Gli abusi edilizi in aree demaniali di Fabio Cusano

TAR_NA_1724_2023

Con la sentenza n. 1724 del 20 marzo 2023, il TAR Campania (Napoli, sez. VI) ha ribadito che l’art. 35 del D.P.R. 380/2001, volto a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti abusivi da parte di privati, configura un potere di rimozione che ha carattere vincolato, rispetto al quale non può assumere rilevanza neanche l’approfondimento circa la concreta epoca di realizzazione dei manufatti e non è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto. Attesa la ridetta natura vincolata dell’atto, il lungo lasso di tempo intercorso tra la realizzazione dell’abuso e l’adozione del provvedimento repressivo non refluisce in un più stringente obbligo motivazionale circa la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla ingiunzione di demolizione.

La ricorrente realizzava all’interno del Civico Cimitero di Pozzuoli, in sostituzione di una preesistente tomba gentilizia, dei loculi; il dirigente dell’Area Tecnica del Comune l’aveva diffidata al ripristino dello stato dei luoghi ed alla demolizione delle suddette opere; pertanto, la ricorrente impugnava il provvedimento comunale.

La soluzione della controversia deve di necessità partire, ad avviso del Collegio, dalla constatazione che l’ordinanza gravata è stata adottata, dal Comune di Pozzuoli, ex art. 35 DPR 380/2001, trattandosi di “intervento realizzato su suolo di proprietà di un ente pubblico”.

S’è osservato in giurisprudenza che: “Nell’ipotesi di illecito edilizio realizzato su suolo pubblico, l’art. 35 d.P.R. n. 380/2001 prevede come unico rimedio sanzionatorio l’ordine di demolizione, dovendosi interpretare la relativa disposizione con particolare rigore, in considerazione del fatto che l’abuso è commesso ai danni di suolo pubblico” (Consiglio di Stato, Sez. VII, 21/10/2022, n. 8987); le conseguenze di ciò sono limpidamente evincibili dalla massima del T. A. R. Calabria – Reggio Calabria, Sez. I, 13/10/2022 , n. 678, secondo cui: “L’art. 35 del d. P. R. n. 380/2001, volto a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti abusivi da parte di privati, configura un potere di rimozione che ha carattere vincolato, rispetto al quale non può assumere rilevanza neanche l’approfondimento circa la concreta epoca di realizzazione dei manufatti e non è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto. Attesa la ridetta natura vincolata dell’atto, il lungo lasso di tempo intercorso tra la realizzazione dell’abuso e l’adozione del provvedimento repressivo non refluisce in un più stringente obbligo motivazionale circa la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla ingiunzione di demolizione”.

A ciò consegue, fra l’altro, che la norma non lascia all’ente locale alcuno spazio per valutazioni discrezionali, una volta accertata la realizzazione di interventi eseguiti in assenza o in totale difformità del permesso di costruire su suoli demaniali, che impone di ordinarne la demolizione a cura del Comune e a spese del responsabile dell’abuso. In altri termini una volta accertato il carattere abusivo dell’opera ai sensi degli artt. 31 e 35, T.U. Edilizia, il provvedimento di ingiunzione alla rimozione del manufatto si configura per l’Amministrazione come atto dovuto e vincolato, come previsto dal comma 2 dell’art. 31, T.U. Edilizia, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario dare notizia dell’avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. VII, 5/10/2020, n. 4266).

Il ricorso è stato, quindi, respinto.