Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, di Fabio Cusano

Con sentenza 11 settembre 2023, n. 2068, il TAR Milano (sez. II) ha ribadito che in tema di perfezionamento del titolo edilizio a seguito dell’inerzia dell’amministrazione, il comma 8 dell’art. 20 del D.P.R. 380/2001, prevede che decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali. La conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non è dunque necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso. Pertanto, il titolo edilizio si forma per il solo decorso del tempo, salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela.

La società, odierna ricorrente, è proprietaria di un immobile ad uso industriale di un piano fuori terra situato nel territorio del Comune di Milano.

Nel 2020, tale società ha presentato al Comune di Milano istanza di rilascio di permesso di costruire al fine di realizzare sul predetto immobile un intervento qualificato di ristrutturazione edilizia, consistente nella totale demolizione e successiva realizzazione, con modifica di sagoma e di sedime, di un immobile ad uso residenziale, di due piani fuori terra (oltre ad uno interrato), mediante il recupero della superficie lorda (S.L.) dichiarata esistente.

Con provvedimento 2022, il Comune ha respinto l’istanza.

Contro questo provvedimento è principalmente diretto l’atto introduttivo del presente giudizio.

Dopo la proposizione del ricorso, la ricorrente ha depositato presso il Comune di Milano una SCIA alternativa al permesso di costruire avente in sostanza ad oggetto il medesimo intervento per il quale era stata in precedenza presentata istanza di rilascio del titolo edilizio.

Il Comune di Milano ha inibito la realizzazione dei lavori rilevando la sussistenza delle medesime criticità evidenziate nel provvedimento di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di costruire.

Questo provvedimento è stato impugnato mediante la proposizione di motivi aggiunti.

Si è costituito in giudizio, per opporsi all’accoglimento delle domande avverse, il Comune di Milano.

Il Collegio ha ritenuto che le domande di annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di costruire e del provvedimento di inibitoria della SCIA siano fondate, essendo meritevoli di accoglimento le censure dedotte nel primo motivo del ricorso introduttivo e nel primo motivo dei motivi aggiunti. Con queste censure la stessa ricorrente sostiene che il tardivo intervento dell’Amministrazione avrebbe determinato la formazione del silenzio assenso sull’istanza di rilascio del titolo edilizio ed il consolidamento della SCIA, con la conseguenza che la stessa Amministrazione avrebbe potuto incidere sulla fattispecie, negando la possibilità di realizzazione delle opere, esclusivamente esercitando il potere di autotutela.

Dal combinato disposto dei commi terzo e sesto dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 si ricava che, nel caso in cui sia stato emanato l’atto di preavviso di rigetto, il termine per la conclusione del procedimento instaurato a seguito di presentazione di domanda di rilascio di permesso di costruire è pari a cento giorni, di cui sessanta assegnati al responsabile del procedimento per la formulazione della sua proposta, e quaranta assegnati all’organo competente per l’adozione del provvedimento finale. In base ai commi 4 e 5 dello stesso art. 20, il termine assegnato al responsabile del procedimento può essere sospeso nel caso in cui egli rivolga formale invito al proponente ad apportare modifiche al progetto, e può essere interrotto, per una sola volta, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata.

Analoghe disposizioni sono contenute nell’art. 38 della legge regionale n. 12 del 2005, il quale peraltro assegna all’amministrazione termini meno ampi.

Il comma 8 dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce poi che “Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali”.

Nonostante l’esplicita previsione normativa, secondo la ancora prevalente giurisprudenza, il mero decorso del termine non è di per sé sufficiente alla formazione del silenzio-assenso essendo a tal fine anche necessario che l’intervento edilizio sia conforme agli strumenti urbanistici ed alle altre disposizioni di legge. Questo orientamento si fonda sulla constatazione che, in caso contrario, si determinerebbe una situazione di sostanziale disparità tra ipotesi sostanzialmente identiche, dipendente solo dal sollecito (o meno) esercizio del potere amministrativo e, dove non fosse ipotizzabile l’intervento in via di autotutela dell’amministrazione, si verrebbe a configurare una disapplicazione di norme per mero (e casuale) decorso del tempo (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 1 settembre 2022, n. 7631; id., sez. VI, 8 settembre 2021 n. 6235; 1 luglio 2021, n. 5018; id. sez. IV, 7 gennaio 2019 n. 113; id. 1 giugno 2018, n. 3317; T.A.R. Piemonte, sez. II, 10 marzo 2023, n. 219; T.A.R. Abruzzo L’Aquila, sez. I, 10 marzo 2022, n. 74; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 25 febbraio 2022, n. 293; T.A.R. Lazio Roma, sez. II-bis, 24 dicembre 2021, n. 13490).

Secondo un diverso e più recente orientamento (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2661; id., 8 luglio 2022, n. 5746) la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non è invece necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso. Sostiene questa giurisprudenza che la conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela. Si precisa che, diversamente opinando, la norma che prevede la formazione del silenzio-assenso sarebbe di scarsa utilità per colui che, dopo aver proposto la domanda di rilascio del permesso di costruire, non riceva alcuna risposta dall’amministrazione posto che quest’ultima potrebbe sempre intervenire senza oneri e vincoli procedimentali, disconoscendo in qualunque tempo gli effetti della domanda stessa. A supporto di questa conclusione viene anche richiamato l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020), nella parte in cui afferma che “Le determinazioni relative […] agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli […] 20, comma 1, […] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”. Questa norma, precisando che l’amministrazione può intervenire in autotutela per annullare il titolo tacito illegittimo, ammette infatti che il silenzio-assenso possa formarsi anche quando la domanda non sia conforme alla vigente normativa (mentre la soluzione opposta, che esclude che sulla domanda riguardante un intervento non conforme possa formarsi il silenzio-assenso, sottrae questa fattispecie alla disciplina della annullabilità).

La medesima conclusione può peraltro ricavarsi dalla lettura dell’art. 21-nonies, primo comma, della n. 241 del 1990 il quale stabilisce che l’amministrazione può annullare d’ufficio (e quindi per ragioni di legittimità) il provvedimento tacito formatosi per silenzio-assenso ai sensi del precedente art. 20.

Valorizzando l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990, altra parte della giurisprudenza è addirittura pervenuta ad affermare che la domanda di annullamento del provvedimento di diniego della richiesta di rilascio del permesso di costruire emanato successivamente al decorso del termine per la formazione degli effetti del silenzio assenso è inammissibile in quanto non supportata da alcun interesse a ricorrere, e ciò proprio in ragione del fatto che il provvedimento tardivo, essendo inefficace per espressa previsione normativa, è privo di idoneità lesiva (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 10 gennaio 2022, n. 171).

Ritiene il Collegio in questo contesto che sia preferibile, in quanto più aderente al dato normativo, la tesi proposta dalla più recente giurisprudenza che, come visto, esclude che la conformità alla normativa urbanistico edilizia sia elemento necessario per la formazione del silenzio-assenso.

Ciò precisato, va ora osservato che, come detto, nel caso concreto, la ricorrente ha presentato domanda di rilascio del permesso di costruire nel 2020, mentre l’Amministrazione ha emanato il provvedimento di rigetto solo nel 2022, ben oltre il termine assegnato dalla legge per la conclusione del procedimento.

L’Amministrazione, nelle proprie difese, pur illustrando ampiamente la complicata vicenda procedimentale, non ha eccepito l’intervenuta sospensione o interruzione del termine le quali, come visto, possono essere determinate esclusivamente dagli atti specificamente indicati dall’art. 20, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 380 del 2001 (formale invito al proponente di apportare modifiche al progetto e motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata). Neppure è stato eccepito che l’immobile di cui è causa ricada in area soggetta a vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, essendosi l’Amministrazione limitata nelle proprie difese ad affermare genericamente che il diniego espresso dagli atti impugnati sarebbe anche funzionale alla tutela di interessi riguardanti la tutela dell’igiene e della salute pubblica.

Ne consegue che sull’istanza proposta dalla ricorrente si è formato il silenzio-assenso e che, quindi, l’Amministrazione, per disconoscerne gli effetti, avrebbe dovuto intervenire esercitando il potere di autotutela ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento al provvedimento di inibitoria della SCIA presentata nel 2022, posto che lo stesso è intervenuto ben oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 19, comma 6-bis, della legge n. 241 del 1990, quando l’Amministrazione, in base al precedente comma 3 dello stesso articolo, sarebbe potuta intervenire solo osservando le limitazioni previste per l’esercizio del potere di autotutela. Si precisa a questo proposito che nessun rilievo può avere, ai fini che qui interessano, il ritardo con cui è avvenuta la protocollazione della SCIA proposta dalla ricorrente, posto che il termine di cui al citato art. 19, comma 6-bis, della legge n. 241 del 1990 decorre, ai sensi del precedente comma 3, dal giorno di ricevimento della segnalazione.

Poiché i provvedimenti impugnati sono stati adottati sul mero presupposto della contrarietà dell’intervento proposto dalla ricorrente alla vigente normativa, senza effettuare alcuna comparazione di interessi e, comunque, in assenza di ogni valutazione riguardante gli elementi che, ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, costituiscono presupposto per l’esercizio del potere di autotutela, deve ribadirsi la fondezza delle censure esaminate.

Per tutte queste ragioni il ricorso è stato accolto.