L’annullamento del titolo in sanatoria, di Fabio Cusano

Con sentenza 2 novembre 2023, n. 5943, il TAR Napoli, sez. VIII, ha ribadito che i provvedimenti amministrativi adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione pubblica ex art. 21-novies della L. 241/1990 anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi (ridotto a dodici), fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nei confronti del dichiarante.

I ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del 2020 con il quale il Comune di Caserta ha annullato il titolo abilitativo edilizio (condono edilizio) del 1997, rilasciato ai sensi della legge 724/94.

Ad avviso del TAR, il ricorso è infondato e va respinto.

Sono da respingere le prime due censure con le quali si sostiene che l’Amministrazione avrebbe violato 21-nonies della legge n. 241/90 e il principio del legittimo affidamento, in considerazione del fatto che il provvedimento di annullamento del titolo abilitativo in sanatoria sarebbe stato adottato oltre il termine di diciotto mesi previsto dalla disposizione sopra citata e risulterebbe comunque carente di un’idonea motivazione per quanto attiene l’assenza di una valutazione sull’interesse pubblico ritenuto prevalente.

Malgrado il tempo trascorso (23 anni dal condono) si è accertato che le opere non avrebbero potuto essere condonate in quanto non risultavano ultimate alla data prescritta dall’art. 39 della L. 724/1994 e, quindi, entro il 31 dicembre 1993.

È evidente che i ricorrenti hanno indotto in errore l’Amministrazione, mediante la sottoscrizione di un’apposita dichiarazione sostitutiva circa l’effettiva ultimazione delle opere oggetto del condono, dichiarando esistente un presupposto indispensabile per la concessione del condono, così come previsto dall’art. 39 comma 1 della L. 724/1994, presupposto poi rivelatosi del tutto assente.

Una tale circostanza è di per sé sufficiente a determinare l’insorgere di un obbligo di annullamento del titolo abilitativo già emanato e senza che sia possibile individuare affidamenti di sorta (T.A.R. Campania, Salerno, 13 luglio 2005, n. 127615).

Precedenti pronunce hanno confermato la natura vincolata dell’annullamento in caso di falsa, infedele, erronea o anche solo inesatta rappresentazione dello stato di fatto preesistente al rilascio del permesso illegittimo, circostanza che rende irrilevante l’atteggiamento doloso o colposo in cui versa il privato (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 17 ottobre 2016, n. 4737; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 23 marzo 2015, n. 654).

In presenza di un’erronea rappresentazione della realtà da parte del privato si è evidenziato come non hanno pregio le considerazioni dirette a evidenziare nemmeno il decorso di un lasso di tempo estremamente ampio (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 10 aprile 2014, n. 206645; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 17 ottobre 2016, n. 4737).

Si è affermato, inoltre, che i provvedimenti amministrativi adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione pubblica ex art. 21-novies della Legge n. 241/1990 anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nei confronti del dichiarante (Cons. giust. amm. Sicilia Sent., 07/01/2021, n. 12).

In tali fattispecie l’annullamento d’ufficio assume la caratterizzazione di un annullamento doveroso e, ciò stante la necessità di procedere al ripristino della legalità violata, circostanza che assume valore preponderante di talché l’interesse pubblico, che giustifica l’annullamento in autotutela, è sussistente in re ipsa, in quanto vi è la prevalenza di dell’esigenza di rimuovere le illegittimità emerse.

In conclusione, l’infondatezza di tutte le censure proposte consente di respingere il ricorso.