La Corte costituzionale cassa la disciplina dell’individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici della Regione Friuli-Venezia Giulia di Fabio Cusano

Corte Cost 216 2022

 

Con la sentenza n. 216 del 21 ottobre 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, cc. 17[1] e 18[2], della L.R. Friuli-Venezia Giulia 2 novembre 2021, n. 16.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 4, cc. 17 e 18, della L.R. Friuli-Venezia Giulia 16/2021 per contrasto con l’art. 117, c. 3, Cost., nonché con i limiti stabiliti dagli artt. 4 e 5 della l. cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale del FVG) alle competenze legislative attribuite alla Regione.

Il ricorrente ha impugnato il c. 17 poiché tale disposizione dovrebbe essere ricondotta alla materia di competenza concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” e dovrebbe pertanto rispettare i principi fondamentali contenuti nel d.lgs. 387/2003 e nel d.lgs. 28/2011, nonché nel d.m. 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili)[3].

Il ricorrente ha impugnato altresì il c. 18 poiché le norme impugnate non baserebbero il divieto di installazione di nuovi impianti su una valutazione puntuale e in concreto delle aree dichiarate “non idonee”, ma ipostatizzano i controinteressi pubblici alla realizzazione degli impianti, precludendo il bilanciamento in concreto e la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati, che il Legislatore statale affida al procedimento amministrativo di pianificazione.

Si è costituita in giudizio la Regione, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.

Nel merito, la resistente ha sostenuto che le citate LG non possono essere ritenute vincolanti nel loro dettaglio per la Regione autonoma, stante la normativa energetica speciale contenuta nel d.lgs. 23 aprile 2002, n. 110.

La resistente ha altresì sottolineato che tali previsioni non dettano limitazioni generali ed astratte, bensì menzionano aree, delimitate e normalmente di ridotta estensione, già previamente specificamente individuate mediante i pertinenti ed idonei procedimenti amministrativi. In relazione a tali siti, già vi sarebbe stata una valutazione degli interessi concorrenti indicati al § 17 delle LG; proprio sulla base di tale valutazione il Legislatore statale avrebbe ritenuto tali aree inidonee all’installazione di specifici impianti.

Con riferimento al c. 18, secondo la resistente, la discrezionalità nel valutare se la realizzazione dell’impianto comprometta un bene paesaggistico sarebbe in realtà ridotta, in quanto guidata dalle oggettive e precostituite valutazioni del Piano paesaggistico.

In conclusione, i criteri di cui all’impugnato c. 18 non prescriverebbero una prevalenza astratta e aprioristica dell’interesse paesaggistico, bensì richiederebbero una valutazione in concreto caso per caso, all’esito della quale l’interesse alla tutela del paesaggio si imporrebbe ove non vi fosse compatibilità paesaggistica.

Come in precedenza affermato dalla Corte, “la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, riconducibile alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” (art. 117, terzo comma, Cost.), deve conformarsi ai principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003, nonché, in attuazione del suo art. 12, comma 10, dalle menzionate Linee guida (ex plurimis, sentenze n. 258 del 2020, n. 106 del 2020, n. 286 del 2019 e n. 69 del 2018)” (sentenza 177/2021).

Con riferimento a queste ultime, inoltre, è stato costantemente ricordato che esse, “approvate in sede di conferenza unificata, sono espressione della leale collaborazione tra Stato e Regioni e sono, pertanto, vincolanti, in quanto “costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria” (sentenza n. 86 del 2019). Nell’indicare puntuali modalità attuative della legge statale, le linee guida hanno “natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)” (sentenza n. 106 del 2020)” (ancora, sentenza 177/2021).

Anche le disposizioni contenute nelle LG, quindi, “sono annoverate – per giurisprudenza costante di questa Corte – tra i principi fondamentali della materia, vincolanti nei confronti delle Regioni” (sentenza 77/2022).

Questi principi sono stati ritenuti applicabili anche nei confronti della Regione autonoma FVG dalla sentenza 148/2019; in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, “lo statuto speciale di autonomia non prevede, in favore della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, alcuna competenza legislativa” e “opera, pertanto, la clausola di equiparazione di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche altitolo V della parte seconda della Costituzione)”. Nella medesima pronuncia si è altresì chiarito che il Legislatore regionale autonomo è “parimenti tenuto al rispetto delle norme fondamentali della materia, quali poste dalla normativa statale”.

La Corte ha ribadito tali conclusioni nella sentenza in commento. Il d.lgs. 110/2002 – lungi dallo stabilire un regime proprio e speciale della Regione in materia di energia, come sostenuto la difesa regionale – ha la funzione, già riconosciuta dalla sentenza 148/2019, di dare attuazione alla competenza concorrente in materia di energia che al FVG è stata attribuita in forza dell’art. 10 della l. cost. 3/2001.

Traendo origine non dallo statuto, bensì dalla c.d. clausola di maggior favore, la competenza legislativa così acquisita dalla Regione autonoma è soggetta al «regime complessivo del Titolo V» (sentenza 119/2019), che comprende, per le materie di cui all’art. 117, c. 3, Cost., l’obbligo di rispettare i principi fondamentali stabiliti dallo Stato; principi che nella materia all’esame sono dettati, come si è già ricordato, dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e dalle LG da esso previste.

Ciò posto, la disposizione impugnata si pone effettivamente in contrasto con la disciplina disegnata dalle LG.

Il § 17 delle LG dispone che «le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti». Tale individuazione deve avvenire «attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». Le aree non idonee sono quindi individuate dalle Regioni «nell’ambito dell’atto di programmazione», nel quale devono essere richiamati gli esiti dell’istruttoria svolta, contenenti «in relazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate».

Sulla base di tale disciplina, la Corte ha più volte affermato che «la dichiarazione di inidoneità deve … risultare quale provvedimento finale di un’istruttoria adeguata volta a prendere in considerazione tutta una serie di interessi coinvolti», e che «in ogni caso l’individuazione delle aree non idonee deve avvenire a opera delle Regioni attraverso atti di programmazione» (sentenza 86/2019); cosicché «una normativa regionale, che non rispetti la riserva di procedimento amministrativo e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, impedisce la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa dell’Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011)» (sentenza 177/2021).

In applicazione di questi principi, in diverse occasioni sono state dichiarate costituzionalmente illegittime discipline regionali che, in contrasto con le LG, avevano individuato esse stesse le aree inidonee all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (sentenze 121/2022, 177/2021, 106/2020, 86/2019 e 69/2018).

Dunque, la Corte ha condiviso le argomentazioni del ricorso statale fondate su un duplice ordine di presupposti, labilmente contestati dalla resistente: a) la previsione di un’apposita istruttoria finalizzata all’individuazione di aree non idonee ai sensi del § 17 delle LG impone alla Regione di attivare un procedimento amministrativo nel quale vengano bilanciati, da un lato, l’interesse alla massima diffusione delle energie rinnovabili, e, dall’altro, gli interessi alla tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale; b) in base al medesimo § 17 tale istruttoria è destinata a sfociare non già in una legge, ma – come costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte – in un atto di programmazione avente natura di provvedimento amministrativo, con il quale vengano individuate le aree non idonee.

L’incompatibilità del c. 17 con le LG, enuncianti principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», vincolanti anche per la Regione autonoma, ne determina l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, c. 3, Cost.

Con riferimento al c. 18 e alla dibattuta discrezionalità ad esso sottesa, la Corte ha affermato che, sulla base del quadro normativo delineato dalle LG, nella materia del sostegno alla produzione di energia derivante da fonti alternative, non può riconoscersi alle Regioni il potere di provvedere autonomamente, per legge, “alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa (sentenza n. 168 del 2010; in termini simili anche le sentenze n. 106 del 2020, n. 298 del 2013 e n. 308 del 2011), né a fortiori quello di creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106 del 2020 e n. 286 del 2019)” (sentenza 121/2022).

Invero, attraverso le LG, lo Stato e le Regioni hanno congiuntamente definito una serie di criteri funzionali alla individuazione di punti di equilibrio sostenibili fra un largo spettro di interessi: il rispetto dei “vincoli imposti dalla normativa dell’Unione europea, così come degli obblighi assunti a livello internazionale con la legge 1° giugno 2002, n. 120 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997) e con la legge 4 novembre 2016, n. 204 (Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015), nel comune intento “di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra” (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)” (sentenza 121/2022); la tutela del paesaggio e del territorio; la necessità di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale ai soggetti privati interessati alla realizzazione degli impianti.

Ampio spazio è inoltre riconosciuto all’autonomia delle Regioni a valle delle LG. Esse sono, infatti, chiamate a concretizzare tali complessi bilanciamenti nell’ambito dei singoli territori regionali, attraverso procedimenti amministrativi destinati a sfociare negli atti di programmazione menzionati dal § 17 delle LG, nei quali ben possono essere individuate le aree non idonee alla installazione degli impianti; atti a loro volta destinati a orientare la discrezionalità amministrativa nei procedimenti relativi alle domande di autorizzazione dei singoli impianti.

Ciò che invece, nel vigore dell’attuale quadro normativo, non è consentito alle Regioni è dettare direttamente per legge criteri generali per la localizzazione degli impianti ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla legislazione statale e dalle stesse LG: ancor più quando tali criteri si risolvano, in pratica, in divieti assoluti di concedere autorizzazioni in singole porzioni del territorio regionale.

Da ciò consegue l’illegittimità costituzionale del c. 18, anche in questo caso per violazione dell’art. 117, c. 3, Cost.

Per questi motivi la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, cc. 17 e 18, lett. a, de f della L.R. Friuli-Venezia Giulia 16/2021.

[1] In particolare il c. 17 sanciva che “Non sono idonee per la realizzazione degli impianti fotovoltaici a terra di cui al comma 16: a) le aree individuate dal piano regolatore comunale in esito alla conformazione al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita, ai sensi dell’articolo 14 delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del PPR; b) i siti regionali inseriti nella lista del patrimonio mondiale culturale e naturale riconosciuto dall’UNESCO e nelle relative zone tampone, nonché i siti per i quali è stata presentata la candidatura per il riconoscimento UNESCO; c) i siti Natura 2000 e le aree naturali tutelate ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), e della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42 (Norme in materia di parchi e riserve naturali regionali); d) le aree e i beni di notevole interesse culturale di cui alla parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), le aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del decreto legislativo 42/2004 e i relativi ulteriori contesti, le zone di interesse archeologico e gli ulteriori contesti d’interesse archeologico, nonché le aree a rischio potenziale archeologico indicate nel PPR o negli strumenti urbanistici comunali; e) le aree ricadenti nei beni paesaggistici di cui all’articolo 142, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, o loro ulteriori contesti, o in generale ulteriori contesti, ferma restando la facoltà del richiedente di presentare documentazione idonea a dimostrare la non interferenza degli impianti con gli obiettivi e la disciplina d’uso previsti dal PPR; f) le aree agricole ricomprese in zone territoriali omogenee F di “Tutela ambientale” individuate dagli strumenti urbanistici generali comunali adeguati al PURG; g) le aree localizzate in comprensori irrigui serviti dai Consorzi di bonifica e oggetto di riordino fondiario; h) le aree agricole che rientrano nelle classi 1 e 2 di capacità d’uso secondo la Land Capability Classification (LCC) del United States Department of Agriculture (USDA) e individuate nella Carta regionale di capacità d’uso agricolo dei suoli, ferma restando la facoltà del richiedente di presentare idonea documentazione e, in particolare, una relazione pedologica, finalizzata alla riclassificazione delle aree di interesse aziendale”.

Il c. 16 sancisce che “La Regione, ai sensi del decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), e del Piano paesaggistico regionale (PPR), disciplina i criteri per la localizzazione e la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1 MW, con particolare riferimento alle zone territoriali omogenee E “Usi agricoli e forestali” e F “Tutela ambientale” del Piano urbanistico regionale generale (PURG), approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale del 15 settembre 1978, n. 0826/Pres., che trovano applicazione sino al compimento, a cura della Regione, degli adempimenti previsti dalla disciplina statale attuativa della legge 22 aprile 2021, n. 53 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020), per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili”.

[2] Il c. 18 sancisce che  “Ferme restando le esclusioni di cui al comma 17, la realizzazione degli impianti fotovoltaici a terra di cui al comma 16 è subordinata al rispetto delle seguenti condizioni: a) che la realizzazione dell’impianto non comprometta un bene paesaggistico alterando negativamente lo stato dell’assetto scenico-percettivo e creando un notevole disturbo della sua leggibilità; b) che sia dimostrata, con adeguata documentazione, la compatibilità e la non interferenza degli impianti con gli obiettivi della Parte statutaria del PPR, della Rete ecologica regionale, della Rete dei beni culturali, della Rete della mobilità lenta di cui alla parte strategica del PPR e con i relativi ulteriori contesti; c) che la realizzazione dell’impianto non interrompa la connettività ecologica e non interessi paesaggi rurali storici; d) che l’impianto sia posto in aree non visibili da strade di interesse panoramico, non comprometta visuali panoramiche o coni visuali e profili identitari tutelati dal PPR o dagli strumenti urbanistici comunali conformati al PPR o in corso di conformazione al PPR e adottati; e) che sia assicurato il raggiungimento degli obiettivi di qualità paesaggistica di cui all’allegato B3 del PPR recante l’Abaco delle aree compromesse e degradate; f) che sia assicurato il contenimento del livello di compromissione e di degrado determinato dalla dimensione e dalla concentrazione degli impianti fotovoltaici a terra di cui al comma 16, che ai sensi dell’articolo 33 delle NTA del PPR qualificano la superficie interessata quale area compromessa e degradata, in ragione della morfologia del territorio, del bacino visuale, della prossimità, delle loro dimensioni e della tipologia in un medesimo ambito di paesaggio del PPR”.

[3] Tali linee guida, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, hanno «natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale» (sentenze 177/2021, 69/2018 e 308/2011).