Con sentenza del 5 dicembre 2023, n. 348, il TAR Emilia-Romagna, Parma, sez. I, ha ribadito che il piano urbanistico attuativo e lo schema di convenzione ad esso allegato costituiscono atti distinti ma giuridicamente connessi, che formano oggetto di un unico atto di approvazione, mentre la convenzione propriamente detta (cioè il contratto ad oggetto pubblico successivamente stipulato) costituisce certamente un atto negoziale autonomo, nel senso di essere giuridicamente distinto dal provvedimento – atto unilaterale di approvazione; tuttavia si tratta pur sempre di segmenti di un unico iter procedimentale volto a dare attuazione alla pianificazione urbanistica, quale espressione diretta del governo del territorio. Trattasi, in definitiva, di unico procedimento complesso, attraverso il quale si realizza uno dei modelli di esercizio consensuale della potestà amministrativa, consacrato dall’art. 11 della L. 241/1990, nella forma della pianificazione urbanistica concertata. Nel caso in cui tale procedimento complesso sia in itinere, deve trovare applicazione il principio del tempus regit actum, in ragione del quale la sopravvenienza normativa, intervenuta nel corso del procedimento, prima della conclusione dello stesso, deve necessariamente essere rispettata.
I ricorrenti presentavano al Comune il Piano Urbanistico Attuativo (in seguito PUA) di iniziativa privata relativo alla “Scheda Norma D2 – Cornocchio Sud”. Con Deliberazione del Consiglio Comunale venivano adottate le varianti al Piano Operativo Comunale (in seguito POC) e al Regolamento Urbanistico Edilizio (in seguito RUE) connesse all’attuazione del PUA; con la medesima Delibera veniva adottato il PUA in questione. Con successiva Deliberazione del Consiglio Comunale veniva disposta l’approvazione delle varianti al POC e al RUE connesse all’attuazione del PUA, l’approvazione del PUA e dello schema di convenzione urbanistica. Nella citata delibera si specificava, ulteriormente, che “la stipula della convenzione urbanistica, ai sensi dell’art. 4 comma 5 della L.R. 24/2017, dovrà avvenire entro il termine perentorio del 01/01/2024 e che trascorso tale termine il PUA perderà la sua efficacia (…)”. Con successiva comunicazione, il Dirigente del Settore Pianificazione e Sviluppo del Territorio del Comune, dando atto della pubblicazione della Deliberazione del Consiglio Comunale, invitava i ricorrenti a prendere contatti con un notaio per la stipula della convenzione urbanistica modificativa. Successivamente a tale comunicazione, nonostante fossero intervenute diverse interlocuzioni tra i proponenti e l’Amministrazione, non si giungeva alla sottoscrizione della convenzione attuativa in questione.
Nelle more, l’art. 4, comma 5, della Legge Regionale dell’Emilia-Romagna 21 dicembre 2017 n. 24 veniva sostituito dall’art. 6 della Legge Regionale 28 dicembre 2021 n. 19. Per effetto di tale modifica, la nuova formulazione letterale dell’art. 4, comma 5, prevedeva che “Per gli strumenti urbanistici attuativi il cui iter amministrativo sia stato avviato prima della data di entrata in vigore della presente legge, l’approvazione e la stipula della relativa convenzione urbanistica devono avvenire entro il termine perentorio di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Trascorsi i termini indicati nel primo e nel secondo periodo del presente comma, gli strumenti urbanistici ivi richiamati perdono la loro efficacia”. Preso atto della novella legislativa, con successiva comunicazione il Dirigente del Settore Pianificazione e Sviluppo del Territorio del Comune informava i proponenti che, per effetto della modifica dell’art. 4, comma 5, della Legge Regionale dell’Emilia-Romagna 21 dicembre 2017 n. 24, la sottoscrizione della convenzione urbanistica sarebbe dovuta intervenire “nel termine di 5 anni dalla data di entrata in vigore della L.R 24/2017 (1/01/2018) e quindi entro il 01/01/2023”.
Avverso tale comunicazione i ricorrenti hanno proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Parte ricorrente replicava alla comunicazione ricevuta dal Dirigente del Settore Pianificazione e Sviluppo del Territorio del Comune, ritenendo che il termine per la sottoscrizione della convenzione non fosse quello indicato dall’Amministrazione, bensì quello previsto dalla stessa deliberazione del Consiglio Comunale con cui era stato approvato il PUA, vale a dire la data del 1 gennaio 2024. Con successiva nota avente ad oggetto il “PUA di iniziativa privata relativo alla Scheda Norma D2 – Cornocchio Sud. Comunicazione in merito ai termini per la sottoscrizione della convenzione urbanistica”, il Dirigente del Settore Pianificazione e Sviluppo del Territorio del Comune confermava la precedente comunicazione, comunicando che “si conferma che la stipula della convenzione urbanistica sarebbe dovuta intervenire nel termine di 5 anni dalla data di entrata in vigore della L.R. 24/2017 (01.01.2018) e quindi entro il 01.01.2023”, con ciò di fatto attestando l’avvenuta decorrenza del termine utile entro cui addivenire alla stipula della citata convenzione.
I ricorrenti hanno impugnato la comunicazione del Dirigente del Settore Pianificazione e Sviluppo del Territorio del Comune di Parma, con richiesta di misura cautelare sospensiva.
Il gravame è affidato a due motivi di ricorso. Con il primo motivo si deducono la violazione ed erronea applicazione della legge con riguardo specifico al principio di irretroattività delle leggi. Prospetta parte ricorrente che, nella fattispecie in questione, il Comune avrebbe violato il principio di irretroattività delle leggi, disponendo l’applicazione con efficacia retroattiva dello ius superveniens, che peraltro avrebbe determinato una retroattività in malam partem, con gravi effetti esiziali per gli interessi dei proponenti. Sostiene, in particolare, come al momento dell’approvazione del PUA di iniziativa privata relativo alla “Scheda Norma D2 – Cornocchio Sud” fosse in vigore l’originaria formulazione dell’art. 4, comma 5, della Legge Regionale dell’Emilia-Romagna 21 dicembre 2017 n. 24; ragion per cui, in applicazione di tale originaria previsione, il termine per la stipula della convenzione urbanistica debba necessariamente intendersi quello del 1 gennaio 2024, e non quello imposto dal Comune (1 gennaio 2023) nell’illegittima applicazione retroattiva dello ius superveniens.
Ad avviso del TAR, il motivo è privo di pregio. Giova preliminarmente chiarire che, in tema di programmazione e governo del territorio, i piani urbanistici attuativi e le convenzioni urbanistiche ad essi connesse non possono essere valutati atomisticamente, integrando gli stessi una fattispecie a formazione progressiva che, partendo dall’approvazione della pianificazione attuativa di iniziativa privata, si conclude proprio con la sottoscrizione della convenzione urbanistica. È vero che il piano urbanistico attuativo e lo schema di convenzione ad esso allegato costituiscono atti distinti ma giuridicamente connessi, che formano oggetto di un unico atto di approvazione, mentre la convenzione propriamente detta (cioè il contratto ad oggetto pubblico successivamente stipulato) costituisce certamente un atto negoziale autonomo, nel senso di essere giuridicamente distinto dal provvedimento – atto unilaterale di approvazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 luglio 2023, n. 6955); tuttavia si tratta pur sempre di segmenti di un unico iter procedimentale volto a dare attuazione alla pianificazione urbanistica, quale espressione diretta del governo del territorio. Trattasi, in definitiva, di unico procedimento complesso, attraverso il quale si realizza uno dei modelli di esercizio consensuale della potestà amministrativa, consacrato dall’art. 11 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, nella forma della pianificazione urbanistica concertata. Nel caso in cui tale procedimento complesso sia in itinere, deve trovare applicazione il principio del tempus regit actum, in ragione del quale la sopravvenienza normativa, intervenuta nel corso del procedimento, prima della conclusione dello stesso, deve necessariamente essere rispettata. Al riguardo, è utile rammentare che, nei procedimenti amministrativi, la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che devono essere considerate anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendosi considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio (T.A.R. Lombardia (Milano), Sez. III, 6 settembre 2021, n. 1969, Consiglio di Stato, sez. VI, 27 agosto 2020, n. 5260).
Detto altrimenti, per regola generale, lo ius superveniens trova immediata applicazione nei confronti dei procedimenti ancora in itinere alla data dell’entrata in vigore, in quanto la conclusione degli stessi deve uniformarsi alle norme giuridiche vigenti nel momento in cui sono adottati gli atti provvedimentali finali o sono conclusi gli accordi riconducibili alla categoria generale di cui all’art. 11 della Legge 7 agosto 1990 n. 241. Ebbene, nella fattispecie de qua agitur, dopo l’approvazione del PUA non si era ancora addivenuti, nonostante le sollecitazioni dell’Amministrazione, alla stipula della convenzione urbanistica, con ciò profilandosi un procedimento in itinere, cui deve necessariamente trovare applicazione lo ius superveniens. Tali principi generali sono, peraltro, declinati nello stesso articolo 4, comma 5, della Legge Regionale dell’Emilia-Romagna 21 dicembre 2017 n. 24, per come modificato dall’art. 6 della Legge Regionale 28 dicembre 2021 n. 19, a mente del quale “Per gli strumenti urbanistici attuativi il cui iter amministrativo sia stato avviato prima della data di entrata in vigore della presente legge, l’approvazione e la stipula della relativa convenzione urbanistica devono avvenire entro il termine perentorio di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Trascorsi i termini indicati nel primo e nel secondo periodo del presente comma, gli strumenti urbanistici ivi richiamati perdono la loro efficacia”. Di talché deve ritenersi infondata la censura articolata nel primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso si prospettano la violazione del principio dell’affidamento e il vizio di incompetenza. Si deduce, in particolare, che l’operato del Comune avrebbe leso il legittimo affidamento dei ricorrenti, confidando gli stessi, in ragione del contenuto dispositivo della deliberazione del Consiglio Comunale n. 106 del 27 dicembre 2021, nella possibilità di addivenire alla stipula della convenzione entro la data del 1 gennaio 2024.
Il motivo è infondato. Quanto al primo profilo di censura articolato dalla parte ricorrente, osserva il Collegio che non può ritenersi sussistente alcuna lesione dell’invocato legittimo affidamento della parte privata, dal momento che il Comune, da un lato, prima della novella normativa, aveva più volte sollecitato i ricorrenti alla stipula della convenzione urbanistica, e dall’altro, dopo l’intervenuta modifica normativa, rilevata la perdurante inerzia degli stessi, aveva formalmente comunicato il nuovo termine per la sottoscrizione della convenzione. In via generale, poi, vale il principio per cui, proprio perché la corretta applicazione del canone tempus regit actum comporta che la pubblica Amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, ne consegue che, fintantoché l’Amministrazione non ha concluso in senso a lui favorevole il procedimento, il privato richiedente non è titolare di una situazione sostanziale consolidata meritevole di tutela sotto il profilo del legittimo affidamento, ma di una mera aspettativa al conseguimento dell’utilità agognata (ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 29 aprile 2019, n. 2768). Quanto alla censura relativa al dedotto vizio di incompetenza, come già osservato nello scrutinio delle questioni pregiudiziali, la stessa è infondata.
Alla luce di quanto sopra, il ricorso è stato rigettato.