Sul dies a quo nell’an e nel quomodo dell’edificazione di Fabio Cusano

CS_3654_2023

 

Con la sentenza n. 3654 dell’11 aprile 2023, il Consiglio di Stato (sez. IV) ha ribadito che l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area) mentre, laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente.

L’oggetto del giudizio è costituito

  1. a) dalla deliberazione della Giunta municipale di Caserta recante l’approvazione di una variante al piano di recupero della città, prodromica al rilascio in favore di un istituto del permesso di costruire;
  2. b) dal permesso di costruire rilasciato dal comune di Caserta in favore dell’istituto per la realizzazione di una tensostruttura nel giardino privato dell’istituto stesso;
  3. c) dal “silenzio assenso” del Comune ovvero dalla S.c.i.a. presentata dall’istituto in variante riduttiva rispetto alle opere in precedenza autorizzate;
  4. d) dalla dichiarazione di agibilità della struttura.

Gli originari ricorrenti, odierni appellanti dichiarano di agire per l’accertamento dell’illegittimità del comportamento inerziale posto in essere dal comune di Caserta nella gestione della pratica edilizia di cui è causa.

La sentenza appellata del TAR Campania ha rigettato il corso; avverso detta sentenza, gli originari ricorrenti hanno proposto appello.

Come rilevato da costante giurisprudenza del Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 marzo 2016, n. 2782; 21 marzo 2016 n. 1135; 15 novembre 2016, n. 4701), l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare (essendone onerato da ultimo Cons. Stato, sez. II, 2 febbraio 2022, n. 721) anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 191, che si conforma all’insegnamento dell’Adunanza plenaria n. 15 del 2011, sviluppandone i logici corollari).

Quanto al concetto stesso di “piena conoscenza” (ed alla sua idoneità a costituire il dies a quo di decorrenza del termine per l’impugnazione dell’atto), occorre ricordare che la giurisprudenza della sezione ha già avuto modo di osservare (tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3763; 6 ottobre 2015 n. 6242; 28 maggio 2012 n. 3159) che la “piena conoscenza” del provvedimento impugnabile non deve essere intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento stesso, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale.

Applicando questi principi con riferimento al caso di specie, va evidenziato, in primo luogo, che la delibera della Giunta municipale di variante al piano di recupero che ha reso possibile l’edificazione della struttura nel giardino dell’istituto risulta essere stata ritualmente pubblicata sull’albo pretorio. Tale forma di pubblicità degli atti della Giunta è prescritta dall’art. 124 del d.lgs. n. 267 del 2000, cosicché per i suddetti provvedimenti la pubblicazione all’albo pretorio costituisce il mezzo di conoscenza legale da cui decorrono i termini per l’impugnativa.

Quanto al permesso di costruire, gli originari ricorrenti hanno dedotto che tale provvedimento sarebbe stato loro noto nella sua esistenza e nella sua concreta lesività solo a seguito dell’acquisizione di copia degli atti della pratica edilizia.

Tale tesi, alla luce di tutta la documentazione di causa, non può essere condivisa, dovendo la conoscenza da parte del condominio e dei proprietari degli immobili adiacenti dell’atto e della sua essenziale portata lesiva collocarsi necessariamente in un periodo precedente alla suddetta data in forza di una serie di elementi gravi precisi e concordanti quali:

  1. l’avvenuto inizio dei lavori di costruzione della struttura, come da relativa denuncia;
  2. la fine lavori;
  3. l’inizio dell’utilizzazione della struttura;
  4. il contenuto inequivoco della corrispondenza telematica intercorsa tra uno degli appellanti, tra l’altro anche difensore del condominio, e l’istituto che facendo riferimento alle rilevanti dimensioni dell’impianto costruito e alla ricerca di possibili accorgimenti per mitigarne l’impatto visivo dalle altre proprietà conferma la piena visibilità dell’opera per i vicini confinanti;
  5. l’indubbia vicinitas tra il condominio e le proprietà degli appellanti, “in stretta adiacenza” al giardino dell’istituto in cui sorge la tensostruttura.

I suddetti indici confermano il fatto che la parte ricorrente in primo grado avesse avuto piena conoscenza del titolo edilizio ben prima della richiesta al Comune di prendere visione della pratica edilizia, avanzata con “colpevole” ritardo a mesi di distanza dal completamento dell’opera e dall’inizio della sua utilizzazione.

D’altra parte, la “piena conoscenza” dell’atto, individuata dall’art. 41, comma 2, c.p.a., quale momento da cui decorre il termine per impugnare, richiede non la conoscenza piena e integrale dell’atto stesso, ma la mera percezione della sua esistenza e degli aspetti che ne comportano la lesività, in modo da rendere riconoscibile per il ricorrente l’attualità dell’interesse ad agire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3075 del 2018). La richiesta di accesso, poi, dal canto suo, non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall’altro lato, deve parimenti essere salvaguardato l’interesse del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2020 n. 962; 25 maggio 2018 n. 3075; sez. II, 26 giugno 2019 n. 4390).

Per queste ragioni, il ricorso di primo grado deve ritenersi irricevibile.

In conclusione, l’appello è stato respinto.