Sulla sanatoria in zona vincolata di Fabio Cusano

Cons Stato 6604 2023

 

Con sentenza del 6 luglio 2023, n. 6604, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha ribadito che ai sensi dell’art. 32, D.L. 269/2003, comma 27, lett. d), le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima dell’imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato (come ribadito, ex multis, da Cons. Stato, sez. VI, 15/11/2022, n. 9986).

Nella specie sono stati realizzati in assenza di titolo: un muro di recinzione; un capannone metallico; una banchina di scarico. Dette opere non possono essere considerate opere minori e comunque comportano un aumento di volumetria che la norma citata non consente. Come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, si tratta di un unitario intervento edilizio riconducibile al novero degli abusi maggiori di cui alla Tipologia 1 dell’Allegato 1 alla legge n. 326/03: “Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la realizzazione del capannone in struttura metallica non può essere considerata come opera di manutenzione straordinaria. Sul punto inequivoco è l’insegnamento di Cons. Stato, sez. IV, 11/11/2010, n. 8026: deve essere qualificata intervento di nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3 d.p.r. 380 del 2001 la realizzazione di un capannone di dimensioni non banali e importanti, che rendono la struttura robusta e solida e che fanno desumere una permanenza prolungata nel tempo del manufatto stesso. A non diverse conclusioni si giunge anche volendo considerare il capannone come una tettoia (tesi che l’appellante sembra voler accreditare dell’atto di appello). Come chiarito da Cons. Stato, sez. VI, 13/04/2021, n. 3005, la costruzione di tettoie di consistenti dimensioni, comportanti una perdurante alterazione dello stato dei luoghi e incidenti per sagoma, prospetto, volumetria e materiali impiegati in modo stabile e duraturo sull’assetto urbanistico-edilizio del territorio, necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire.

Anche la realizzazione di un muro di cinta, altra opera abusivamente realizzata ed espressamente citata nell’istanza di condono, è subordinata al rilascio del permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13/04/2021, n. 3005).

In definitiva, quindi, non può essere accolta la tesi dell’appellante secondo cui si trattava di opere di manutenzione straordinaria. Il condono non poteva essere rilasciato perché non esistevano le condizioni previste dall’ art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella l. 24 novembre 2003 n. 326 (c.d. terzo condono).