Le variazioni essenziali assoggettabili a sanzione demolitoria, di Fabio Cusano

Con sentenza 2 novembre 2023, n. 604, il TAR Umbria, sez. I, ha ribadito che rientra nel concetto di “modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza”, e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, D.P.R. 380/2001 (comma 1, lett. c), non solo lo spostamento del manufatto su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell’edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali, capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli. Inoltre, risultano ininfluenti rispetto all’obbligo di acquisizione da parte dell’interessato di un nuovo permesso di costruire, la circostanza che le altre caratteristiche dell’intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all’originario permesso di costruire, e l’assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze.

I ricorrenti hanno impugnato il parere relativo alla regolarità urbanistica del fabbricato di cui si controverte.

Il parere impugnato con il ricorso introduttivo è un atto meramente endoprocedimentale, come tale insuscettibile di arrecare direttamente ed immediatamente una lesione alla sfera giuridica degli odierni ricorrenti. Il ricorso introduttivo è pertanto inammissibile. È stato rilevato che il meccanismo del silenzio assenso di cui all’art. 20 della legge n. 241/1990 non è configurabile allorché l’amministrazione debba rilasciare una vera e propria concessione amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. II, 12 marzo 2020, n. 1788).

L’erogazione dei contributi per la ricostruzione costituisce una concessione traslativa, con conseguente inapplicabilità del citato art. 20 e, quindi, inconfigurabilità di alcun silenzio assenso a seguito del decorso del termine di conclusione del procedimento.

In secondo luogo, la normativa statale in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia (artt. 31 e ss. del D.P.R. n. 380/2001) distingue tra interventi abusivi che comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e interventi di modesto impatto, che non possiedono tale caratteristica.

Nell’ambito della prima categoria rientrano gli interventi indicati nell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, ovvero quelli eseguiti «in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali» (fattispecie, quest’ultima, ulteriormente precisata dall’art. 32 del D.P.R. n. 380/2001), nonché quelli di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33), che costituiscono nel loro insieme le fattispecie di abuso più gravi.

La seconda categoria comprende gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34).

La distinzione, come noto, rileva ai fini della individuazione del regime sanzionatorio, giacché per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali la demolizione è l’unica sanzione applicabile, quale strumento per garantire l’equilibrio urbanistico violato, mentre solo per gli abusi meno gravi rientranti nell’ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo l’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001 prevede, in ragione del minor pregiudizio causato all’interesse urbanistico, la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in sostituzione a quella demolitoria (tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 28 marzo 2022, n. 2273; Id., sez. II, 17 febbraio 2021, n. 1452; TAR Campania, Napoli, sez. III, 3 ottobre 2022, n. 6044; Id., sez. II, 11 dicembre 2019, n. 5893).

Ciò premesso, all’ipotesi della totale difformità dal permesso di costruire l’art. 31, co. 1, del D.P.R. n. 380/2001 riconduce «la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche (…) planovolumetriche», ovvero attinenti alla forma, alla collocazione o alla distribuzione dei volumi assentiti.

Ad ogni modo, non è revocabile in dubbio che le ipotesi di totale difformità e di variazione essenziale consistente nella traslazione del manufatto in area diversa da quella prevista dal titolo abilitativo siano soggette al medesimo regime sanzionatorio. Infatti, «rientra nel concetto di “modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza”, e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del d. P.R. n. 380 del 2001, non solo lo spostamento del manufatto su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell’edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali, capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli» (tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 7 gennaio 2020, n. 104).

Inoltre, «[a]i sensi dell’art. 32 lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell’edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell’amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell’area, mentre sono ininfluenti rispetto all’obbligo di acquisizione da parte dell’interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell’intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all’originario permesso di costruire, e l’assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze» (Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2008, n. 5743).

Ancor più recentemente è stato ritenuto che «rientra nel concetto di “modifica della localizzazione dell’edificio all’interno del lotto urbanistico di pertinenza”, costituendo quindi una variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 (…), non solo lo spostamento del manufatto su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell’edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali» (TAR Sardegna, sez. I, 11 gennaio 2021, n. 5).

L’ordinanza impugnata non può dunque ritenersi illegittima in relazione alla asserita alternatività dei regimi sanzionatori previsti l’ipotesi di totale difformità e per quella relativa all’intervento eseguito con variazioni essenziali.

Deve altresì ricordarsi che «[a]i sensi dell’art. 32 lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell’edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell’amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell’area» (Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2008, n. 5743; più di recente, Cons. Stato, sez. IV, 24 settembre 2012, n. 5080; TAR Piemonte, sez. II, 3 gennaio 2022, n. 2; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 4 giugno 2021, n. 1380; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 13 febbraio 2020, n. 189; TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, 23 gennaio 2017, n. 1099).

Come è stato rilevato dalla giurisprudenza, i titoli edilizi e il certificato di agibilità sono correlati a presupposti diversi e sono soggetti a discipline, anche sanzionatorie, non sovrapponibili, dal momento che il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti (come espressamente recita l’art. 24 del D.P.R. n. 380/2001), mentre oggetto della specifica funzione del titolo edilizio è il controllo del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche (TAR Umbria, 26 agosto 2019, n. 483). Dunque, il certificato di agibilità ha una sua propria funzione, consistente nel garantire che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili, e non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare, anche successivamente alla sua emissione, la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, non essendo pertanto d’ostacolo all’esercizio dei poteri di repressione degli abusi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2021, n. 3666; TAR Campania, Napoli, sez. II, 8 novembre 2021, n. 7055; TAR Campania, Salerno, sez. II, 27 maggio 2019, n. 847; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 8 giugno 2017, n. 3097; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 5 giugno 2017, n. 731; TAR Veneto, sez. II, 18 gennaio 2017, n. 42; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 94).

In conclusione, il ricorso introduttivo deve essere dichiarato inammissibile, mentre i motivi aggiunti devono essere respinti in quanto infondati.