Il termine di efficacia del permesso di costruire di Fabio Cusano

TAR_CZ_706_2023

 

Con la sentenza n. 706 del 5 maggio 2023, il TAR Calabria (Catanzaro, sez. II) ha ribadito che ai sensi dell’art. 15, comma 2, del DPR 380/2001, l’effetto della decadenza del permesso di costruire si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio dei lavori entro il termine annuale fissato dalla legge. L’effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all’entità e alle dimensioni dell’intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò all’evidente scopo di evitare che il termine per l’avvio dell’edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici e, quindi, non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare del permesso di procedere alla costruzione. Pertanto, i lavori di costruzione del manufatto assentito possono reputarsi effettivamente iniziati quando siano di consistenza tale da comprovare l’effettiva volontà del beneficiario dello stesso di realizzare quanto da lui progettato. Non sono ritenuti, ex se, sufficienti a comprovare un serio animus aedificandi, e.g., la recinzione dell’area di intervento, l’allestimento e messa in sicurezza del cantiere, lo sbancamento e il livellamento del terreno, la realizzazione di minime opere di scavo e di sottofondazione, nonché di limitate opere di fondazione.

Il Comune di Corigliano Rossano ha rilasciato in favore del ricorrente il permesso a costruire per la realizzazione di un fabbricato da adibire alla lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli con annessi uffici e abitazione. Il permesso a costruire prevedeva che l’inizio dei lavori dovesse avvenire entro un anno dalla data di rilascio.

Il ricorrente riferisce di aver inviato al Comune, prima della scadenza dell’anno dal rilascio del permesso, la comunicazione di inizio dei lavori e di aver immediatamente dato seguito alle opere di espianto di fusti arborei e allo scavo delle fondazioni dell’edificio con annesse opere complementari.

Il ricorrente ha formulato al Comune istanza di proroga del termine finale per la conclusione dei lavori ai sensi dell’art. 103 del D.L. n. 18/2020 e ai sensi dell’art. 10, comma 4, D.L. n. 76/2020.

Il ricorrente ha anche presentato al Comune una richiesta di variante del permesso a costruire.

Il Comune non ha accolto la richiesta di estensione del termine di fine lavori, né ha acconsentito alla variante al permesso a costruire.

Il ricorrente ha impugnato la nota del Comune, chiedendone l’annullamento.

Ad avviso del TAR Catanzaro, il ricorso è infondato.

Precisa, innanzitutto, il Collegio che il provvedimento impugnato in questo giudizio – interpretato sulla scorta del potere in concreto esercitato dal Comune – ha un duplice contenuto: da un lato, accerta e dichiara la decadenza del permesso a costruire e, dall’altro lato, rigetta l’istanza di proroga del termine finale dei lavori, nonché l’istanza di variante al permesso a costruire.

Le censure non sono fondate per l’assorbente motivo che risulta dimostrato in giudizio che il ricorrente non abbia concretamente iniziato i lavori di realizzazione dell’opera entro un anno dal rilascio del permesso a costruire.

In termini generali, il Collegio evidenzia che l’effetto della decadenza del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 15, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio dei lavori entro il termine annuale fissato dalla legge.

L’effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all’entità e alle dimensioni dell’intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò all’evidente scopo di evitare che il termine per l’avvio dell’edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici e, quindi, non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare del permesso di procedere alla costruzione (cfr. TAR Lazio – Roma, Sez. II, 5 settembre 2019, n. 10766).

La giurisprudenza ritiene, pertanto, che i lavori di costruzione del manufatto assentito possano reputarsi effettivamente iniziati, quando siano di consistenza tale da comprovare l’effettiva volontà del beneficiario dello stesso di realizzare quanto da lui progettato.

Non sono ritenuti, di per sé, sufficienti a comprovare un serio animus aedificandi, ad esempio, la recinzione e la pulizia dell’area di intervento, l’allestimento e messa in sicurezza del cantiere, lo sbancamento e il livellamento del terreno, la realizzazione di minime opere di scavo e di sottofondazione, nonché di limitate opere di fondazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 giugno 2021, n. 4239; TAR Salerno, 6 marzo 2023, n. 523).

Nel caso di specie, a fronte dell’accertamento del Comune in merito al mancato inizio dei lavori entro l’anno dalla data di rilascio del permesso a costruire, il ricorrente si è limitato ad affermare genericamente in atti di aver eseguito opere di espianto di fusti arborei e allo scavo delle fondazioni dell’edificio con annesse opere complementari, senza fornire riscontro probatorio.

Sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale sopra citato, le opere di estirpazione delle piante nel cantiere e di mero scavo delle fondazioni non sono ritenute attività sufficienti a comprovare un effettivo “inizio dei lavori”, rilevante ai sensi dell’art. 15 del DPR n. 380 del 2001.

Deve, infine, aggiungersi che non è reputato sufficiente ad impedire la decadenza del permesso a costruire, per l’inutile decorso del termine annuale di cui all’art. 15 del DPR n. 380 / 2001, il semplice invio di una comunicazione di inizio dei lavori, non accompagnata dalla concreta realizzazione delle opere (cfr. TAR Napoli, Sez. II, 26 maggio 2011, n. 2855).

Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente ha inviato una comunicazione di inizio dei lavori che non poteva nemmeno essere ritenuta pienamente efficace, in quanto ad essa non era stata allegata la copia di avvenuto deposito del progetto presso l’ufficio regionale competente (ex Genio Civile), così come rilevato dal Comune nel provvedimento impugnato.

Ed è noto che ai sensi dell’art. 93 del DPR n. 380/2001, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, “chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, […] Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori”. Prosegue l’art. 94 che “nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione”.

L’autorizzazione sismica, pertanto, è sempre necessaria per poter legittimamente iniziare i lavori di realizzazione dell’opera assentita dal permesso a costruire (cfr. TAR Catanzaro, Sez. II, 24 gennaio 2018, n. 202).

In conclusione, alla luce dei plurimi elementi sopra citati, deve ritenersi legittimo il provvedimento del Comune che ha dichiarato decaduto il permesso a costruire per mancato inizio dei lavori entro un anno dal suo rilascio.

Con un secondo ordine di censure, il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui non accoglie l’istanza di proroga del termine per la conclusione dei lavori, né l’istanza di variante al permesso a costruire, in quanto tale provvedimento non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e dell’avviso di preavviso di rigetto ex art. 10 bis della L. 241/1990. Il ricorrente non sarebbe stato, quindi, in condizione di conoscere le ragioni poste alla base del rigetto della variante richiesta.

Le censure non sono fondate. Una volta ritenuto decaduto il permesso a costruire, il mancato accoglimento dell’istanza di proroga del termine di conclusione dei lavori e della variante richiesta appaiono decisioni logicamente conseguenziali da parte del Comune e, quindi, vincolate.

Non può evidentemente essere concessa alcuna proroga o variante ad un permesso a costruire non più efficace.

In conclusione, il ricorso non è fondato ed è stato rigettato.