Demolizione e ricostruzione: la Cassazione ripercorre e distingue le varie definizioni operative.
Ord. Cass. Civ., Sez. II, 6 giugno 2022, n. 18021
Con l’Ordinanza in commento, la Cassazione ripercorre in maniera netta e precisa alcune definizioni di natura tecnica che coinvolgono le più recenti legislazioni edilizie.
Come noto, infatti, l’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recentemente modificato dal D.L. n. 76/2020 e dal D.L. n. 17/2022, definisce in modo peculiare il concetto di ristrutturazione edilizia, in modo da ricomprendere anche gli interventi di demolizione e ricostruzione con aumenti di volumetria, così importanti ultimamente per le politiche di rigenerazione urbana e di efficientamento energetico, che potrebbero essere ostacolate dalle disposizioni dei vigenti piani regolatori comunali che in alcune zone impediscono la realizzazione di nuove costruzioni.
Più in particolare, secondo i più recenti orientamenti della Cassazione, condivisi dal Collegio giudicante, si potrebbe parlare di “ricostruzione” quando gli interventi di modifica dell’edificio preesistente si traducono non soltanto nell’esatto ripristino della costruzione precedente ma anche in qualsiasi modificazione che comporti un aumento della volumetria preesistente. Al contrario, invece, la “ristrutturazione” in senso stretto si traduce in un intervento di ripristino dell’edificio preesistente, che riguardi modificazioni esclusivamente interne, senza alterazioni delle sue componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura.
Alla luce di quanto detto, si nota come le recenti normative edilizie tendono sempre di più ad assegnare al concetto di demolizione e ricostruzione un significato che va ben al di là della stretta qualificazione sostanziale, ricomprendendolo nella nozione di ristrutturazione, che una volta aveva ad oggetto esclusivamente le modificazioni interne che non alteravano né la sagoma né la volumetria dell’edificio.