Il Tar Puglia si pronuncia sui limiti di edificabilità nei 300 metri dalla costa secondo le previsioni del piano paesaggistico regionale di Niccolò Millefiori

di 25 Agosto 2020 Senza categoria

Il Tar Puglia si pronuncia sui limiti di edificabilità nei 300 metri dalla costa secondo le previsioni del piano paesaggistico regionale  -brevi note a Tar Lecce, sentenze nn. 638 e 655 del 2020-

 

Tar Lecce 638-2020 – edificabilità 300 metri

Tar Lecce 655-2020 edificabilità 300 metri

Tar Puglia Lecce, Sez. I, 16 giugno 2020, n. 638: È illegittimo per difetto di motivazione il parere negativo reso dalla Soprintendenza nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art. 146, D. Lgs. n. 42/2004 se il richiamo al vincolo puntuale imposto con decreto ministeriale – con, tra parentesi, la mera indicazione del codice della relativa scheda PAE – non è in alcun modo concretizzato da un’effettiva elaborazione motivazionale in ordine alle prescrizioni delle norme urbanistico-edilizie ovvero vincolistiche e di tutela del paesaggio che costituiscono un insormontabile impedimento giuridico (quindi in senso assoluto) alla realizzazione del progetto.

Tar Puglia Lecce, Sez. I, 25 giugno 2020, n. 655: Non può essere autonomamente censurato il parere negativo reso dalla Soprintendenza nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art. 146, D. Lgs. n. 42/2004 fondato sul richiamo delle prescrizioni di inedificabilità contenute nelle schede PAE di “vestizione” del vincolo imposto con decreto ministeriale[1].

 

Con due recenti sentenze pubblicate a distanza di pochi giorni l’una dall’altra (n. 638 in data 16 giugno 2020 e n. 655 in data 25 giugno 2020) il Tar Puglia – Sez. distaccata di Lecce si è differentemente pronunciato in relazione a due analoghi pareri negativi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto resi in applicazione delle specifiche previsioni del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (P.P.T.R.) pugliese per i cc.dd. “territori costieri”[2], vincolati ai sensi e per gli effetti dell’art. 142, comma 1, lett. a), del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).

Al riguardo è noto che il menzionato art. 142 del Codice contiene l’elenco delle “aree tutelate per legge” con prescrizione comportante la necessità dell’acquisizione della autorizzazione paesaggistica di cui al successivo art. 146 quale atto autonomo e presupposto rispetto ai titoli abilitativi edilizi richiesti per l’esecuzione delle attività di trasformazione dei territori interessati.

Per pacifiche acquisizioni, trattasi di vincolo di carattere relativo-procedimentale (al pari dei vincoli c.d. “provvedimentali” o “per decreto” di cui all’art. 136 del medesimo Codice) tutti ab origineprivi di contenuti prescrittivi sostanziali, la cui determinazione è specificamente demandata alla pianificazione paesaggistica regionale attraverso la c.d. attività di “vestizione” dei medesimi vincoli c.d. “nudi”.

Per l’espresso disposto dell’art. 143, comma 1, del Codice, infatti, «L’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno: a) (…); b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141-bis; c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione; d) eventuale individuazione di ulteriori immobili o aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’ articolo 138, comma 1; e) individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione (…)».

A seguito dell’approvazione del suddetto Piano, ai sensi dell’art. 146, comma 8, del Codice, nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica «il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggisticoovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti».

Nel così delineato sistema positivo il potere soprintendentizio (e per esso dell’Autorità titolare del potere autorizzatorio) di valutazione/controllo è, quindi, differentemente conformato:

  • a latitudine ampia prima dell’adozione del Piano, con discrezionalità tecnica esercitata in rapporto alla disciplina “a maglie larghe” di cui all’articolo 140, comma 2, propria dei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico;
  • di portata più ristretta dopo l’adozione del Piano, in quanto esercitato in (necessaria) correlazione alla corrispondente disciplina sostanziale.

Le due pronunce in esame sottendono e recano la trattazione congiunta di tutte le questioni implicate dalla richiamata normativa di riferimento: dalla concreta individuazione delle specifiche tipologie di vincoli gravanti sulle aree interessate (ex lege o ex actu) alla verifica della legittimità delle modalità di esercizio ed espressione della discrezionalità tecnica ad opera della Soprintendenza, titolare di un potere di amministrazione consultiva, ma di portata sostanzialmente decisoria.

Al riguardo, mette conto rilevare che entrambi i pareri negativi impugnati risultavano basati su un triplice ordine di rilievi riassumibili nei seguenti termini:

  1. le aree interessate registrano la sovrapposizione di due diverse categorie di vincoli di cui all’art. 134 del Codice (ovvero del vincolo provvedimentale ex art. 136 e del vincolo ex lege di cui all’art. 142);
  2. le esclusioni di operatività del vincolo ex lege di cui al secondo comma del menzionato art. 142[3] non si applicano ai beni coperti altresì dai vincoli provvedimentali[4];
  • gli interventi (di nuova costruzione) progettati si pongono in insanabile contrasto con l’art. 45, comma 2, lettera a), delle N.T.A. del P.P.T.R. recante, nell’ambito dei “territori costieri”, l’espresso e categorico divieto di realizzazione di “qualsiasi nuova opera edilizia, fatta eccezione per le opere finalizzate al recupero/ripristino dei valori paesistico/ambientali”.

Orbene, in entrambe le sentenze il Tar salentino ha:

  • escluso la soggezione delle aree interessate al vincolo ex lege ex art. 142, comma 1, lett. a), del Codice, alla stregua della clausola eccettuativa prevista dal successivo comma 2, lett. a), del medesimo articolo, in quanto risultanti delimitate nei rispettivi strumenti urbanistici alla data del 6 settembre 1985 come zone territoriali omogenee A e B ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444[5];
  • per l’effetto, (confutando il contrario assunto della Soprintendenza) negato la ricorrenza di una concreta ipotesi di sovrapposizione di vincoli comportante la conseguente applicazione del regime di tutela (nel caso, quello ex lege quale poi “vestito” dall’art. 45 N.T.A.) più restrittivo[6].

Ciononostante, pur a fronte della conseguente identità della disciplina di riferimento, nel caso riconosciuta come costituita (quindi e solo) da quella dettata per i vincoli provvedimentali, il Tar si è ritrovato a sviluppare due distinti percorsi argomentativi conducenti a differenti esiti giudiziali; in particolare:

  • nella prima sentenza (n. 638/2020), riconoscendo i vincoli provvedimentali come disciplinati dal (solo) art. 79 N.T.A. del P.P.T.R. con le relative prescrizioni “a maglie larghe” riportate nelle corrispondenti schede “PAE”[7];
  • nella seconda sentenza (n. 655/2020), riconoscendo invece i medesimi vincoli provvedimentali come disciplinati in parte quaob relationem – dalle prescrizioni contenute nelle medesime schede PAE per i territori costieri gravati, ai sensi del precedente art. 45 N.T.A., dal divieto di realizzazione di nuove costruzioni.

Al di là della sostanziale correttezza o meno delle rispettive statuizioni conclusive in ordine alle sottese questioni di merito (la seconda delle quali espressamente resa sul rilievo processuale della mancata impugnazione delle ridette schede PAE[8]), le decisioni in esame restano accomunate dalla icastica ricostruzione, nel solco di conforme giurisprudenza dello stesso Tar confermata e condivisa dal Consiglio di Stato[9], dei requisiti della motivazione nello specifico settore paesaggistico, siccome:

  • necessariamente “puntuale”, “congrua”, “adeguata” in relazione a prescrizioni “relative”, tanto più in contesti interamente antropizzati e urbanizzati (cfr. prima sentenza)[10];
  • anche semplicemente “sintetica” in relazione a prescrizioni “categoriche/assolute”, come quelle di inedificabilità (cfr. seconda sentenza), ovvero, per identità di ratio, in relazione a prescrizioni d’uso direttamente conformative e specularmente riduttive della discrezionalità tecnico-amministrativa riservata alle autorità titolari del corrispondente potere di valutazione e controllo[11].

Niccolò Elia Millefiori

[1] Massime a cura dell’autore.

[2] Ovvero quelli “compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sul mare” secondo la relativa declaratoria contenuta nella corrispondente previsione normativa.

[3] Secondo cui “la disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a)  erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B”.

[4] Tanto per l’espresso disposto del quarto comma del medesimo articolo 142, ai sensi del quale “resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all’art. 157”.

[5] Trattasi del c.d. “paesaggio urbano”, assistito dal regime di esenzione dal vincolo per la riconosciuta prevalenza da parte dello stesso legislatore alle esigenze pubbliche connesse ad interessi demografici, sociali ed economici in determinate aree urbanizzate o, ratione temporis, di programmata urbanizzazione, cfr. R. Fuzio, “Art. 142 – Aree tutelate per legge”, in M.A. Sandulli (a cura di), “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, Milano 2012, II edizione, pag. 1091.

[6] Sent. 638/2020: “4.- Ritenuto che: – nel caso in argomento, venendo in rilievo un lotto di terreno ricompreso dal previgente strumento urbanistico – il Programma di Fabbricazione del settembre ‘70 – in zona B.2 di ‘Completamento, ristrutturazione, sostituzione’ e dall’attuale Piano Regolatore Generale – del febbraio ‘05 – in zona B.3 ‘di completamento edilizio’, trova applicazione, rispetto alla previsione di vincolo dell’art. 142 D.lgs. n. 42/2004, il regime derogatorio di cui allo stesso art. 142, comma 2, per il quale «La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B»”.

Sent. 655/2020: “6.1. L’area in questione non è assoggettata a tutela ai sensi dell’art. 142, co. 1, del d.lgs. 42/2004, dal momento che, nel caso di specie, opera la clausola eccettuativa prevista dal comma 2, lett. a), del medesimo articolo, secondo cui le diposizioni del Titolo I della Parte III non si applicano alle aree che alla data del 6 settembre 1985 erano delimitate dagli strumenti urbanistici «come zone territoriali omogenee A e B»”.

[7] Ovvero, le “Schede di identificazione e definizione delle specifiche discipline d’uso degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico ai sensi degli articolo 136 e 157 del Codice” che disciplinano il “Sistema delle tutele” e costituiscono parte integrante del P.P.T.R. ai sensi dell’art. 3, comma 1, punto 6.4, delle N.T.A.

[8] Le quali, per pacifiche acquisizioni, possono pur “contenere prescrizioni più restrittive di quelle previste negli atti amministrativi istitutivi di vincoli particolari”, cfr. da ultimo Tar Sicilia Catania, Sez. I, 27 agosto 2019, n. 2079, con ulteriori richiami, ivi compresa Tar Toscana, Firenze, Sez. I, 21 luglio 2017, n. 945, secondo cui “le misure conservative affidate al piano paesaggistico … possono coincidere con veri e propri divieti di costruzione”.

[9] Cfr. in tal senso la giurisprudenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato formatasi in materia a partire dalla sentenza n. 6223 del 2013, secondo cui “la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde ad un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: i) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; ii) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; iii) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio”. Vds. altresì le pronunce richiamate dal Tar Lecce nel testo della sentenza: Cons. Stato, VI Sezione, 4 febbraio 2019, n. 853; Id., 15 novembre 2016, n. 4707; Id., 1° febbraio 2019, n. 802; Id., 24 dicembre 2018, n. 7220; Id., 5 dicembre 2016, n. 5108; Id., 29 maggio 2018, n. 3207; Id., 30 ottobre 2017, n. 5016; Id., 20 agosto 2019, n. 5757.

[10] Nel medesimo senso vds. altresì Tar Sicilia Catania, Sez. I, 1° settembre 2011, n. 2142.

[11] Sul punto risulta, in vero, autorevolmente rilevato come “il disegno normativo del Codice bb.cc.pp. è quello di ridurre il margine valutativo dell’organo competente mediante l’assegnazione … di un ruolo più pregnante al piano paesaggistico e ai provvedimenti di individuazione dei beni nell’indicazione delle misure di tutela, valorizzazione e gestione. Sotto questo profilo l’autorizzazione paesaggistica potrebbe evolvere verso forme di controllo più simili al permesso di costruire”, P. Urbani, S. Civitarese Matteucci, “Diritto Urbanistico – Organizzazione e rapporti”, Torino, 2017 (sesta edizione), pag. 371.