Il diritto alla restituzione del contributo di costruzione di Fabio Cusano

TAR_RM_7699_2023

 

Con sentenza n. 7699 dell’8 maggio 2023, il TAR Lazio (Roma, sez. II quater) ha ribadito che a fronte della sopravvenuta decadenza del permesso di costruire, ovvero della rinuncia allo stesso, da parte del relativo titolare, il Comune non ha più titolo a trattenere le somme complessivamente percepite a titolo di oneri concessori, con conseguente obbligo di restituirle. Ed infatti il pagamento degli oneri di cui al citato art. 16, D.P.R. 380/2001 trova titolo non già nel mero rilascio formale del permesso di costruire, quanto piuttosto nella sostanziale trasformazione del preesistente assetto urbanistico-edilizio del territorio comunale, determinata dalla realizzazione del proposito edificatorio assentito. La mancata alterazione del preesistente assetto urbanistico-edilizio conseguente alla sopravvenuta decadenza del titolo autorizzativo ovvero alla rinuncia allo stesso, da parte del relativo titolare, priva, dunque, di “causa” l’obbligazione di pagamento degli oneri concessori adempiuta dall’interessato, con conseguente diritto di quest’ultimo ad ottenerne la ripetizione, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. (c.d. indebito oggettivo). Il diritto alla restituzione, proprio in quanto connesso, dal punto di vista causale, alla realizzazione del proposito edificatorio, sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente, con conseguente diritto in capo all’interessato, di ottenere la rideterminazione del contributo e la restituzione della quota di esso calcolata con riferimento alla porzione non realizzata.

Il ricorrente, titolare del permesso di costruire avente ad oggetto la realizzazione di un intervento edilizio su un’area sita nel territorio comunale di Pomezia, ha chiesto che il TAR accerti l’obbligo del predetto Comune di corrisponderle le somme versate quali oneri concessori nonché di restituirle le polizze fideiussorie. Tale obbligo troverebbe titolo nell’intervenuta decadenza, per mancata realizzazione del proposito edificatorio entro i termini di cui all’art. 15 del DPR n. 380/2001, del suddetto permesso di costruire, la cui istanza di proroga non sarebbe stata evasa dal Comune, nonostante i numerosi solleciti.

Ad avviso del TAR Roma, il ricorso è fondato e, come tale, deve essere accolto.

Tenuto conto delle deduzioni difensive dell’amministrazione comunale, è rimasto incontestato, tra le parti, che i lavori di cui al permesso di costruire non sono iniziati entro l’anno dal rilascio del titolo né, invero, in epoca successiva. È, inoltre, incontestato che la società ricorrente abbia complessivamente versato al Comune, a titolo di oneri concessori, una ingente somma oltre ad aver stipulato le polizze fideiussorie.

Rebus sic stantibus, deve ritenersi provato, ai sensi dell’art. 64 c.p.a., il presupposto di fatto a cui l’art. 15 comma 2 del DPR.n. 380/2001 ricollega la decadenza ipso iure del titolo autorizzativo, ovvero il mancato rispetto, da parte del relativo titolare, del termine di avvio dei lavori. L’intervenuta decadenza ope legis, per tale ragione, del titolo in parola, è stata, del resto, ammessa dallo stesso Comune.

Vero è che la società ricorrente ha avanzato istanza di proroga del titolo, ma tale istanza non può ritenersi ostativa al perfezionamento della fattispecie decadenziale summenzionata. Innanzitutto, la proroga del titolo è stata chiesta soltanto ben oltre il termine massimo di avvio dei lavori, e, quindi, a fattispecie decadenziale già maturata.

In ogni caso, a fronte della mancata evasione dell’istanza de qua, la ricorrente ha avvertito il Comune che, ove l’inerzia fosse persistita, la richiesta di proroga sarebbe stata considerata respinta, con conseguente diritto alla restituzione degli oneri versati. Con la diffida in parola, dunque, la società istante, pur non potendo motu proprioattribuire all’inerzia dell’amministrazione una valenza significativa in termini di rigetto, ha, nella sostanza, comunque manifestato il proprio definitivo disinteresse alla realizzazione del proposito edificatorio di cui al titolo edilizio in esame, così rinunciandovi, con conseguente richiesta di restituzione degli oneri concessori.

Tale rinuncia è stata, a ben vedere, ribadita nell’atto introduttivo del presente giudizio.

Tanto premesso, a fronte della sopravvenuta decadenza ipso iure del permesso di costruire ovvero della rinuncia allo stesso, da parte del relativo titolare, il Comune di Pomezia non ha più titolo a trattenere le somme complessivamente percepite a titolo di oneri concessori, con conseguente obbligo di restituirle alla società ricorrente, ai sensi dell’art. 2033 c.c.

Ed invero, il pagamento degli oneri di cui all’art. 16 ss. del DPR n. 380/2001 trova titolo non già nel mero rilascio formale del permesso di costruire quanto piuttosto nella sostanziale trasformazione del preesistente assetto urbanistico-edilizio del territorio comunale, determinata dalla realizzazione del proposito edificatorio assentito.

Più precisamente, il cd. costo di costruzione, commisurato alla superficie e volumetria dell’intervento, è volto a “remunerare” la c.d. compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare in ragione della trasformazione del territorio consentita al privato istante.

Gli oneri di urbanizzazione assolvono, invece, alla prioritaria funzione di compensare la collettività per l’ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, quale conseguenza della necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione ovvero di utilizzare più intensamente quelle già esistenti (cfr. tra le tante, Consiglio di Stato sez. II, 13/01/2022, n. 235; sez. VI, 29 agosto 2019 n. 5964; sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2294; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 19 novembre 2015 n. 2453).

La mancata alterazione del preesistente assetto urbanistico-edilizio conseguente alla sopravvenuta decadenza del titolo autorizzativo ovvero alla rinuncia allo stesso, da parte del relativo titolare, priva, dunque, di “causa” l’obbligazione di pagamento degli oneri concessori adempiuta dall’interessato, con conseguente diritto di quest’ultimo ad ottenerne la ripetizione, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. (cd. indebito oggettivo; cfr. da ultimo T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 07/11/2022, n. 1509).

Ad avviso della giurisprudenza, peraltro, tale diritto alla restituzione, proprio in quanto connesso, dal punto di vista causale, alla realizzazione del proposito edificatorio, sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente, con conseguente diritto in capo all’interessato, di ottenere la rideterminazione del contributo ed la restituzione della quota di esso calcolata con riferimento alla porzione non realizzata (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 16/02/2022, n. 495).

Nel caso in esame, quindi, la mancata realizzazione dell’intervento edilizio assentito con il permesso di costruire decaduto o, comunque, rinunciato obbliga il Comune di Pomezia a restituire quanto ricevuto a titolo di oneri concessori, a ciò non ostando, in quanto giuridicamente irrilevanti, sia il preteso affidamento nutrito dall’ente circa la volontà alla ricorrente di edificare, malgrado la maturata decadenza del titolo autorizzativo, che l’utilizzo delle somme in parola per ragioni di interesse pubblico.

Del resto, stante il riconosciuto perfezionamento, da parte del Comune, della fattispecie decadenziale di cui all’art. 15 comma 2 del T.U.E., non si vede come quest’ultimo possa sostenere di aver legittimamente confidato circa la possibilità di edificare in forza del titolo edilizio, ormai scaduto. Ed invero, ove la ricorrente avesse voluto effettivamente realizzare il l’intervento edilizio illo tempore autorizzato, avrebbe, semmai, dovuto richiedere il rilascio di un nuovo permesso di costruire, così assoggettandosi alla verifica circa la relativa assentibilità, tenuto conto della normativa urbanistico-edilizio eventualmente sopravvenuta al titolo scaduto.

Analoga irrilevanza, quanto al preteso esonero dagli obblighi restitutori di cui all’art. 2033 c.c., è attribuibile all’asserita buona fede nutrita dal Comune nel disporre, per finalità di interesse pubblico delle somme versate dalla ricorrente.

L’incameramento ed il successivo utilizzo “secondo buona fede” delle somme in questione da parte dell’amministrazione non assumono, infatti, alcuna valenza estintiva/impeditiva dell’obbligo restitutorio, rilevando esclusivamente sul piano decorrenza degli interessi legali da corrispondere in favore dell’interessata.

In considerazione di quanto fin qui esposto, la società ricorrente ha diritto alla restituzione, da parte del Comune di Pomezia, delle somme versate a titolo di oneri concessori.

Le superiori considerazioni consentono di ritenere fondata anche la domanda di restituzione delle polizze fideiussorie, indebitamente trattenute dal Comune.

In conclusione, il ricorso è fondato e, come tale, è stato accolto.