Il Tar Lombardia affronta il tema dell’annotazione delle volumetrie nel Registro dei diritti edificatori
di Rocco Motolese
Con la sentenza n. 818 del 11 aprile 2022, il Tar Lombardia, Milano, Sez. II, si è pronunciato in merito all’ambito applicativo dell’art. 11, c. 4, della l.r. 12/2005, nella parte in cui, oltre a prevedere la commerciabilità dei diritti edificatori attribuiti a titolo di perequazione e compensazione, demanda ai comuni di assicurare adeguata pubblicità alle cessioni dei predetti diritti, mediante l’istituzione di appositi registri pubblici.
Secondo il comune resistente, in base a tale norma, sarebbe possibile annotare esclusivamente le cessioni di diritti edificatori acquisiti, a titolo di perequazione o compensazione, nell’ambito nuovi modelli di pianificazione urbanistica: pertanto, coerentemente con tale tesi, non sarebbero invece suscettibili di annotazione le cessioni di diritti sorti in virtù di una convenzione di lottizzazione approvata sotto la vigenza del precedente piano urbanistico.
La tesi del comune, concisamente descritta, non ha tuttavia trovato conforto nella soluzione seguita dal giudice amministrativo, il quale, infatti, facendo leva su un’interpretazione estensiva della disposizione, ha ritenuto suscettibili di annotazione i diritti edificatori sorti in virtù di un qualsiasi atto, compresa dunque la convenzione di lottizzazione, con il quale il comune e il privato abbiano concordato la cessione degli stessi, in cambio del conseguimento di aree pubbliche.
Tale tesi, troverebbe invero conferma in due distinte ragioni.
In primo luogo, tanto le cessioni perequative quanto quelle compensative, al di là delle singole differenze strutturali, rappresentano strumenti che, analogamente alle convenzioni di lottizzazioni, consentono al comune di ottenere, in cambio della volumetria, la proprietà di aree da destinare alla realizzazione di beni e servizi pubblici. Diversamente ragionando, si perverrebbe dunque a un’indebita disparità di trattamento, sotto il profilo pubblicitario, fra strumenti urbanistici che, pur appartenendo a differenti sistemi di pianificazione di “nuova” e “vecchia generazione”, perseguono comunque il comune scopo di realizzazione, attraverso un sapiente scambio di edificabilità ed aree, la città pubblica.
In secondo luogo, tale tesi sarebbe altresì corroborata dal medesimo art. 11, il quale, nell’ammettere espressamente l’annotazione nei registri dei diritti derivanti dall’incremento dell’indice di edificabilità previsto al c. 5, delinea dunque un ambito applicativo non confinato alle sole operazioni di perequazioni e compensazioni.
L’importanza della sentenza sta nel fatto che il giudice ha ritenuto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva infondata in quanto confonde il merito del giudizio con i presupposti processuali.
Infatti, secondo il giudice, l’individuazione degli atti dispositivi di diritti volumetrici che abbiano un rilievo pubblicistico e siano riconosciuti iscrivibili dalla legge regionale e dalla pianificazione comunale, costituisce l’oggetto dell’accertamento del giudice, che va svolto secondo le regole del diritto sostanziale e non può quindi sfociare in una pronuncia di inammissibilità del ricorso, la quale attiene, invece, ai requisiti dell’azione. L’identificazione della legittimazione con la titolarità di una situazione sostanziale infatti rischia di far perdere quella conquista della dottrina processualcivilistica moderna che consiste nell’astrazione dell’azione dal diritto sostanziale.