La riforma urbanistica

Relazione del prof. Paolo Urbani al Convegno “Dall’urbanistica al governo del territorio”
Firenze, 19 aprile 2004

1. Prologo

Con l’introduzione del nuovo titolo V si ripropone il tema di una legge di principi in materia di governo del territorio.
La questione era già presente nella Costituzione del ’48 all’art.117 ma fino ad oggi in assenza delle cosiddette leggi cornice i principi sono stati desunti dalla legislazione vigente.
Al di là dell’esigenza di emanare i principi fondamentali per dar modo alle regioni di legiferare in un quadro di maggiore certezza, è evidente che nel settore che ci riguarda la legge di principi tende a recepire molti elementi innovativi che la caratterizzano come vera e propria riforma del settore.
Domandiamoci allora, preliminarmente, perché in un sistema giuridico s’interviene ai fini della sua riforma.
Le risposte possono essere diverse:
a) per fissare regole rispetto a fatti o fenomeni che l’ordinamento non ha disciplinato;
b) per introdurre nel sistema nuovi istituti o nuove regole;
c) per generalizzare su tutto il territorio nazionale la disciplina di istituti o di rapporti
la cui applicazione è oggetto parziale di qualche norma regionale;
d) per favorire lo sviluppo economico, per semplificare i processi – e per stare alla nostra materia – per migliorare la qualità della vita, per modernizzare le nostre città etc.
Direi che queste esigenze – più o meno – sono tutte presenti e poiché la Costituzione attribuisce alla legge regionale un ruolo “rinforzato” è bene che si proceda lì dove si è indugiato per più di trent’anni, a partire dall’attuazione dell’ordinamento regionale negli anni ’70.
Certamente nel tener fermo il punto dell’individuazione dei principi occorre che il parlamento si autolimiti e non invada la competenza legislativa regionale in materia oggi rafforzata dal nuovo 117.
Per meglio comprendere cosa significa individuare i principi fondamentali di una materia credo sia utile fare riferimento a quanto dispone la l.5 giugno 2003 n.131 “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3”. Ebbene questa legge, su questi aspetti, prevede tre cose: la prima, che per orientare la successiva attività legislativa del parlamento siano emanati decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali “che si traggono dalle leggi vigenti” attenendosi ai principi di esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità.
La seconda, che sempre nei decreti possono essere individuate le disposizioni che – attenendo alle stesse materie – rientrano nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi del 2 co dell’art.117.
La terza, che la legge indica quali siano i criteri direttivi cui ci si deve attenere nell’individuazione dei principi fondamentali per settori organici: tra questi merita particolare attenzione la lett b) dell’art.1 comma 6 che afferma che tra questi vi sia la “considerazione prioritaria delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili” e (lett.c) “il rispetto dei principi generali in materia di procedimenti amministrativi e di atti concessori o autorizzativi” ed infine (lett.d) la “considerazione
prioritaria del nuovo sistema dei rapporti istituzionali derivante dagli artt.114, 117 e 118 cost.”.
Ma non basta poiché la stessa legge prevede che ai sensi dell’art.117 2 lett. p) il governo emani decreti legislativi diretti ad individuare le funzioni fondamentali – essenziali per il funzionamento – di comuni, città metropolitane, province, nonché per il soddisfacimento dei bisogni primari delle comunità di riferimento”.
Di fronte a queste precise disposizioni si può osservare intanto una cosa: che la proposta di legge sembra voler precedere tutti questi adempimenti legislativi, ovvero li anticipi, con il rischio comunque di un qualche possibile contrasto non tanto con i decreti ricognitivi dei principi fondamentali, di per sé solo orientativi, ma con la corretta individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, nonché – e questo non va sottovalutato – con altre riforme in itinere, o già approvate, relativamente a materie, collegate o rientranti nel governo del territorio, ove le competenze legislative esclusive statali sono oggi costituzionalizzate: per queste ultime penso alla tutela dell’ambiente, per le prime, alla difesa del suolo oggetto della cosiddetta delega ambientale e dell’attuazione della Direttiva 2000/60, o al codice dei beni culturali, specie per la parte sui beni paesaggistici, entrato in vigore recentemente.

2. Il macrosettore “governo del territorio”: quali materie o submaterie vi rientrano?

Quanto ora affermato si ricollega alla proposta di legge in discussione che titola “principi fondamentali della materia governo del territorio” così come costituzionalizzata dal nuovo titolo V che tuttavia (art.1 co2) afferma che rientra nella nozione di governo del territorio l’urbanistica, l’edilizia, la difesa del suolo, la tutela del paesaggio e delle bellezze naturali nonché la cura degl’interessi pubblici funzionalmente collegati con le medesime materie. Si tratta di un consistente allargamento del quadro prospettico che dall’urbanistica passa a governo del
territorio facendovi rientrare per lo più tutte le discipline che in qualche modo incidono sugli usi del territorio.
Non si tratta sia ben chiaro di far rientrare tali discipline parallele nell’urbanistica ma semplicemente di far rientrare queste nel governo del territorio che è nozione più ampia.
Ma allora perché non anche la tutela dell’ambiente (così come era previsto nell’art.80 del DPR 616/77)?
L’inserimento di tali materie nel governo del territorio non incide sulla ripartizione delle competenze legislative, esclusive statali concorrenti o residuali, così come non determina la ripartizione delle funzioni amministrative connesse: mira solo a riconsiderare unitariamente tali materie il cui contenuto è strettamente connaturato alla trasformazione/conservazione dei beni sul territorio.
Ma trattandosi di legge di principi questa dovrebbe dettare i principi per le materie oggetto di disciplina concorrente: così infatti avviene per l’urbanistica e per l’edilizia.
Perché allora citare il paesaggio e la difesa del suolo (e perché non anche delle acque), materie la cui disciplina è di competenza esclusiva statale (rientrando nell’ampio concetto di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema) e per le quali, onde evitare d’ingererare equivoci, occorrerebbe comunque ribadirne la competenza legislativa statale?

3. Il settore dell’edilizia

Per quanto riguarda l’edilizia (che la Corte Cost. fa rientrare nel governo del territorio: sent.303/2003) è corretto individuarne i principi fondamentali con ciò risolvendo quando disposto nel TU edilizia che prevede che “le regioni desumono dalle disposizioni contenute nel presente TU i principi fondamentali”. Tra questi andrebbe ribadito quello dell’onerosità delle trasformazioni edilizie e quello che l’attività edilizia è subordinata all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria a totale carico del privato (art.31 l.u.) principio che invece non si rintraccia nel testo dell’art.10 del pdl ma che è contenuto nell’art.12 2 co TU. Ma questo è principio fondamentale della materia edilizia (desumibile dal TU) oppure é principio fondamentale della materia urbanistica?
Inoltre occorrerebbe ribadire la competenza esclusiva statale per la normativa tecnica, disciplina contenuta nel TU peraltro non ancora entrata in vigore.
3. Sui principi fondamentali del testo di legge in materia urbanistica I principi fondamentali individuati sono tutti condivisibili ma si ritiene che non tutti siano sufficientemente esplicitati quelli propri della disciplina urbanistica ricavabili dalla legislazione del ’42 e delle altre leggi susseguitesi nel tempo. (“principi che si traggono dalla legislazione vigente” art.1 co 4 l.131/2003).
Ad es. il principio della pianificazione è certamente affermato ma non abbastanza prevedendo ad es. che nessuna trasformazione è possibile senza un atto di pianificazione (può essere strategica flessibile strutturale ma è una pianificazione) (vedi art.41 quinquies l.u. cosiddetti standards ope legis, mod dall’art.4 l.10/77); principio che si collega a quello della salvaguardia del territorio. (un accenno vi è nell’art.8 del testo ove si legge “l’attuazione (del piano urbanistico) è comunque
subordinata all’esistenza o alla realizzazione delle dotazioni territoriali”.

3.1 I soggetti della pianificazione.
Sul tema il testo proposto ha subito sostanziali correzioni definendo infine il comune come soggetto primario del governo del territorio, salva diversa diposizione della legge regionale in caso di inadeguatezza e di esisenze di sussidiarietà. (ma perché non di differenziazione?) Ciò significa che la legge regionale, può prevedere ad es.

forme associative tra comuni per la redazione di atti di pianificazione di ambito sovracomunale, ma a nostro avviso non può spogliare il comune della funzione di pianificazione poiché questo confliggerebbe con l’art.117 2 co lett p) Cost. che attribuisce la competenza esclusiva allo stato nell’individuazione delle funzioni fondamentali dei comuni delle province e città metropolitane. E non vi è dubbio che la funzione di pianificazione del proprio territorio rientri storicamente tra le funzioni fondamentali degli enti primari. Né si dica che il comune può essere soggetto di governo del terriotorio senza i poteri di pianificazione perché sarebbe un non senso.
Manca invece nel testo qualunque riferimento alla provincia. Nell’art.5 alle regioni spetta individuare i soggetti competenti alla pianificazione del territorio implicitamente prevedendo che queste attribuiscano poteri di tal guisa alla province.
Ma anche qui la disposizione sembra porsi in contrasto con l’individuazione delle funzioni fondamentali di competenza esclusiva statale delle province (come escludere queste dal sistema della pianificazione soprattutto ora che la legislazione regionale ha attribuito ad esse la funzione di verifica e compatibilità della pianificazione comunale con la pianificazione di media area?). D’altronde, sempre la l.131 nel dettare le “guidelines” al legislatore delegato per individuare le funzioni fondamentali degli enti locali fa riferimento “all’esigenza di garantire per ciascun tipo
di ente le funzioni essenziali e imprescindibili per il soddisfacimento dei bisogni primari della comunità di riferimento, tenuto conto in via prioritaria delle funzioni storicamente svolte.” La domanda è: la funzione di pianificazione territoriale di coordinamento della provincia, anche in funzione di garantire l’osmosi consensuale delle pianificazioni di settore (art.57 del D.lgs.112/98), non costituisce funzione amministrativa insostituibile per il governo del territorio di media area?

3.2 Indennizzo in caso di vincoli urbanistici
il pdl Mantini recepisce correttamente il dettato della corte Cost (sent.179/99) dell’indennizzo da corrispondere al privato in caso di reiterazione del vincolo mentre il pdl governativo non ne parla.
Potrebbe essere aggiunto dopo il comma 3 dell’art.6. Qui è bene chiarire che non si tratta di principio fondamentale ma di disciplina della proprietà competenza esclusiva del legislatore statale.
Inoltre, si potrebbe determinare anche il calcolo dell’indennizzo a seguito di reiterazione del vincolo, che il TU espropriazioni non prevede, limitandosi solo alla disciplina relativa all’individuazione del giudice ordinario per la risoluzione delle controversie.
Perché non spostare, inoltre, il comma 7 dell’art.8 all’art.6 ove si parla della cosiddetta compensazione in caso di vincoli urbanistici?

4. Le competenze legislative esclusive statali

Nell’ambito della disciplina del governo del territorio permangono trasversalmente potestà legislative esclusive statali in alcuni settori chiave: concorrenza, diritto penale, ordinamento civile, (rapporti tra privati, disciplina della proprietà), determinazione livelli essenziali dei diritti sociali e civili (nel caso specifico contenuti minimi degli standard urbanistico-edilizi e contenuti minimi dei servizi alla persona).
Nella legge di principi quindi possono ben essere individuati gli oggetti di cui sopra con una disciplina anche di dettaglio che non deve limitarsi quindi a determinarne i soli principi fondamentali.
Si ritiene che in questi casi l’intervento legislativo sia necessario per dare “copertura legislativa” al legislatore regionale (vedi perequazione che incide sul diritto di proprietà e sulla relativa facoltà di godimento) sia per dare maggiore certezza agli operatori sui criteri e le regole cui deve attenersi l’affidamento, mediante procedimenti d’evidenza pubblica, della progettazione, realizzazione (e gestione) delle opere di urbanizzazione e dei servizi relativi dedotti all’interno di moduli
convenzionali urbanistici.
Si elencano qui i principali “vuoti” legislativi nei pdl presentati.

5. Principio di concorrenza e disciplina dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione.

La sentenza Corte di Giustizia Scala 2001 ha messo in evidenza che la realizzazione – a scomputo degli oneri – delle opere di urbanizzazione dedotte in un modulo convenzionale confligge con la direttiva 93/37 CE sulla base dell’esistenza di sei requisiti: a) la contrattualità; b) l’onerosità; c) la forma scritta; d) la qualifica soggettiva di amministrazione aggiudicatrice per una parte; e) la qualifica soggettiva d’imprenditore per l’altra; f) la natura di opera pubblica oggetto di lavori.
Dopo le modifiche della legge 166/2002 le procedure di evidenza pubblica si applicano solo alle singole opere il cui valore sia superiore ai 5 milioni di E. La Commissione Europea con nota del 17/12/2002 ha ritenuto la disciplina in contrasto per le opere sotto soglia non con la direttiva 93/37 bensì con i principi di diritto comunitario (libertà di stabilimento, libera circolazione dei servizi, non discriminazione). Nel caso Teleaustria (AC 324/98) la Corte di giustizia ha affermato
che le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a garantire quella trasparenza indispensabile per garantire la partecipazione degli operatori di altri stati membri.
Principi che sarebbero disattesi in base alla modifica apportata all’art.2 della l.109/94 dalla successiva l.166/002. Inoltre – come era prevedibile – le censure della Commissione si sono appuntate sulla disposizione che prevede l’evidenza pubblica solo per le singole opere sopra soglia comunitaria, ritenendo l’amministrazione comunitaria che la valutazione dev’essere fatta sul valore compressivo delle opere dedotte in convenzione, avendo quest’ultima valore di contratto.
Più in generale, e senza poter approfondire nel merito le questioni giuridiche, si deve ritenere che anche le opere di urbanizzazione realizzate dal privato fuori oneri di urbanizzazione – cosiddetti oneri d’infrastrutturazione – ma dedotte in un contratto (convenzione urbanistica) si applichino le medesime forme di pubblicità e di evidenza pubblica.
Non si conosce il contenuto della risposta italiana alle censure della Commissione: resta il fatto che l’attuale disciplina è esposta non solo a ricorsi amministrativi e contenziosi con prevedibile esito positivo per i ricorrenti ma che nello stesso tempo si genera negli operatori una situazione di incertezza specialmente per tutte le operazioni di riconversione urbana in atto.
Sarebbe assai utile che il testo di legge disciplinasse il sistema di affidamento delle opere di urbanizzazione dedotte negli accordi negoziali nel rispetto della disciplina generale della l.109/94 e della disciplina comunitaria.

6. Standards urbanistici e determinazione livelli essenziali dei diritti sociali e civili

La legislazione urbanistica (L.765/68 e DM 1444/68) ha introdotto nell’ordinamento il principio dello standard urbanistico-edilizio che riguarda la “necessaria” riserva di aree pubbliche a garanzia degli spazi per attrezzature e servizi pubblici, differenti per zone omogenee. Nulla ha affermato ma la legislazione urbanistica per quanto riguarda l’effettiva dotazione di servizi alla persona e di tipo reale.
La legislazione regionale (vedi in primis piano dei servizi in Lombardia) e l’introduzione del programma triennale delle opere pubbliche obbligatorio per tutti i soggetti pubblici competenti alla realizzazione delle stesse ha posto il problema, specie a livello comunale, del collegamento tra edificabilità delle aree e dotazione effettiva dei servizi (non quindi solo delle aree pubbliche per). L’art.6 co. 2 prevede che il piano debba “documentare lo stato dei servizi esistenti”.
Se colleghiamo questa disposizione con quella già citata dell’art.8 che prevede che l’attuazione del piano è subordinata all’esistenza o alla realizzazione delle dotazioni territoriali, possiamo dire che il legislatore abbia ancorato la trasformazione dei suoli a queste ultime.
La norma cioè individua correttamente il principio fondamentale del collegamento tra pianificazione e servizi ma lasciando impregiudicato il problema degli standard minimi dei servizi, obliterando per di più quello degli standard minimi urbanistici (gli spazi).
I pdl parlano solo di “idoneo livello di accessibilità e fruibilità” (Mantini) e di “dotazione necessaria” (Lupi) senza specificarne la cosiddetta soglia minima che assicuri in tal modo parità di trattamento tra tutti i cittadini nel territorio nazionale.
In tal modo si rischia di lasciare privo di parametri di riferimento oggettivi (e non soggettivi) un profilo determinante delle politiche urbanistiche e di non rendere neppure più vincolante la disciplina minima contenuta nell’art.41 quinquies l.u.
Ma la determinazione dei livelli essenziali dei servizi è competenza esclusiva statale non oggetto solo di principi fondamentali, la cui disciplina potrebbe essere ben ricompresa nel testo così come si disciplinano le funzioni ed i poteri statali in materia urbanistica. Si tratta in breve di assicurare per tutto il territorio nazionale nuovi standards minimi già a suo tempo previsti dal DM n.1444 del 1968.
A tale proposito ci si domanda che fine faccia la distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria nel concetto di “dotazioni territoriali”.
La questione non è irrilevante soprattutto se il legislatore adottasse la scelta di abrogare tutta la legislazione urbanistica vigente
Si richiama inoltre quanto previsto dalla l.131/2003 che prevede appunto tra i criteri per individuare i principi fondamentali la “considerazione prioritaria delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili”.

7. Perequazione urbanistica


I pdl introducono positivamente nell’ordinamento il principio della perequazione urbanistica.

Senza entrare nel merito della disciplina che mira alla cosidetta indifferenza dei proprietari in rapporto alla pianificazione ed a ridurre le diseguaglianze, ci si concentra sul concetto di diritto edificatorio e sulla loro commerciabilità.
I problemi sollevati da tale disciplina, che richiedono un approfondimento normativo nel testo di legge sulla base della competenza esclusiva statale (art.117 2 co. lett.l) possono essere così riassunti.
La commerciabilità dei diritti edificatori sembrerebbe possibile anche tra diversi ambiti oggetto di trasformazione urbanistica. La loro commerciabilità coinvolge il profilo dei rapporti contratturali tra tradens ed accipiens intendendo il primo colui il quale è detentore dei diritti edificatori derivanti dalla pianificazione della propria area ed il secondo come colui che intende avvalersi di tali diritti per acquisirli sul proprio terreno. In breve si tratta della disciplina del contratto di volumetria oggetto di dispute giurisprudenziali sulla natura del diritto e sulla qualificazione del contratto.
Senza poter entrare in questa sede nel merito delle questioni, si rileva che la problematica involge questioni di diritto civile e di disciplina della proprietà, di tutela dei terzi e di rapporti con l’amministrazione, di durata nel tempo di tali crediti volumetrici.
Inoltre, a tutela dei terzi, non sembra possibile percorrere la strada della registrazione nella Conservatoria dei registri immobiliari che non conosce di tali diritti.
Sembra quindi necessario che i progetti non si limitino alla sola enunciazione dei principi ma provvedano ad attenta disciplina della materia de qua onde evitare inimmaginabili contenziosi e difficoltà per il legislatore regionale cui non compete la disciplina degli aspetti civilistici.

Paolo Urbani
Roma 20 marzo 2004