Gli standard estetici su beni non vincolati, di Fabio Cusano

Con sentenza 1 marzo 2024, n. 2051, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha affermato che il Comune può conformare l’attività edilizia privata ai fini di sicurezza e salubrità dell’abitato, di decoro del contesto urbano e di tutela ambientale e paesaggistica, e quindi può certamente imporre, anche per immobili non sottoposti a specifico vincolo storico culturale, non solo regole costruttive ma anche standard stilistici ed estetici secondo modelli tradizionali volti a confermare l’identità del contesto urbano, ma non può sovrapporvi immotivate interpretazioni estetiche soggettive avulse dal contesto di riferimento né ostacolare (in mancanza di uno specifico vincolo in tal senso) la naturale evoluzione tecnico-scientifica dei materiali e delle lavorazioni.

Il tale quadro, la previsione delle NTA, in quanto solo “preordinata ad assicurare il decoro architettonico per tutti gli immobili inclusi nel piano” è in questo caso rispettata mediante la resa estetica di “alcune parti” (quelle basse) della facciata “con disegni a bugna orizzontale non stilata” (motivo grafico del rivestimento a pietra non controverso fra le parti) secondo tecniche di “intonacazione e tinteggiatura “tradizionali”, tecniche che, notoriamente, includono l’utilizzo di parti in pietra, soprattutto per gli angoli (notoriamente più esposti ad usura) e per le parti vicine al suolo (notoriamente più esposte all’umidità) mediante pietra, tagliata e mantenuta allo stato naturale oppure ottenuta nella sua consistenza finale (così come accade per il gres porcellanato) mediante una terra cotta ad altissime temperature, ottenendosi in ogni caso un materiale, indipendentemente dalle sua modalità di preparazione (che non sono soggette a particolare vincolo -né potrebbero legittimamente esserlo in una libera economia di mercato), disponibile in plurime forme del tutto assimilabili, quanto a consistenza e aspetto estetico, alla pietra tradizionale, discendendone la palese irragionevolezza e l’indebita vessatorietà, apprezzabili da questo giudice indipendentemente da qualsiasi ambito di discrezionalità o di discrezionalità tecnica, della interpretazione data dal Comune alla prescrizione in esame.

In conclusione, l’appello risulta fondato e deve essere pertanto accolto, discendendone per l’effetto, in riforma del capo della impugnata sentenza di primo grado, il parziale accoglimento nei termini sopraindicati del ricorso di primo grado, risultando il rivestimento utilizzato – e tardivamente contestato dall’amministrazione – pienamente compatibile con le prescrizioni sopra esaminate.