Il Tar Lecce annulla il vincolo di inedificabilità assoluta nei 300 metri della fascia costiera illegittimamente esteso dal piano paesaggistico regionale pugliese anche all’interno delle aree urbane edificabili consolidate
di Niccolo’ Millefiori
Dopo due ulteriori recenti sentenze gemelle (8 marzo 2022, n. 383 e 14 marzo 2022, n. 406), il Tar Lecce è tornato ad occuparsi ancora una volta[1] della disciplina di ‘vestizione’ dei vincoli paesaggistici c.d. nudi portata dal Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia approvato nel 2015.
Con l’ultima sentenza n. 614 pubblicata in data 19 aprile 2022, il Tar salentino ha, infatti, nuovamente annullato la normativa regolamentare regionale nella parte contenente l’estensione del divieto di ‘nuova edificazione’, previsto per i ‘territori costieri’, anche all’interno dei centri abitati ricadenti nella stessa fascia dei 300 metri.
Al fine di contestualizzare la specifica questione giuridica affrontata dal Giudice amministrativo, è opportuno ricordare preliminarmente che:
- l’art. 142 d. lgs. n. 42/2004 contiene l’elenco delle “aree tutelate per legge”, mentre il precedente art. 136 individua i beni suscettibili di ‘tutela provvedimentale’ in forza di appositi decreti attestanti il notevole interesse pubblico delle componenti interessate;
- tutti tali vincoli sono ab origine privi di contenuti precettivi sostanziali, siccome di natura meramente ‘procedimentale’, comportando per la trasformazione delle aree interessate solo la necessità della previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi del successivo art. 146;
- l’individuazione delle specifiche prescrizioni (sostanziali) d’uso è demandata alla competenza regionale nell’ambito del provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 140, co. 2 o del procedimento di pianificazione paesaggistica secondo quanto previsto dall’art. 143;
- in sede di procedimento di autorizzazione paesaggistica, la Soprintendenza è vincolata dalla sovraordinata disciplina di specificazione, in quanto chiamata a rendere il proprio parere (obbligatorio e vincolante) limitatamente alla conformità del progettato intervento “alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’art. 140, co. 2” (art. 146, co. 8).
Nella Regione Puglia, la disciplina ‘di vestizione’ dei vincoli ‘nudi’ relativi ai “territori costieri” e ai “boschi” (quali beni paesaggistici ‘per legge’ ex art. 142, co. 1, D. Lgs. n. 42/2004) ha comportato sulle aree interessate l’introduzione di un divieto assoluto di nuova edificazione portato dagli articoli 45 e 62 delle N.T.A. del P.P.T.R.
Orbene, nell’ultima controversia esaminata dal Tar Lecce, analogamente a quanto avvenuto nelle precedenti vicende contenziose decise con le anteriori sentenze nn. 383 e 406 del 2022, la ricorrente ha impugnato il parere sfavorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica opposto nei suoi confronti in relazione ad un progetto di costruzione di un fabbricato a piano terra da destinare a civile abitazione nella fascia di profondità di 300 metri dalla costa (art. 142, co. 1, lett. a); ciò malgrado la ricadenza dell’intervento proposto in aree che alla data del 6 settembre 1985 erano delimitate nello strumento urbanistico comunale vigente come zona omogenea B di completamento edilizio ex art. 2 D.M. n. 1444/1968 e per ciò stesso sottratte all’operatività del vincolo paesaggistico ex lege in virtù dell’apposita deroga prevista dal secondo comma del medesimo art. 142.
Nella specifica controversia in esame, il diniego dell’autorizzazione paesaggistica era stato, infatti, reso dall’Autorità competente sulla base del parere sfavorevole della Soprintendenza fondato in particolare:
- sulla ricadenza del progetto in una “zona sottoposta alle disposizioni di tutela del D.M. del 26.03.1970 (Scheda PAE0042 – Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona costiera e di parte del territorio comunale di Alliste)”;
- sul richiamo delle prescrizioni contenute nella Scheda PAE0042, che, nell’ambito dei “Territori costieri”, dichiarano non ammissibili progetti comportanti “la realizzazione di qualsiasi nuova opera edilizia, fatta eccezione per le opere finalizzate al recupero/ripristino dei valori paesistico/ambientali” e all’interno dell’“Area di rispetto dei Boschi” dichiarano non ammissibili i progetti di “nuova edificazione”;
- quindi sul contrasto della proposta progettuale sia con le prescrizioni contenute nella Scheda PAE0042 che con l’art. 45 delle NTA del PPTR recante, come illustrato in premessa, un regime di inedificabilità assoluta nell’ambito dei “Territori costieri”.
Nelle due precedenti vicende contenziose, la Soprintendenza aveva anche escluso la applicabilità della deroga soprarichiamata sul rilievo che «l’area di progetto … non rientra nei casi in cui può applicarsi l’esclusione di cui al richiamato art. 142 comma 2, bensì rientra nelle disposizioni di cui al comma 4 dello stesso articolo, che recita “Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all’art. 157”», le cui specifiche prescrizioni d’uso, come innanzi riferito, sono contenute nel Piano Paesaggistico.
Con l’ulteriore sentenza in commento, il Tar Lecce ha accolto il motivo di ricorso formulato in relazione al provvedimento di diniego impugnato, richiamando e confermando le proprie precedenti affermazioni di principio in merito alla disciplina regionale dei vincoli in questione.
Il Giudice amministrativo, infatti, ha censurato il parere soprintendentizio riconoscendo per le zone interessate la diretta operatività del regime derogatorio di cui al secondo comma dell’art. 142 anche rispetto alla corrispondente disciplina vincolistica contenuta nelle NTA del PPTR (art. 45 per i “Territori costieri” e art. 62 per i territori interessati dalla presenza di “Boschi”).
Nel merito, poi, il Tar ha osservato che l’interpretazione del quadro normativo di riferimento resa e applicata nella prassi dalla Soprintendenza salentina ha finito per trasformare una disciplina di “Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela” (secondo la rubrica del Capo IV, Parte Terza, del d. lgs. n. 42/2004) in un regime fondato sul divieto assoluto e generalizzato di qualsiasi nuova edificazione con riguardo ad aree veramente estese del territorio ancorché (storicamente) classificate come edificabili negli strumenti di pianificazione generale ed anche interne ai centri urbani consolidati.
Secondo il recente orientamento del Tribunale, il carattere di rigidità di tale regime risulta “irragionevolmente discordante dalla normativa statale di riferimento fin qui esaminata (artt. 136 ss. d. lgs. n. 42/2004), nella misura in cui le valutazioni dell’Amministrazione vengono vincolate non soltanto rispetto ad aree del tutto specifiche e circoscritte ma con riguardo, invece, a zone anche molto estese le quali, pur costiere, e quindi in linea generale meritevoli di tutela, presentano tuttavia situazioni molto diverse, con tratti di valore eccezionali alternati, a esempio, a tratti ricompresi all’interno dei centri cittadini e orami da lungo tempo intensamente edificati e antropizzai – oltre che, molto spesso, delimitati negli strumenti urbanistici come zone omogenee di completamento già alla data del 6 settembre 1985”.
Sotto il profilo processuale, poi, merita segnalazione specifica la sentenza 8 marzo 2022, n. 383, nell’ambito della quale il Tar Lecce, applicando gli storici insegnamenti del Consiglio di Stato in merito alla natura degli atti amministrativi che disciplinano le modalità di esercizio dell’attività edificatoria (cfr. da ultimo Cons. St., Sez. VI, 6 settembre 2021, n. 6219), ha ravvisato la natura normativa delle prescrizioni contenute nelle citate Schede PAE nella misura in cui pongono la disciplina generale della futura attività edilizia in vaste aree del territorio e sono suscettibili di ripetuta applicazione.
Il precipitato della natura normativa di tali atti amministrativi è che, in forza del principio di gerarchia delle fonti, le disposizioni vincolistiche illegittime devono essere oggetto (non solo di annullamento giurisdizionale quando il ricorrente abbia formulato specifici motivi di censura, ma anche) di disapplicazione nel caso di mancata contestazione puntuale, parimenti dovendosi procedere con ogni previsione collegata che precluda in via generale l’edificabilità prescindendo da una concreta verifica sulla probabilità o meno di un pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati.
Ancora sul versante processuale, con l’ultima sentenza in commento il Tar Lecce ha reso ulteriori importanti chiarimenti anche in merito all’individuazione del dies a quo per la tempestiva contestazione in sede giurisdizionale di tali Schede PAE.
A tal proposito, è stato infatti (correttamente) rilevato che la lesione della sfera soggettiva dei potenziali destinatari, intesa come compressione del loro ius aedificandi, non discende dalle schede “in sé considerate”, onde, in base ai principi del processo amministrativo, non è richiesta un’autonoma impugnazione di queste ultime nel termine decadenziale dalla loro entrata in vigore.
Al contrario, la lesione diviene concreta e attuale solo nel momento in cui il privato, dopo aver chiesto all’amministrazione di esercitare il proprio ius aedificandi, riceve il corrispondente atto sfavorevole applicativo delle suddette misure normative illegittime, derivando solo da ciò l’onere di tempestiva impugnazione di tali schede unitamente al provvedimento negativo.
In ogni caso, comunque, secondo quanto precisato in tutte e tre le circostanze dallo stesso Tar, l’effetto conformativo delle pronunce di annullamento/disapplicazione di simili previsioni vincolistiche non comporterà alcun vuoto di tutela dei beni paesaggistici interessati poiché la disciplina di “vestizione” dei vincoli nudi sarà ancora da rinvenire nel contenuto dei ‘decreti puntuali’ e delle relative schede PAE, al netto ovviamente del divieto assoluto di nuove costruzioni.
In conclusione, l’orientamento del Tar Lecce si presenta certamente innovativo rispetto a previsioni di tutela paesaggistica introdotte da tempo dal pianificatore regionale come poi applicate dalla Soprintendenza secondo la rigida impostazione di cui si è dato conto. Allo stesso tempo, peraltro, esso si pone nel solco della granitica giurisprudenza amministrativa, in particolare del Consiglio di Stato, in merito ai requisiti della motivazione in sede di esercizio della discrezionalità tecnica nello specifico settore paesaggistico come necessariamente ‘puntuale’, ‘congrua’, ‘adeguata’ anche, ed anzi tanto più, in contesti interamente antropizzati e urbanizzati.
[1] Si vedano le precedenti sentenze 16 giugno 2020, n. 638 e 25 giugno 2020, n. 655, riportate in questa rivista: https://www.pausania.it/il-tar-puglia-si-pronuncia-sui-limiti-di-edificabilita-nei-300-metri-dalla-costa-secondo-le-previsioni-del-piano-paesaggistico-regionale-di-niccolo-millefiori/