Il Consiglio di Stato dichiara legittimo l’annullamento d’ufficio del provvedimento tardivo di condono edilizio
Il Consiglio di Stato (sez. VI), con la sentenza del 4 marzo 2022, n. 1589, ha qualificato pienamente legittimo l’annullamento d’ufficio del provvedimento sanante, sebbene lo stesso sia stato adottato tardivamente, laddove ne sia accertata l’illegittimità e sussistano le ragioni di interesse pubblico.
Nella fattispecie, la ricorrente aveva presentato nel dicembre 1987 istanza di condono ex Legge n. 47/1985 (c.d. “Primo Condono Edilizio”), versando le dovute somme a titolo di oblazione. L’Amministrazione comunale aveva rilasciato nel marzo 2005 la concessione edilizia in sanatoria, revocando tuttavia la stessa nel luglio 2008 e respingendo contestualmente la domanda di condono avanzata dalla ricorrente nel 1987, poiché quest’ultima era stata presentata oltre il termine previsto dalla Legge n. 47/1985.
L’interessata aveva dunque presentato ricorso dinanzi al TAR competente, deducendo l’illegittimità del provvedimento di revoca: innanzitutto, lamentava l’inerzia dell’Amministrazione comunale nel dedurre la tardività della domanda di condono, avendo provveduto al contrario al rilascio della concessione in sanatoria; deduceva, inoltre, che l’annullamento d’ufficio difettasse dei requisiti legalmente previsti, in particolar modo l’adeguata motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento (presuntivamente) illegittimo.
Avendo il TAR adito, nel 2014, respinto il ricorso poiché ritenutamente infondato, la ricorrente proponeva appello al Consiglio di Stato, deducendo le medesime doglianze avanzate dinanzi ai giudici di prime cure, ed altresì sottolineando come questi ultimi non avessero considerato debitamente tutte le circostanze da cui scaturiva il proprio legittimo affidamento circa l’accoglimento dell’istanza di condono, stante il decorso di 30 anni tra la domanda di condono ed il relativo diniego.
La ricorrente, inoltre, poneva l’attenzione sulla circostanza che, durante il predetto arco temporale, l’Amministrazione comunale aveva adottato comportamenti ed atti presumibilmente incompatibili con il successivo provvedimento in autotutela, ingenerando nel privato il legittimo affidamento circa la validità del condono[1]: nello specifico, l’Amministrazione aveva richiesto specifiche integrazioni della pratica, aveva accettato varie rate della intera somma dovuta a titolo di oblazione e di oneri concessori e, da ultimo, aveva altresì concesso un permesso di costruire in sanatoria.
Ad avvalorare ulteriormente le proprie pretese, la ricorrente, nel riproporre le proprie doglianze circa il difetto di motivazione del provvedimento di annullamento d’ufficio, evidenziava come lo stesso avrebbe richiesto, oltre che un riferimento alla concretezza ed attualità dell’interesse pubblico ad esso sotteso, anche una valutazione circa la prevalenza di quest’ultimo rispetto ad altri interessi sussistenti in favore della sua conservazione, su tutti proprio quello del privato appellante.
L’Amministrazione interessata, costituitasi in giudizio, deduceva l’inammissibilità dell’appello per non avere la ricorrente sollevato alcuna doglianza circa il mancato rispetto del termine per la concessione del condono, oltre che in relazione alla mancata impugnazione del successivo ordine di demolizione.
Il Consiglio di Stato, con la decisione in analisi, confermando in toto la sentenza del TAR, ha evidenziato che l’atto di annullamento racchiude due statuizioni tra loro autonome, una relativa all’annullamento in autotutela della concessione edilizia, l’altra al respingimento dell’istanza di condono presentata dalla ricorrente nel 1987.
In primis, il Consiglio di Stato ha sottolineato la tardività dell’istanza di condono rispetto al termine ultimo previsto dal D.L. n. 2/1988[2], il quale scadeva il 30 giugno 1987, mentre l’istanza era stata presentata dalla ricorrente nel dicembre dello stesso anno. Da ciò scaturiva, inevitabilmente, l’insanabilità degli abusi edilizi di cui la ricorrente chiedeva la sanatoria, con l’ulteriore conseguenza che la concessione nel frattempo intervenuta era illegittima. Inoltre, la medesima tardività dell’istanza impediva anche il decorrere del termine biennale previsto per la formazione del silenzio-assenso sul condono edilizio.
Le medesime considerazioni circa la tardività dell’istanza e l’illegittimità del provvedimento ad essa correlata impediscono, in via strettamente consequenziale, anche la controdeducibilità di qualsiasi legittimo affidamento del privato.
In riferimento al lasso temporale intercorso tra l’istanza di condono ed il relativo diniego, è stato opportunamente richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale «la mera inerzia dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell’abuso»[3].
Non sussistendo, dunque, quell’affidamento che il privato stesso aveva qualificato come interesse da bilanciare con l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata, viene meno qualsiasi necessità di motivare ulteriormente in relazione all’attualità ed alla concretezza del medesimo interesse[4].
Parimenti, il Consiglio di Stato ha richiamato l’Adunanza Plenaria del 17 ottobre 2017, n. 8[5], la quale – sebbene abbia ribadito la necessità di un onere motivazionale relativo alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all’adozione dell’atto di ritiro per quanto riguarda l’annullamento di un titolo edilizio in sanatoria intervenuto dopo un considerevole lasso temporale rispetto al provvedimento da rimuovere[6] – ha mitigato siffatto onere, rapportando lo stesso all’auto-evidenza degli interessi pubblici tutelati ed alla concreta consistenza della posizione di legittimo affidamento invocata dalla ricorrente.
Nella fattispecie de qua, pertanto, il Consiglio di Stato ha adottato ambedue i criteri di cui sopra e li ha utilizzati per suffragare la decisione adottata dai giudici di prime cure. Per ciò che concerne l’auto-evidenza dell’interesse pubblico, questa è individuata nella necessità, da parte dell’Amministrazione locale, di contrastare i comportamenti illegali in un territorio già profondamente ferito e compromesso da vari fattori, tra cui anche l’abusivismo edilizio. In relazione, invece, alla posizione di legittimo affidamento paventata dal privato, questa viene ritenuta assolutamente inconsistente, posto che solo a questi, già resosi responsabile dell’abuso, era imputabile il ritardo nella presentazione dell’istanza di condono.
Per tutti i motivi appena esposti, dunque, il Consiglio di Stato ha confermato la decisione emessa dal TAR, ribadendo la legittimità del provvedimento in autotutela adottato dall’Amministrazione comunale, sebbene lo stesso sia tacciabile di manifesta tardività, proprio in ragione dell’accertata illegittimità dell’atto adottato, oltre che delle ragioni d’interesse pubblico che ne impongono la rimozione.
[1] D. Lavermicocca, Le sanzioni in edilizia. Atto vincolato e legittimo affidamento, in Urbanistica e appalti, 2019, n. 5, 643 ss.; M.A. Sandulli, Controlli sull’attività edilizia, sanzioni e poteri di autotutela, in Federalismi, 2019, n. 18.
[2] La stessa decisione richiama il tenore testuale del D.L. n. 2/1988, convertito con modificazioni dalla Legge n. 68/1988: «il termine per la presentazione della domanda di concessione o autorizzazione in sanatoria, di cui all’articolo 35, primo comma, della Legge 28 febbraio 1985, n. 47, resta fissato al 30 giugno 1987 […]».
[3] Il richiamo è alla decisione dell’Adunanza Plenaria del 17 ottobre 2017, n. 9.
Per un commento si vedano A. Sau, Le armi spuntate dell’ordinamento nel contrasto all’abusivismo edilizio, in Rivista giuridica di urbanistica, 2020, n. 4, 864 ss.; P. Tanda, L’Adunanza Plenaria n. 9/2017 si pronuncia sul ruolo del fattore tempo nell’esercizio del potere repressivo della p.a. in materia urbanistico-edilizia, in Federalismi, 2018, n. 1; M. Trimarchi, Il contrasto all’abusivismo edilizio tra annullamento d’ufficio e ordine di demolizione, in Giornale di diritto amministrativo, 2018, n. 1, 68 ss.
Su una questione analoga si veda E. Amante, L’edificazione ante 1967 in carenza di titolo abilitativo: legittimità degli interventi esterni al centro abitato e trattamento sanzionatorio degli abusi risalenti nel tempo, in Urbanistica e appalti, 2018, n. 3, 410 ss.
[4] F. Bragnani, Limiti del potere pubblico nel procedimento di annullamento in autotutela – profili procedimentali e di giurisdizione, in Rivista giuridica di urbanistica, 2018, n. 2, 326 ss.; G. Biasutti, L’ordinanza di demolizione tra ripristino della legalità, legittimo affidamento e tutela dei terzi, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2017, n. 5, 1137 ss.
[5] Per un commento si vedano R. Fusco, I limiti dell’autotutela decisoria in materia edilizia: il difficile equilibrio tra il contrasto all’abusivismo e la tutela dell’affidamento dei privati, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2020, n. 1, 15 ss.; L. Bertonazzi, Annullamento d’ufficio di titoli edilizi: note a margine della sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8/2017, in Diritto processuale amministrativo, 2018, n. 2, 730 ss.; G. Manfredi, La Plenaria sull’annullamento d’ufficio del permesso di costruire: fine dell’interesse pubblico “in re ipsa”?, in Urbanistica e appalti, 2018, n. 1, 52 ss.; C. Pagliaroli, La “storia infinita” dell’annullamento d’ufficio dei titoli edilizi: nessun “revirement” da parte dell’Adunanza Plenaria, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2018, n. 1, 92 ss.; E. Zampetti, Osservazioni a margine della Plenaria n. 8 del 2017 in materia di motivazione nell’annullamento d’ufficio, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2018, n. 2, 404 ss.; A. Gualdani, L’annullamento d’ufficio in edilizia tra obbligo di motivazione e affidamento, in Rivista giuridica di urbanistica, 2017, n. 3, 486 ss.; R. Musone, L’interesse pubblico nell’annullamento d’ufficio del permesso di costruire, in Urbanistica e appalti, 2017, n. 5, 684 ss.; C. Pagliaroli, La motivazione del provvedimento di annullamento in autotutela di concessione edilizia in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2017, n. 2, 379 ss.; N. Posteraro, Annullamento d’ufficio e motivazione “in re ipsa”: osservazioni a primissima lettura dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2017, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2017, n. 5, 1103 ss.; N. Posteraro, Sulla possibile configurazione di un’autotutela doverosa (anche alla luce del Codice dei Contratti pubblici e della Adunanza Plenaria n. 8 del 2017), in Federalismi, 2017, n. 20; L. Samuelli Ferretti, Annullamento d’ufficio di una concessione edilizia in sanatoria. Il CDS rimette la questione alla Adunanza Plenaria, in GiustAmm, 2017, n. 6.
Su una questione analoga si vedano altresì G. Tropea, Autotutela in edilizia: a piccoli passi verso la legalità, in Giurisprudenza italiana, 2020, n. 3, 650 ss.; A. Licci Marini, Legittima l’apposizione di prescrizioni ai titoli edilizi, in Urbanistica e appalti, 2019 n. 3, 396 ss.; S. Ingegnatti, Ordine di demolizione e abusi edilizi risalenti nel tempo: se e quando può trovare applicazione il principio del legittimo affidamento, in Giurisprudenza italiana, 2017, n. 5, 1190 ss.
[6] G. Cocozza, Riflessioni sull’annullamento in autotutela oltre i diciotto mesi. Una deroga con non pochi dubbi, in Diritto e processo amministrativo, 2020, n. 1, 261 ss.