Con sentenza del 19 giugno 2023, n. 6002, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha ribadito che nell’ambito delle distanze tra fabbricati da dover rispettare, vi è la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, applicabile pur dinanzi a norme locali diverse (oggetto di necessaria disapplicazione) anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro.
Altresì, non è ammissibile la previsione di interventi modificativi dello stato di fatto rilevato al momento dell’accertamento degli abusi, poiché un simile titolo “condizionato” postulerebbe, in contrasto con l’art. 36, D.P.R. 380/2001, non già la “doppia conformità” delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni.
Le odierne parti appellanti impugnavano la sentenza del TAR di rigetto dell’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalle stesse parti, al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti: la determinazione del Comune con la quale è stata respinta la S.C.I.A. in sanatoria ex art. 22 e 23, DPR n. 380/2001, ed ex art. 19 l. 241/1990, e con cui i ricorrenti sono stati diffidati all’esecuzione dei lavori di demolizione indicati in detta S.C.I.A.
L’analisi del provvedimento oggetto di impugnazione principale evidenzia la sussistenza di una pluralità di motivi, con conseguente applicazione del noto principio a mente del quale in presenza di un atto amministrativo cd. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale, dal momento che nel caso di un atto fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le une dalle altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 13/06/2022, n. 4791).
L’appello non è suscettibile di accoglimento a fronte del consolidato principio a mente del quale (Consiglio di Stato sez. VI, 23/11/2022, n.10317) non è ammissibile la previsione di interventi modificativi dello stato di fatto rilevato al momento dell’accertamento degli abusi, poiché un simile titolo “condizionato” postulerebbe, in contrasto con l’art. 36 d.P.R. n. 380 cit., non già la “doppia conformità” delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni
Se per un verso lo stesso principio si estende ai successivi motivi, dedotti in relazione alle singole opere contestate, nella parte in cui si contesta la mancata considerazione della demolizione, per un altro verso gli stessi restanti motivi sono comunque infondati anche alla luce del pacifico orientamento che impone una valutazione non atomistica degli abusi che, in ogni caso, qui di seguito si fanno oggetto di analisi singolare.
Il Consiglio ha altresì ribadito che nell’ambito delle distanze tra fabbricati da dover rispettare, vi è la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, applicabile pur dinanzi a norme locali diverse (oggetto di necessaria disapplicazione: cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. II, 19/10/2021, n. 7029) anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. II, 19/10/2021, n. 7029).