Sentenza TAR Puglia – Bari – I sez. – 9 luglio 2004 – n. 2993

di 14 Dicembre 2004 Giurisprudenza

T.A.R. PUGLIA – BARI – SEZIONE III – Sentenza 9 luglio 2004 n. 2993

Pres. Amedeo URBANO; Est. Raffaele GRECO

IMPRESA EDILE COSTRUZIONE s.r.l. (avv. V. Di Natale) c. COMUNE DI VALENZANO (avv. V. Spano), INEDIL s.r.l. (n.c.), EDILPARTI s.r.l. (n.c.), Ditta ROGONDINO GIUSEPPE (n.c.).

1. Contratti della pubblica amministrazione – Disciplina normativa – Project financing – Proposta tesa all’ottenimento del ruolo di promotore – Soggetto proponente – Posizione giuridica qualificata – Prima dell’individuazione da parte della p.a. – Configurabilità.

2. Contratti della pubblica amministrazione – Disciplina normativa – Project financing – Superamento della fase di valutazione di idoneità e di fattibilità tecnica dell’intervento – Fase successiva – Valutazione della p.a. riguardo agli aspetti economici e finanziari.

3. Contratti della pubblica amministrazione – Disciplina normativa – Project financing – Procedura – InterruzioneScelta della p.a. – Obbligo di comunicare l’avvio del procedimento – Esclusione.

1. In tema di project financing, va riconosciuto al soggetto che abbia presentato una proposta tesa all’ottenimento del ruolo di promotore, prima ancora dell’individuazione di tale figura da parte dell’Amministrazione, una posizione giuridica soggettiva qualificata in ordine all’accoglimento della propria proposta in luogo di quelle presentate da altri.

2. Una volta superata, in tema di project financing, la valutazione di idoneità e di fattibilità tecnica dell’intervento, il “cuore” della valutazione dell’Amministrazione è individuabile negli aspetti economici e finanziari.

3. Nel caso in cui l’Amministrazione decida di interrompere la procedura di project financing in favore di altra procedura, non vi è obbligo di comunicare l’avvio del procedimento.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Sezione Terza

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 99 del 2004 proposto

dalla Impresa Edile Costruzioni S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore sig. Vito Matteo Barozzi, con sede legale in Altamura alla via Monte Rosa, 8, rappresentata e difesa dall’avv. Vito Di Natale ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Bari alla via N. Piccinni, 12,

CONTRO

il Comune di Valenzano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Spano ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Bari alla via Calefati, 103 (c/o avv. M. Veneziani),

nonché nei confronti

– della Inedil S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Putignano al viale C. Colombo, 23, non costituita nel presente giudizio;

– della Edilparti S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Bari alla via S. Tommaso d’Aquino, 8/B, non costituita nel presente giudizio;

– della ditta Rogondino Giuseppe, on persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Bari-Ceglie alla via Pompeo, 26, non costituita nel presente giudizio;

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

– della delibera nr. 126 del 30.10.2003 (pubblicata il 3.11.2003 e, successivamente, conosciuta dalla ricorrente), adottata dalla Giunta Comunale di Valenzano, nella parte in cui la suddetta Amministrazione, valutando la proposta della ricorrente, pervenuta in seno alla procedura di project financing approvata con delibera nr. 23 del 28.2.2003, non la riteneva di pubblico interesse e, contestualmente, deliberava l’abbandono della predetta procedura e, (deliberava) di inserire la realizzazione dell’intervento cimiteriale nella programmazione dei LL. PP. 2004-2006, mediante ricorso alle procedure ordinarie;

– di ogni altro atto annesso, connesso o presupposto ancorché non conosciuto, ivi compresa, la relazione generale sulle proposte pervenute, del 29.10.2003, a firme del responsabile del procedimento ing. Vito Dispoto; la relazione dell’assessore ai LL. PP. del 30.11.2003, con la quale si proponeva l’abbandono della procedura del project financing, non avendo ritenuto di pubblico interesse alcuna delle proposte pervenute; nonché, l’eventuale bando di gara indetto per la ristrutturazione ed ampliamento del cimitero, comunque determinato, non conosciuto né posseduto dalla ricorrente;

e per la condanna

dell’Amministrazione al risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla ricorrente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 24.6.2004, il Referendario, dott. Raffaele Greco;

Udito l’avv. Di Natale per la ricorrente e l’avv. Spano per l’Amministrazione ricorrente;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 2 gennaio 2004, depositato il 16 gennaio 2004, la Impresa Edile Costruzioni S.r.l. impugnava i provvedimenti in epigrafe meglio indicati, adottati dall’Amministrazione comunale di Valenzano nell’ambito della procedura di project financing per l’ampliamento del locale cimitero, di cui all’avviso pubblico del 24.4.2003 nel quale, sulla base dello studio di fattibilità proposto dalla Edil Parti S.r.l. (adottato e fatto proprio con delibera di G.M. nr. 23 del 28.2.2003), aveva invitato i promotori a presentare le proprie proposte realizzative.

Avverso tali provvedimenti la ricorrente deduceva i seguenti profili di illegittimità:

Violazione e falsa applicazione delle prescrizioni dell’avviso pubblico; Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità, contraddittorietà; Violazione dei principi dell’autovincolo; Difetto di istruttoria, per avere l’Amministrazione, in contrasto con le prescrizioni dell’avviso pubblico, omesso di valutare la fattibilità delle proposte pervenute, in particolare omettendo di esaminarle sulla base dei criteri valutativi ivi indicati, di verificare l’assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e di consentire all’istante di poter essere ascoltata a chiarimento della propria proposta, con la conseguente impossibilità di una adeguata valutazione delle proposte stesse (ed in particolare, di quella dell’odierna ricorrente) in termini di pubblico interesse; Violazione e falsa applicazione delle pres

crizioni dell’avviso pubblico; Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità, contraddittorietà; Difetto di istruttoria; Violazione dei principi dell’autovincolo sotto ulteriore autonomo profilo, per avere l’Amministrazione fondato il proprio convincimento esclusivamente sul parametro del ritorno economico, laddove nello studio di fattibilità adottato con la delibera di G.M. nr. 23 del 28.2.2003 venivano espressamente indicati tre parametri, e cioè “…il ritorno economico, sociale, occupazionale sul territorio”, cui con la stessa delibera nr. 23/03 se ne era aggiunto un quarto, individuato nella valutazione dei costi;

Violazione e falsa applicazione dell’avviso pubblico; Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà; Violazione dei principi dell’autovincolo; Erronea e contraddittoria motivazione, essendo improprio il riferimento al costo di concessione quale parametro di valutazione della proposta presentata dalla ricorrente, trattandosi di parametro assolutamente estraneo al predetto studio di fattibilità ed ulteriore e diverso rispetto ai criteri individuati nell’avviso pubblico, e comunque inidoneo ad essere comparato sia con la voce di costo unitario sia con quella di ricavo unitario di cui alla proposta della ricorrente;

Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti; Difetto assoluto di istruttoria; Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. nr. 241/90, per avere l’Amministrazione rispettivamente:

– in sede di valutazione della capacità insediativi proposta dalla ricorrente, valutato la stessa “conforme a quella indicata nel progetto di fattibilità”, senza considerare che nella proposta della ricorrente era prevista la realizzazione di 564 sepolture in ossari in più rispetto al progetto originario; – in sede di valutazione del costo di costruzione globale e unitario a sepoltura, posto a base del calcolo il numero di sepolture del progetto originario anziché il maggior numero di cui alla proposta della ricorrente, in tal modo giungendo a determinare un costo unitario pari a € 681,78 anziché di € 616,43, e quindi più alto del 4 % rispetto a quello originario dell’Ente anziché più basso del 6,52 %;

– in sede di valutazione del ricavo globale a sepoltura, omesso di considerare la differenza tra il numero dei loculi costruiti e il numero dei loculi dati in concessione, atteso che nella proposta della ricorrente questi ultimi, destinati a liberarsi per scadenza delle concessioni, venivano sommati a quelli da costruire, ottenendo la maggior cifra di 4399 loculi in luogo di 3440, nonché omesso di considerare il ben maggior numero di ossari previsto nella proposta della ricorrente, con inevitabili effetti sul calcolo del ricavo globale ed unitario a sepoltura, ed ancora errato nel calcolare i ricavi moltiplicando semplicisticamente la tariffa applicata per la quantità di sepolture, trascurando i ricavi rinvenienti dalla gestione del vecchio cimitero; Violazione e falsa applicazione dei principi del giusto procedimento; Violazione dei principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, stante la carenza di ogni comunicazione alla ricorrente, cui veniva pertanto impedito di rappresentare all’Amministrazione le incongruenza sopra evidenziate; Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. nr. 241/90, attesa l’omissione di ogni previa comunicazione alla ricorrente in ordine alla decisione di abbandonare la procedura di project financing.

Chiedeva pertanto la ricorrente l’annullamento dei provvedimenti impugnato, previa sospensione della loro efficacia, nonché la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno cagionatole con la propria condotta.

In data 17 febbraio 2004 la ricorrente ha altresì depositato ulteriore istanza cautelare, reiterando le doglianze sopra richiamate.

L’Amministrazione intimata si è costituita in data 18 febbraio 2004, chiedendo genericamente che il ricorso venisse dichiarato irricevibile, inammissibile ed infondato.

Con memoria depositata in data 24 febbraio 2004, l’Amministrazione ha altresì articolatamente controdedotto al ricorso, eccependone in via preliminare l’inammissibilità per carenza d’interesse, e comunque opponendosi anche nel merito al suo accoglimento.

Alla camera di consiglio del 25 febbraio 2004, la ricorrente ha rinunciato alla domanda incidentale di sospensione dei provvedimenti impugnati.

In data 12 giugno 2004, entrambe le parti hanno depositato ulteriori memorie conclusionali, ciascuna insistendo nelle proprie richieste. All’udienza del 24 giugno 2004 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Al fine di un miglior approfondimento delle questioni sottese al presente ricorso – ivi comprese quelle relative alle eccezioni preliminari sollevate dall’Amministrazione resistente -, appare opportuna una rapida disamina introduttiva dei fondamenti dell’istituto del project financing, quali risultano dalla disciplina degli artt. 37bis e segg. della L. nr. 109/94, come introdotti dalla L. nr. 415/98, e dalle prime pronunce giurisprudenziali in materia (cfr. in particolare T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 22.4.2004, nr. 762; T.A.R. Veneto, 22.12.2003, nr. 6266; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 12.12.2003 nr. 3130/04).

L’istituto in oggetto, di derivazione anglosassone, è stato introdotto nel nostro ordinamento al fine di agevolare la realizzazione di opere pubbliche che l’Ente pubblico non sarebbe in grado di eseguire, mediante l’apporto di capitali privati: sua caratteristica essenziale è quella di porre a carico dei soggetti promotori o aggiudicatari, in tutto o in parte, i costi necessari alla progettazione ed esecuzione dei lavori, assicurando loro come unica controprestazione il diritto di gestione funzionale e sfruttamento economico delle opere realizzate.

La normativa sopra richiamata, introdotta nella L. nr. 109/94, ha peraltro disciplinato l’istituto in maniera più scandita ed articolata rispetto allo schema tipico del project financing, prevedendo due fasi logicamente e cronologicamente distinte: una prima, che alcuni commentatori definiscono più propriamente della “promozione di opera pubblica” (artt. 37bis, ter e quater), in cui la P.A., sulla base del progetto presentato da un soggetto promotore, valuta la fattibilità della proposta ed il suo pubblico interesse; ed una seconda fase, del vero e proprio project financing (artt. da 37quinquies a 37nonies), in cui è analiticamente disciplinato il rapporto intercorrente tra la stessa P.A. ed il soggetto aggiudicatario, in regime di concessione ai sensi dell’art. 19 co. II della stessa legge nr. 109/94.

Con specifico riguardo alla prima fase, dopo aver stabilito che le proposte di finanziamento presentate dai promotori possono riguardare soltanto lavori pubblici e di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale di cui all’art. 14 co. II L. nr. 109/94, ovvero negli strumenti formalmente approvati dall’Amministrazione sulla base della normativa vigente (art. 37bis), il legislatore ha analiticamente disciplinato i criteri e le modalità di valutazione delle proposte, prevedendo che “…le amministrazioni aggiudicatici valutano la fattibilità delle proposte presentate sotto il profilo costruttivo, urbanistico ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione, verificano l’assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e, esaminate le proposte stesse anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse” (art. 37ter, come modif. dalla L. nr. 166/02).

È dunque evidente che la valutazione dell’Amministrazione si articola a sua volta in una duplice fase: una valutazione di idoneità tecnica della proposta, ed all’esito una valutazione di rispondenza della stessa al pubblico interesse. La giurisprudenza ha giustamente evidenziato come sia soprattutto in questa seconda fase che massimo è il margine di discrezionalità riservato alla P.A., trattandosi di giudizio coinvolgente la valutazione comparativa degli interessi che essa assume rilevanti in un determinato momento storico (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, nr. 3130/04, cit.).

In definitiva, una proposta pur giudicata idonea e fattibile sotto il profilo tecnico, potrà essere respinta in quanto ritenuta non conforme al pubblico interesse, a seguito della predetta valutazione comparativa.

Ci si è soffermati in particolare sulle questioni relative a questa fase iniziale della procedura di project financing (in senso ampio), perché è proprio nell’ambito di essa che si è addivenuti, nel caso che occupa, all’adozione dei provvedimenti oggetto dell’odierna impugnazione.

2. Tanto premesso, occorre anzi tutto esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione resistente, sul presupposto dell’affermata carenza d’interesse all’impugnazione in capo alla ricorrente.

In particolare, l’Amministrazione evidenzia come nel caso di specie l’iter procedimentale si sia sorto in una situazione addirittura anteriore all’individuazione di un soggetto promotore: infatti, il Comune di Valenzano aveva emanato in data 24.4.2003 un “avviso preventivo” di project financing, sulla base di uno studio di fattibilità prodotto dalla ditta Edil Parti S.r.l., invitando tutti gli interessati a presentare le proprie proposte d’intervento per l’ampliamento del cimitero ed avvertendo che fra di esse sarebbe stata individuata, ai sensi dell’art. 37ter L. nr. 109/94, quella da porre in gara a norma delle disposizioni seguenti.

Peraltro, poiché delle proposte presentate, all’esito della valutazione comparativa operata dall’Amministrazione, nessuna era stata ritenuta di pubblico interesse, si era deciso di abbandonare la procedura di project financing, riservandosi una futura realizzazione dell’opera mediante le procedure ordinarie: ciò premesso, assume l’Amministrazione resistente che, prima dell’indizione della gara di cui all’art. 37quater, nessun soggetto sarebbe titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata, essendovi nulla più che una mera aspirazione al prosieguo della procedura, che tuttavia rientrerebbe appieno nella discrezionalità dell’Amministrazione medesima.

Conseguentemente, se non sussiste alcun interesse qualificato in capo al promotore prima dell’avvio della licitazione privata ex art. 37quater, a maggior ragione – secondo la prospettazione di parte resistente – tale situazione soggettiva non potrà sussistere nella fase addirittura anteriore all’identificazione del promotore, allorché i soggetti che hanno presentato le proprie proposte rivestono la mera qualità di aspiranti ad assumere la qualifica di promotore.

Il Collegio non condivide l’impostazione dell’Amministrazione. Ed invero, il principio da cui occorre partire è quello secondo cui, in tutti i casi in cui una scelta dell’Amministrazione sia “procedimentalizzata” dalla legge, attraverso la previsione di specifiche modalità procedurali e di determinati criteri e parametri di valutazione, deve ritenersi sussistente un interesse giuridicamente qualificato (e, quindi, azionabile in via giurisdizionale) in capo ai soggetti direttamente coinvolti nella scelta: si tratta, come è ovvio, non dell’interesse finale al bene della vita, ma dell’interesse strumentale alla correttezza dell’azione amministrativa, in funzione del quale il legislatore ha posto principi e regole da rispettarsi da parte della P.A.

Per queste ragioni, appare condivisibile l’orientamento giurisprudenziale che, in tema di project financing, riconosce al soggetto che abbia presentato una proposta tesa all’ottenimento del ruolo di promotore, prima ancora dell’individuazione di tale figura da parte dell’Amministrazione, una posizione giuridica soggettiva qualificata in ordine all’accoglimento della propria proposta in luogo di quelle presentate da altri (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 10.12.2003, nr. 1081).

Se questo è vero, ritiene il Collegio che non possa disconoscersi la sussistenza di un interesse giuridicamente qualificato, in capo a tale soggetto, anche in ordine alla correttezza e legittimità delle scelte che l’Amministrazione compie in ordine alla fattibilità ed al pubblico interesse delle proposte.

L’eccezione di inammissibilità va pertanto disattesa.

3. Nel merito, il ricorso è infondato e va conseguentemente respinto.

Ed invero, con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente si duole della mancata effettuazione di una valutazione comparativa in ordine alla fattibilità delle proposte presentate, con inevitabili ricadute anche sulla successiva valutazione di pubblico interesse; con il secondo, lamenta il carattere assorbente nella valutazione di un unico parametro, quello del ritorno economico, a fronte della pluralità di criteri in base ai quali, secondo l’avviso pubblico, la stessa valutazione avrebbe dovuto essere condotta.

Sul punto, il Collegio ritiene anzi tutto corrette le osservazioni dell’Amministrazione, secondo cui il fatto che una determinata valutazione debba essere condotta in base ad una pluralità di parametri non implica necessariamente che il giudizio negativo non possa essere fondato anche solo sulla contrarietà al pubblico interesse di uno solo di essi.

Al riguardo, giova anzi tutto richiamare quanto già sottolineato in ordine all’ampio margine di discrezionalità che caratterizza la valutazione di pubblico interesse, tale da rendere certamente non censurabile un eventuale giudizio negativo che si fondi esclusivamente sulla non rispondenza a tale interesse del criterio del “ritorno economico”. Ma v’è di più, ché nel caso di specie la prevalenza di detto criterio non solo era evincibile – come evidenziato dall’Amministrazione resistente – dalla stessa delibera di G.M. nr. 23/03, ma è implicita nella logica stessa dell’istituto del project financing: la giurisprudenza ha infatti sottolineato come, una volta superata la valutazione di idoneità e fattibilità tecnica dell’intervento, il “cuore” della valutazione della P.A. sia in ogni caso individuabile negli aspetti economici e finanziari (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, nr. 762/04, cit.).

Con riguardo, poi, alla valutazione comparativa delle varie proposte asseritamente omessa, può osservarsi anzi tutto che risulta dalla Relazione ricognitiva dell’Assessore ai LL. PP., allegata alla delibera impugnata e da questa espressamente richiamata, come in realtà una comparazione tecnica fra le varie proposte presentate sia stata in fatto compiuta, sottolineandosi, sia pure in maniera sintetica, le principali differenze tecniche ed esecutive tra di esse.

4. Anche le ulteriori censure articolate nel ricorso introduttivo sono infondate.

Va anzi tutto evidenziato come anche esse attengano alla fase della valutazione discrezionale di pubblico interesse riservata alla P.A., e pertanto incontrino i già evidenziati limiti al sindacato giurisdizionale, ammettendosi quest’ultimo soltanto in ipotesi di manifesta irragionevolezza o di macroscopico errore di fatto: ciò che non è, nel caso di specie.

Per quanto attiene al terzo motivo, il Collegio non condivide l’opinione di parte ricorrente, secondo cui il criterio del costo di concessione quale parametro di valutazione sarebbe assolutamente estraneo all’avviso pubblico emesso dalla stessa Amministrazione.

Infatti, in quest’ultimo atto è contenuto un chiaro richiamo, allorché si indicano i criteri di valutazione della fattibilità delle proposte, al “rendimento”, al “costo di gestione e di manutenzione” ed alle “tariffe da applicare”: ne consegue, tenuto conto dell’attuale regime di concessione che caratterizza la gestione del cimitero, che appare del tutto esente da rilievi di irragionevolezza la scelta dell’Amministrazione comunale, che ha ritenuto di parametrare tali criteri agli attuali costi di concessione, piuttosto che a dati ricostruiti in maniera presuntiva e certamente più arbitraria.

Assolutamente ragionevole, inoltre, risulta l’assunzione a principale parametro della valutazione discrezionale di rispondenza delle proposte al pubblico interesse del criterio del “costo unitario a sepoltura”, ossia del prezzo destinato a ricadere sull’utenza finale del servizio: ciò consente di comprendere anche l’infondatezza delle censure articolate col quarto motivo di ricorso.

In particolare, per quanto attiene al giudizio in ordine alla “capacità insediativa proposta”, poiché risulta per tabulas che l’Amministrazione ebbe piena contezza del maggior numero di ossari previsto nella proposta della ricorrente, non è dato comprendere per quali ulteriori ragioni la proposta di quest’ultima avrebbe dovuto essere ritenuta non semplicemente conforme, ma migliorativa rispetto al progetto di fattibilità: è superfluo aggiungere, alla luce dei rilievi sopra svolti, che la valutazione di rispondenza al pubblico interesse non doveva necessariamente ancorarsi a parametri meramente quantitativi, quale quello inerente al numero di sepolture previste in progetto.

Con riguardo, poi, alle doglianze in ordine alla determinazione del “costo di costruzione globale e unitario a sepoltura”, l’Amministrazione resistente ne ha efficacemente dimostrato l’inconferenza: infatti, anche a voler ammettere che vi siano stati gli errori di calcolo cui fa riferimento la ricorrente, questa paragona un costo finale relativo alla propria proposta non comprensivo di IVA con quello attuale di concessione, che è invece inclusivo di IVA, sicché risulta indimostrato che il primo sarebbe più conveniente del secondo.

Quanto infine alle censure della ricorrente in ordine al calcolo del “ricavo globale e unitario a sepoltura”, anche queste appaiono inconferenti, tenuto conto della irrilevanza di tale parametro nella valutazione di pubblico interesse operata dall’Amministrazione (che, come si è visto, è stata compiuta assumendo quale unico criterio di riferimento quello del costo unitario per l’utenza finale).

5. Privo di pregio è anche il quinto motivo d’impugnazione, con il quale la ricorrente si duole del non essere stata sentita a chiarimenti dall’Amministrazione, prima dell’adozione dell’impugnato provvedimento.

Sul punto, il già citato art. 37bis L. nr. 109/94 prevede che la valutazione di pubblico interesse sia formulata dall’Amministrazione “sentiti i promotori che ne facciano richiesta”: anche a voler intendere tale disposizione come fondativi di un vero e proprio obbligo per l’Amministrazione procedente, vi è che nel caso di specie non risulta che l’odierna ricorrente avesse fatto richiesta di audizione.

Di conseguenza, e come anche ribadito dall’avviso pubblico, la possibilità di sentire a chiarimenti le ditte interessate costituiva mera facoltà dell’Amministrazione, subordinata al fatto che essa ne avesse ravvisato la necessità o l’opportunità. Peraltro, può anche escludersi che nel caso di specie un’audizione della ricorrente avrebbe potuto essere utile a superare le ragioni ostative individuate dall’Amministrazione comunale: al riguardo, giova richiamare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in considerazione della già evidenziata centralità degli aspetti economici e finanziari nella valutazione di pubblico interesse, la possibilità di modifiche ed integrazioni delle proposte sollecitate dall’Amministrazione in nparte qua sono estremamente limitate (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, nr. 762/04, cit.).

6. Del pari infondato è il sesto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. nr. 241/90, prima della decisione comportante l’abbandono della procedura di project financing.

Sul punto, possono condividersi le osservazioni di parte resistente, secondo cui tale determinazione non può considerarsi frutto di un procedimento “di secondo grado”, essendo connaturata nella disciplina stessa dell’istituto la possibilità che la P.A. ritenga di non proseguire la procedura, non avendo individuato fra le proposte ricevute nessuna ritenuta di pubblico interesse, con la conseguenza dell’insussistenza dell’obbligo di rispetto del contrarius actus.

Peraltro, ponendosi tale determinazione a conclusione di un procedimento avviato da istanza di parte (sia pure “sollecitata” dalla stessa Amministrazione mediante l’avviso preventivo), e comunque della cui esistenza la ricorrente era certamente a conoscenza, discende dai consolidati principi in materia la non necessità della comunicazione ex art. 7 agli interessati (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5.7.2000, nr. 3709; id., 23.11.1999, nr. 1756).

7. Sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sezione III, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 24.6.2004, con l’intervento dei Magistrati: