Il proprietario dell’immobile incolpevole dell’abuso non può essere destinatario delle sanzioni pecuniarie di Fabio Cusano

Cons. St. 109 2023

Con la sentenza n. 109 del 3 gennaio 2023, il Consiglio di Stato, VII sez., ha affermato che il proprietario incolpevole, ancorché tenuto a prestare la sua collaborazione per la rimozione materiale dell’abuso in forza della sua relazione con la res, non può essere perciò stesso destinatario delle sanzioni pecuniarie.

Una Società acquistava un immobile al cui interno era stato realizzato, dal precedente proprietario, un soppalco in muratura. In seguito a sopralluoghi effettuati presso l’immobile, il Comune accertava che il soppalco era stato costruito in assenza di titoli edilizi. Dunque, il Comune ingiungeva alla Società, ai sensi dell’art. 43, comma 1, LR Liguria n. 16/2008 (“interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA”), il pagamento della sanzione pecuniaria.

Il provvedimento sanzionatorio veniva impugnato davanti al TAR Liguria, il quale riconosceva il difetto di responsabilità soggettiva della Società (in quanto estranea alla realizzazione dell’opera abusiva imputabile al precedente proprietario) e annullava il provvedimento impugnato.

Il Comune ha appellato la sentenza, evidenziando che il soppalco de quo fosse parzialmente diverso rispetto a quello oggetto del procedimento di condono ed era, quindi, diverso dall’originario manufatto abusivo rispetto al quale la Società sarebbe estranea.

Le censure non sono fondate.

La giurisprudenza ha infatti ritenuto che in ipotesi di abusi edilizi sia illegittima la sanzione pecuniaria irrogata, ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del DPR 380/2001 nei confronti del proprietario non responsabile dell’abuso. Deve ritenersi, infatti, che destinatario della sanzione pecuniaria sia il responsabile dell’abuso e non anche il proprietario che non risulti responsabile dell’abuso; la responsabilità di quest’ultimo può sorgere solo nel caso in cui egli sia responsabile dell’abuso ovvero quando, avendo la disponibilità ed il possesso del bene o avendoli successivamente acquisiti, non abbia provveduto alla demolizione (Cons. Stato, sez. VI, 10/07/2017, n. 3391).

La posizione del proprietario incolpevole non può, infatti, essere assimilata a quella del responsabile dell’abuso. Invero, ai sensi dell’art. 29 del TUEd, i responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica sono il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore che, in ragione di ciò, sono tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l’esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell’abuso.

Il coinvolgimento del proprietario, che non rivesta alcuna delle qualifiche previste dall’art. 29, è previsto dall’art. 31, comma 2, del TUEd, ai sensi del quale lo stesso insieme ai responsabili dell’abuso è destinatario della ingiunzione di demolizione delle opere eseguite in assenza o in totale difformità dal permesso. La giurisprudenza ha, tuttavia, chiarito che la demolizione può essere ingiunta al proprietario non in forza di una sua responsabilità effettiva o presunta nella commissione dell’illecito edilizio (che ricade sui soggetti di cui all’art. 29) ma in ragione del suo rapporto materiale con la res che lo rende, agli occhi del legislatore, responsabile della eliminazione dell’abuso commesso da altri. A tale titolo egli è investito di situazioni giuridiche passive di tipo sussidiario (Cons. Stato, sez. VI, 10/07/2017, n. 3391) consistenti in un pati (non potendosi opporre alla demolizione di quanto abusivamente realizzato) ed in obblighi di collaborazione attiva da adempiersi mediante iniziative dirette, come la rimozione dell’abuso a spese dei responsabili, o indirette, come diffide di carattere ultimativo rivolte verso eventuali soggetti terzi che detengano l’immobile (Cons. Stato, sez. VI, 4/05/2015, n. 2211).

L’obbligo di ripristino (o di collaborazione al ripristino) a carico del proprietario attraverso l’ordinanza di demolizione ha un diverso fondamento rispetto al corrispondente obbligo posto a carico dei responsabili dell’abuso contemplati dall’art. 29. Questa diversità di situazioni sottostanti all’ingiunzione a demolire non consente di assimilare le due posizioni allorché in luogo di tale misura per scelta del legislatore o dell’amministrazione sia comminata una sanzione pecuniaria. Non si vede, infatti, come la cooperazione alla rimozione dell’abuso richiesta al proprietario in forza del suo diretto o indiretto rapporto con la res possa automaticamente tradursi in una corresponsabilità o in una posizione di garanzia a favore dei responsabili dell’illecito quando non si tratti più di agire materialmente sull’immobile ma di corrispondere una somma di danaro.

Per motivare l’esborso richiesto al proprietario viene talvolta evocato l’argomento secondo cui la misura pecuniaria non sarebbe diretta a punire un colpevole ma a sterilizzare l’aumento di valore dell’immobile conseguente all’abuso da cui il primo trarrebbe un “obiettivo” beneficio. Tale giustificazione non appare, tuttavia, coerente con il dato normativo e con la realtà economica. Infatti, sia la sanzione pecuniaria semplice, prevista dall’art. 37, comma 1, del TUEd, che quella sostitutiva di cui all’art. 33, comma 1, sono commisurate al doppio dell’aumento del valore dell’immobile e, quindi, non si limitano alla neutralizzazione del maggior valore conseguente all’abuso ma mirano a reprimere e dissuadere dalla commissione di illeciti edilizi ben al di là di quello che può essere il vantaggio derivante dalla sua realizzazione. D’altro canto, l’acquirente in buona fede non beneficia affatto del maggior valore economico dell’abuso in quanto ne ha già pagato il valore al suo dante causa confidando nella dichiarazione di regolarità edilizia che questi è tenuto (a pena di nullità) a rendere nell’atto di trasferimento ai sensi dell’art. 46 del DPR 380/2001.

In forza di tali elementi il Collegio ritiene di pervenire ad una lettura del combinato disposto degli artt. 29, comma 1, e 31, comma 2, del DPR 380/2001 secondo la quale il proprietario incolpevole, ancorché tenuto a prestare la sua collaborazione per la rimozione materiale dell’abuso in forza della sua relazione con la res, non può essere perciò stesso destinatario delle sanzioni pecuniarie previste nel Capo I del Titolo IV del medesimo testo normativo le quali sono dirette a colpire i responsabili dell’abuso così come in esso individuati.

Tale regola vale, in particolare, anche nei confronti di coloro abbiano acquistato a titolo particolare la proprietà dell’immobile senza aver in alcun modo partecipato, conosciuto o beneficiato dell’illecito edilizio. Fermo restando che (i) l’acquirente di mala fede che conosceva l’abuso e/o ne ha tratto beneficio (scontandolo sul prezzo) si pone in una situazione di corresponsabilità che lo rende passibile del medesimo trattamento sanzionatorio previsto per i soggetti individuati dall’art. 29 del TUEd; (ii) in contesti in cui la buona fede non emerga ex actis la relativa dimostrazione compete al proprietario.

Nella specie, il TAR ha correttamente evidenziato che la ricorrente era estranea alla realizzazione dell’opera abusiva, imputabile al precedente proprietario e sarebbe intervenuta per ridurre il soppalco abusivo.

L’appello è stato conseguentemente respinto.