Le condizioni per il perfezionamento della SCIA, di Fabio Cusano

Con sentenza 11 novembre 2023, n. 1321, il TAR Bari, sez. I, ha ribadito che in presenza di una dichiarazione inesatta e/o incompleta e/o non veritiera e/o erronea (dolosamente o colposamente), la S.C.I.A. – anche in alternativa al permesso di costruire – non si perfeziona, sicché ben può l’Amministrazione accertare e dichiarare, in qualunque momento, l’inefficacia della segnalazione, considerato che, allorché il legislatore introduca strumenti di semplificazione dell’attività amministrativa, quali la DIA/SCIA od il silenzio assenso, presupposti perché la fattispecie possa essere produttiva di effetti sono, indefettibilmente, la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell’autocertificazione, dovendo l’interessato rappresentare all’Amministrazione tutti gli elementi necessari all’istruttoria procedimentale.

La collocazione dell’intervento edilizio in esame, ricadente nella categoria ambientale “C”, all’interno della fascia di duecentocinquanta metri dal potenziale centro di pericolo, è circostanza oggettiva taciuta – quanto meno colpevolmente, stando all’affermata carenza conoscitiva – nella S.C.I.A. edilizia in sostituzione del permesso di costruire, che, al riguardo, si presenta inesatta e incompleta.

In particolare, quanto alla S.C.I.A. edilizia in sostituzione del permesso di costruire – in disparte la questione dell’applicabilità dell’art. 19 della legge n. 241/1990 – è comunque necessario che sia completa e veritiera la “dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”, richiesta dall’art. 23, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001.

In presenza di una dichiarazione inesatta e/o incompleta e/o non veritiera e/o erronea (dolosamente o colposamente), dunque, la S.C.I.A. – anche in alternativa al permesso di costruire – non si perfeziona, sicché ben può l’Amministrazione accertare e dichiarare, in qualunque momento (e ciò consente anche di disattendere le censure di tardività formulate avverso gli atti comunali gravati, complessivamente considerati), l’inefficacia della segnalazione (come sostanzialmente avvenuto nel caso di specie), considerato che, “per giurisprudenza consolidata, allorché il legislatore introduca strumenti di semplificazione dell’attività amministrativa, quali la d.i.a. od il silenzio assenso, presupposti perché la fattispecie possa essere produttiva di effetti sono, indefettibilmente, la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell’autocertificazione (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3263) dovendo l’interessato rappresentare all’Amministrazione tutti gli elementi necessari all’istruttoria procedimentale (Consiglio di Stato sez. V, 8 marzo 2006, n. 1210)” (Consiglio di Stato Sez. VI, 05 giugno 2015, n. 2774) (Consiglio di Stato, sezione sesta, 7 aprile 2021, n. 2799).

Le esigenze di protezione dell’affidamento del privato, cui sono finalizzate le regole garantistiche per l’esercizio dell’ “autotutela”, richiedono la sussistenza di alcuni requisiti minimi (precisati, in particolare, nel succitato art. 23, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001), in assenza dei quali la S.C.I.A. (e, prima , la D.I.A.) resta inefficace, con conseguente sottoposizione delle opere realizzate – da ritenere prive di titolo – agli ordinari poteri repressivi dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, sezione sesta, 24 marzo 2014, n. 1413).

Sotto altro profilo, l’oggettiva, evidente e come sopra incontrastata collocazione delle opere edilizie in questione, ricadente tra le categorie ambientali “C”, nella fascia dei duecentocinquanta metri dal preesistente impianto a rischio di incidenti rilevanti è riconducibile alla fattispecie della mancanza di conformità alla disciplina generale di governo del territorio, attinente alla sfera della sicurezza pubblica.

Per quanto riguarda la vicinanza degli impianti (come detto, oggettiva, evidente e incontrastata), è in concreto irrilevante l’invocata conoscenza da parte del comune, atteso l’onere dichiarativo incombente sulla parte interessata in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti la realizzazione dell’intervento edilizio.

Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso è stato respinto.