comune, che la comunicazione dell’avvio del procedimento sarebbe stata superflua, in quanto i proprietari interessati non avrebbero potuto apportare utili elementi di valutazione relativamente alla localizzazione dell’opera, essendo la palestra annessa al polo scolastico già realizzato, per cui non poteva che essere costruita in aderenza alla scuola.
L’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento è, invero, preordinato non solo ad un altro ruolo difensivo, ma anche alla formazione di una più completa, meditata e razionale volontà dell’Amministrazione; mediante tale comunicazione si mira, quindi, ad attuare una democratizzazione ed una trasparenza nell’esercizio dell’attività pubblica, al fine di consentire, per il tramite del principio del contraddittorio, una efficace tutela delle ragioni del cittadino e contestualmente di apprestare a vantaggio dell’Amministrazione elementi di conoscenza utili nell’esercizio dei poteri discrezionali (Cons. Stato, ad. Pl., 15 settembre 1999, n. 14; sez. IV, 28 gennaio 2000, n. 413; sez. IV, 3 maggio 2000, n. 2609).
In altri termini, la facoltà dei privati interessati di proporre osservazioni e controdeduzioni ed il conseguente obbligo dell’Amministrazione di pronunziarsi motivatamente sulle medesime a conclusione di una vera e propria fase del procedimento svolta in contraddittoria sono intesi ad offrire elementi di valutazione non marginali ai fini del buon andamento e funzionalità dell’azione amministrativa; siffatte finalità sono certamente frustate ove, come nella specie, gli interessati vengono portati a conoscenza dell’opera pubblica quando il relativo progetto è stato già definito in tutte le sue componenti, per cui viene precluso ai medesimi di apportare alcun contributo.
L’obiezione che si tratta di una palestra destinata ad un polo scolastico esistente, e che per ciò non può non essere localizzata in altri siti, perde ogni valore se si considera che resta sempre il problema delle modalità e delle dimensioni dell’opera; torna, pertanto, ad emergere l’ineludibilità del menzionato adempimento legislativamente posto a carico dall’Amministrazione.
La validità di queste considerazioni trova, ove ne fosse bisogno, conferma nel fatto che il Comune ha successivamente riesaminato il progetto della palestra, limitando le sue dimensioni.
Peraltro, il relativo provvedimento non ha fatto venir meno l’interesse degli appellanti alla prosecuzione del giudizio, in quanto non risultano revocati o annullati i precedenti provvedimenti di cui è causa.
3. Devono essere del pari condivise le considerazioni del Giudice di primo grado secondo cui la reiterazione del vincolo imposta sull’area in argomento, con la delibera del consiglio comunale di adozione di variante parziale al Piano regolatore generale, necessitava di adeguata motivazione e di una seppure generica indicazione del relativo indennizzo.
Tali elementi non si rinvengono nelle relative delibere comunali; in particolare, non può considerarsi sufficiente ad assolvere l’onere dell’indicazione dell’indennizzo, la previsione dello stanziamento per l’espropriazione dei terreni, essendo diversi i relativi titoli.
4. Ugualmente è a dirsi per l’annullamento disposto dal T.A.R. della deliberazione del progetto preliminare che presupponeva l’esistenza del vincolo dell’area, mentre tale condizione urbanistica non corrispondeva alla situazione reale.
L’impugnativa di quella delibera non può, comunque, considerarsi tardiva, in mancanza della notifica della medesima alle parti interessate ovvero della prova della sua piena conoscenza in epoca anteriore al termine per la relativa impugnazione.
Per quanto concerne la statuizione sulle spese di giudizio pronunciata dal Giudice di primo grado, in mancanza di apposita nota, il Comune appellante si duole della "quantificazione invero eccedente quella che è la norma in situazioni analoghe presso i tribunali amministrativi regionali e senza tener conto della soccombenza parziale dato che la domanda di risarcimento del danno, proposta dal ricorrente, era stata respinta".
In proposito occorre osservare che la statuizione sulle spese di lite è conseguenziale ed accessoria rispetto alla definizione del giudizio e perciò il Giudice deve procedervi anche in mancanza di esplicita richiesta della parte vittoriosa; ne deriva che la mancata allegazione della nota delle spese è irrilevante, sicchè la relativa liquidazione d’ufficio non incorre nel vizio di ultrapetizione (Cass., sez. II, 7 dicembre 1999, n. 13724; sez. un. 10 ottobre 1997, n. 9859; sez. III, 10 giugno 1997, n. 5174; 27 agosto 1984, n. 4489; 23 luglio 1983, n. 5085).
Va aggiunto che la statuizione sulle spese processuali riveste carattere ampiamente discrezionale e non può essere sindacata dal giudice d’appello, salvo che per le ipotesi di violazione dei limiti massimi e minimi della tariffa professionale, ovvero del principio secondo cui la parte completamente vittoriosa non può essere giammai condannata alle medesime spese (Cons. Stato, sez. VI, 5 giugno 2001, n. 3015; sez. V, 30 dicembre 1998, n. 1957; 6 dicembre 1987, n. 1489; Cass. 10 aprile 1986, n. 2504; 24 ottobre 1983, n. 6236; 17 marzo 1981, n. 1550); nella specie, l’appellante non deduce il superamento degli importi previsti dalla tariffa professionale né, comunque, specifica ciò che sia dovuto o non dovuto e perciò la sua doglianza si rivela inammissibile oltre che infondata (Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 1996, n.204; 19 aprile 1994, n. 293; Cass., sez. II, 3 aprile 1999, n. 3267; 29 gennaio 1985, n. 515; 5 aprile 1984, n. 2195).
Al di fuori delle predette ipotesi, la statuizione sulle spese è rimessa alla discrezione del giudice e questo è libero di compensare le medesime in tutto o in parte o di condannare alla totalità di esse la parte risultante parzialmente soccombente (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1776; 12 dicembre 1997, n. 1532; Cass., sez. lav., 30 marzo 1999, n. 3093; sez. I, 11 novembre 1996, n. 9840 21 ottobre 1971, n. 2969).
Di contro, gli appellati fanno presente che la statuizione sulle predette spese è stata effettuata in misura inferiore a quella dovuta e reclamano la liquidazione della differenza.
La richiesta è inammissibile.
La pronuncia sulle spese del giudizio costituisce autonomo capo della decisione, rispetto al quale l’interesse ad impugnare sorge in modo diretto e immediato dalla pronuncia stessa, in quanto non presenta alcun collegamento con gli altri punti della decisione oggetto dell’avversa impugnazione (Cass., 8 marzo 1984, n. 1602; 6 settembre 1982, n. 4829); perciò, l’interesse della parte vittoriosa nel merito a dedurre la mancata o insufficiente attribuzione delle spese di lite sorge direttamente dalla sentenza e non già in dipendenza dell’impugnazione da parte del soccombente, con la conseguenza che, sul predetto punto, l’impugnazione si presenta autonoma e deve essere proposta nei termini ordinari (Cass., 28 maggio 1996, n. 4896; 8 maggio 1982, n. 2858; 22 luglio 1981, n. 4708).
Ma anche a voler attribuire alla pronuncia sulle spese del giudizio carattere marginale ed accessorio, in quanto connesso agli altri capi della decisione, per cui dovrebbe ritenersi ammissibile consentita l’impugnazione incidentale, non può ammettersi che la relativa richiesta sia avanzata, come nella specie, con una semplice memoria non notificata alla controparte (Cass., sez. III, 18 aprile 1985, n. 2577; sez. lav., 10 maggio 1982, n. 2899).
6. In conclusione, l’appello del Comune di Colognola ai Colli deve essere respinto, restando assorbito l’esame di ogni altra questione.
Si ravvisano, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) rigetta l’appello;
Compensa le spese del secondo grado di giudizio;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa:
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 ottobre 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con l’intervento dei signori:
Lucio VENTURINI Presidente
Domenico LA MEDICA Consigliere, est.
Cesare LAMBERTI Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere
Ermanno de FRANCISCO Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Depositata il 13 dicembre 2001.