Le risorse di cui disponiamo, ad iniziare dal suolo, non sono infinite.
Partendo da questa consapevolezza assume sempre più rilevanza il tema della sostenibilità,
soprattutto in ambito urbano, dove si pone un problema rilevante in relazione alla necessità di
affrontare le numerose contraddizioni di un modello di sviluppo non orientato all’equità, alla
diffusione del benessere sociale, dei servizi essenziali e più in generale dei diritti. Contraddizioni
che la recente pandemia ha marcato ancora di più, accentuando disuguaglianze nella possibilità di
accesso ai vari tipi di risorse, non solo economiche, ma anche spaziali, alle residenze, ai servizi e
alle dotazioni urbane in generale.
Le misure conseguenti alla crisi sanitaria hanno anche modificato l’organizzazione e la modalità del
lavoro e il rapporto tra lavoro e territorio portando a considerare, tra le opzioni possibili, forme di
lavoro a distanza precedentemente poco diffuse. Il cambiamento delle logiche occupazionali
potrebbe avere ricadute fondamentali sull’organizzazione delle città e sul rapporto delle stesse
con il resto del territorio: le aree interne, i borghi diffusi, i piccoli centri urbani che nel nostro
Paese rappresentano realtà ricche di storia, identità, legami e radici. Spesso la ricerca di un lavoro
allontana i giovani dalle loro origini e crea, assieme all’opportunità lavorativa, costi sociali legati
allo spopolamento delle aree rurali interne e dei piccoli borghi.
Risulta evidente la necessità di città più resilienti, meno vulnerabili di fronte alle crisi, con l’urgenza
di individuare le priorità per affrontare le maggiori contraddizioni. L’approccio deve essere
integrato e multilivello, guardando non solo gli aspetti fisici, ma anche quelli spaziali e funzionali e
le relazioni tra le varie componenti urbane, perché a determinare lo sviluppo delle città, e
contrastarne il possibile declino attraverso un accrescimento di resilienza, concorrono più fattori.
Le azioni dovranno avvenire con sempre maggior decisione attraverso processi di rigenerazione
nelle città, per ricomporre le frammentazioni e promuovere nuove pratiche e sensibilità sociali,
economiche e ambientali. La necessità è riconosciuta anche a livello centrale, tanto che più disegni
di legge sul tema sono attualmente in esame.
CGIL, CISL e UIL, sono impegnate da tempo su questi temi. Lo scorso anno, abbiamo elaborato una
Piattaforma Unitaria sul tema delle Città sostenibili, un manifesto in cui sono indicate le priorità
per migliorare la qualità delle città, rispondere ai cambiamenti climatici, attrarre investimenti e
fornire opportunità di lavoro. Nella piattaforma lanciata in occasione del cinquantennale dello
sciopero per la Casa, abbiamo inoltre sostenuto la necessità di ricercare soluzioni abitative anche
all’interno delle trasformazioni urbane, ponendo alcuni elementi come componenti essenziali nelle
operazioni di trasformazioni stesse.
UNA NUOVA “QUESTIONE URBANA”
La centralità che assume il “territorio” nel determinare la qualità della vita porta alla necessità di
una profonda riflessione sui processi di trasformazione urbana che hanno prodotto una
progressiva erosione dei diritti sociali: rapporti tra spazi urbani e i legami sociali, cambiamenti
delle funzioni tradizionali, una progressiva fluidificazione e frammentazione delle relazioni,
cambiamenti demografici della popolazione, la transizione digitale, quella ambientale.
Di fronte a tali cambiamenti le città sono chiamate a modificarsi e riorganizzarsi in base a nuovi
principi e a nuove logiche di sviluppo: in quest’ottica si aprono possibilità nuove che offrono
l’opportunità di un’azione politica mirata a far si che la “questione urbana” diventi centrale
nell’affrontare nuovi modelli di sviluppo economico-sociale.
Per CGIL, CISL e UIL è necessario pianificare un progetto complessivo che permetta di rivitalizzare città
e contesti urbani, anche in risposta a nuovi bisogni e al crescente disagio abitativo, componente
fondamentale del più ampio disagio sociale del paese, drammaticamente emerso come punta di un
iceberg in questa fase pandemica. Occorre porsi la finalità di migliorare sia la qualità degli insediamenti
che il benessere sociale delle comunità, identificando interventi che mirino anche a soddisfare le
esigenze ambientali, di inclusione, di protezione e promozione della salute delle persone.
Nelle città, infatti, esistono criticità riguardanti lo stato del patrimonio edilizio, pubblico e privato,
in chiave edilizia e funzionale, il riutilizzo di spazi e strutture dismesse, la riqualificazione di aree
degradate (periferiche, ma non solo), la riconnessione funzionale tra parti di città, l’emergenza
abitativa di fasce deboli di popolazione; si pone un problema di impronta ecologica impattante e di
sostenibilità ambientale: uso del territorio e consumo del suolo, congestione, traffico, consumo di
acqua e energia, qualità dell’aria, rifiuti; è necessario riconsiderare il rapporto tra urbano ed extraurbano;
è urgente una riprogettarazione in chiave di produzione intelligente. Ed è necessario
rivitalizzare tessuti di relazioni sociali ed economiche.
In ogni caso, è necessario individuare soluzioni in cui trovino equilibrio gli obiettivi sociali,
economici e ambientali. Di conseguenza, politiche e investimenti nelle città rappresentano dei
punti cardine nel processo di transizione verso resilienza e sviluppo sostenibile.
L’AGENDA URBANA EUROPEA
Questi temi sono al centro del dibattito anche all’interno dell’Unione Europea che, con l’“Agenda
urbana europea”, promuove il ridisegno e la modernizzazione dei servizi urbani, l’inclusione locale
e lo sviluppo di attività innovative. Ed è uno dei cinque obiettivi delle politiche di coesione 2021-
2027, che con lo slogan “Europa più vicina ai cittadini”, intende promuovere lo sviluppo sociale,
economico e ambientale nelle aree urbane e nelle aree interne, destinando almeno il 6% del totale
delle risorse dedicate dai Fondo Strutturali e di Investimento Europei 2021-2027.
Il 14 ottobre 2020, inoltre, è stata lanciata l’iniziativa “Nuovo Bauhaus europeo”., con la quale si
vuole lanciare un ponte tra il mondo della scienza e della tecnologia e il mondo dell’arte e della
cultura, attraverso il miglioramento di oggetti, spazi, edifici e città, e che dovrà rappresentare un
vero e proprio cambiamento del paradigma culturale e sociale attraverso i valori della solidarietà.
La Commissione Europea intende utilizzare i fondi del Piano europeo di ripresa (Next Generation
EU) per promuovere il rinnovamento per 35 milioni di edifici in tutta l’Unione Europea, costruiti a
partire dalla seconda metà del XX secolo, che soffrono di problemi di comfort, isolamento termico
e consumo energetico. Si tratta di un ambizioso investimento di denaro pubblico per rivitalizzare e
rendere “green” il patrimonio immobiliare, con l’obiettivo di migliorare le prestazioni energetiche,
raddoppiare il tasso di ristrutturazione degli edifici e migliorare la qualità dell’abitare.
CGIL, CISL e UIL indicano che la rigenerazione urbana e le politiche abitative dovranno essere tra i
progetti trainanti all’interno non solo del Piano di Ripresa e Resilienza della Next Generation EU,
ma anche dalle risorse per la coesione europee e nazionali 2021-2027, in un sistema di
sussidiarietà e complementarità.
IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
Nell’ultima bozza del Piano di Ripresa e Resilienza le risorse apposte per questi temi sono 10,4
miliardi: 2 miliardi di euro per il “Safe, green and social” per l’edilizia residenziale pubblica; 1,4
miliardi per l’efficientamento energetico e la riqualificazione degli edifici pubblici in aree
metropolitane per utilizzi sociali; 730 milioni per programmi di housing temporaneo per singoli o
nuclei familiari in difficoltà estrema e progetti dedicati a persone che versano in condizioni di
marginalità estrema e senza fissa dimora; 2,8 miliardi per progetti di recupero territoriale e
d’incremento della disponibilità di alloggi pubblici (Housing sociale) per sostenere persone
vulnerabili e famiglie a basso reddito e investimenti per ampliare l’offerta di edilizia residenziale
pubblica e di alloggi a canone calmierato, anche per studenti; 3,5 miliardi per interventi di
rigenerazione urbana nelle Città Metropolitane mirati alla rigenerazione urbana e
rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, con particolare attenzione alle periferie.
Risorse importanti alle quali si dovranno aggiungere quelle dei fondi europei della coesione (Fondi
Strutturali e di Investimento Europei 2021-2027), quelle nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione
2021-2027 da integrare con quelle ordinarie nazionali.
Perché CGIL, CISL e UIL ritengono che la sfida per le politiche abitative e per la rigenerazione urbana,
da qualche anno sia stata affrontata con lo spirito di dover fare “molto”, con “poche” risorse a
disposizione. Diventa ora centrale orientare le risorse verso obiettivi convergenti, rispetto a una
forse eccessiva frammentazione dei progetti e delle politiche di riferimento, che potrebbe porre dei
limiti sulla possibilità di porre le innovazioni che si rendono necessarie. Manca infatti una politica
urbana integrata, necessaria, anche per superare una frammentazione di responsabilità istituzionali,
che nel passato ha inficiato spesso il raggiungimento di obiettivi credibili.
UNA STRATEGIA NAZIONALE SULLA RIGENERAZIONE URBANA
CGIL, CISL e UIL auspicano che si arrivi in breve tempo ad una legge quadro sulla Rigenerazione
Urbana, per l’urgenza di definire un perimetro entro cui ancorare interventi che devono essere
finalizzati al miglioramento delle condizioni abitative, sociali, economiche, nel rispetto dei principi
di sostenibilità ambientale e di partecipazione sociale.
Un’urgenza che tuttavia si accompagna alla necessità di porre alcune priorità rispetto a paradigmi
ancora troppo legati a modelli espansivi, e di attivare politiche efficaci del contenimento del
consumo di suolo attraverso gli strumenti della pianificazione urbanistica. E’ necessaria, quindi,
una legge nazionale in materia di consumo di suolo che dovrebbe accompagnare una efficiente
politica di riqualificazione e rigenerazione della città costruita.
CGIL, CISL e UIL propongono un piano pluriennale per la Rigenerazione Urbana con finanziamenti
ordinari ed europei, da attuarsi attraverso l’istituzione di un “Fondo per la rigenerazione urbana”,
per consentire una programmazione continua nel tempo di interventi da parte degli Enti Territoriali,
con una garanzia di organicità nel rispetto delle procedure. All’interno degli interventi di
rigenerazione l’edilizia pubblica e sociale deve essere una componente fondamentale.
Per le nostre Organizzazioni una strategia nazionale sulla rigenerazione urbana deve dettare alcuni
principi in grado di orientare la pianificazione locale. Deve fornire indicazioni sull’individuazione dei
luoghi cui indirizzare politiche di rigenerazione, gli strumenti operativi più idonei, i caratteri che
devono contraddistinguere gli interventi di rigenerazione. Deve essere chiaro il perseguimento di
finalità sociali, come la realizzazione di attrezzature e spazi di interesse collettivo (welfare urbano) e
un’eventuale quota, da stabilire nel limite minimo, da destinare all’edilizia residenziale pubblica e
sociale, nonché gli elementi che perseguono obiettivi di miglioramento ambientale, anche in
risposta agli effetti del cambiamento climatico, legati al benessere e alla salute, come le
infrastrutture verdi e blu, le rinaturalizzazioni, la qualificazione degli spazi aperti. Questi devono
essere considerati componenti essenziali nelle operazioni di rigenerazione.
Sarebbe opportuno integrare lo strumento urbanistico comunale con la banca del riuso del
patrimonio immobiliare esistente e delle aree dismesse da riutilizzare, stante la necessità di
perseguire gli obiettivi di rigenerazione attraverso il riuso e il recupero. In quest’ottica, beni situati in
ambiti strategici, che alla collettività non forniscono più né ricchezza né utilità, se adeguatamente
valorizzati e gestiti possono produrre benefici economici e sociali, rappresentando un patrimonio da
utilizzare come volano strategico per attivare opportunità di sviluppo territoriale e locale.
Al fine di superare la frammentazione istituzionale, una regia nazionale avrebbe la capacità di
sedimentare le procedure, correggere carenze in fase attuativa e monitorare l’efficacia. E’ tuttavia
necessario anche un supporto tecnico, tramite una struttura dedicata, per supportare le
amministrazioni locali, per la predisposizione dei progetti che necessitano di qualità e contenuti.
LE CITTÀ COME MOTORI DI SVILUPPO
CGIL, CISL e UIL ritengono che le Città dovranno essere i nuovi motori della strategia europea di
sviluppo e dovranno essere in grado di supportare una crescita che sia intelligente, grazie a
investimenti più efficaci nell’istruzione, nella ricerca, nell’innovazione e nell’inclusione sociale.
Le aree urbane rivestono un ruolo centrale nell’ambito dei grandi temi della sostenibilità e devono
essere percepite come “grandi acceleratori” delle scelte politiche di un Paese.
E’ indispensabile un piano di agenda urbana coerente e che possa garantire programmi che
superino l’attuale regime sporadico e frammentario degli interventi, in modo da porre le Città nella
condizione di portare avanti politiche di sviluppo sostenibile.
L’ambizione è creare contesti urbani sostenibili attraverso un’economia a basse emissioni di
anidride carbonica, dare competitività all’industria, essere solidali e, quindi, focalizzare le azioni
sulla creazione di posti di lavoro di qualità, ridurre la povertà e aumentare il sostegno al welfare.
Un impegno che impone l’attivazione di politiche efficaci anche per contrastare il dissesto
idrogeologico e gli effetti degli eventi sismici. Va favorito l’adeguamento sismico del patrimonio
edilizio esistente, anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione, qualora più efficaci
nei risultati, mantenendo costante l’impiego di materiali ecocompatibili. Devono essere rese
strutturali le attuali detrazioni per il recupero edilizio, la sua messa in sicurezza, la riqualificazione
energetica e, rifinanziando anche con le risorse comunitarie per i prossimi anni, i Superbonus al
110%. Una misura quest’ultima che, nel caso dell’adeguamento sismico, non può tuttavia
sostituirsi, nelle aree a più alto rischio, a un Piano Nazionale di Prevenzione contro i disastri
naturali che deve essere assunto come priorità a livello centrale.
Per noi lo sviluppo di città sostenibili è uno degli ambiti prioritari su cui investire per garantire la
ripresa, migliori condizioni di vita e di salute, occupazione stabile e di qualità.
La grande potenzialità nel modello delle città sostenibili è quella legata alla creazione di lavoro e
sviluppo in tutti i settori, puntando su una formazione mirata e precisa per preparare la futura
forza lavoro, ma soprattutto per non lasciare indietro quella occupata, il tutto nel quadro di quel
processo economico noto come Giusta Transizione, che quindi diventa senza dubbio l’elemento
portante della rigenerazione urbana.
IL TEMA DELL’ABITARE ALL’INTERNO DEI PERCORSI DI RIGENERAZIONE
All’interno dei piani di rigenerazione urbana si ribadisce la necessità di affrontare interventi volti a
sostenere la strategia del contrasto alla povertà per persone che non hanno una casa e per le quali
i costi dell’abitare sono insostenibili.
Il tema delle politiche abitative si colloca oggi nell’ambito di un processo di mutamento della società
e di crisi del modello fondato sull’intervento pubblico il quale, seppure con molte distorsioni, ha dato
risposte importanti, attraverso l’edilizia pubblica, al bisogno di casa dei ceti meno abbienti.
Nel corso degli ultimi anni si è assistito al passaggio da un progressivo disinvestimento nell’offerta
di abitazioni sociali, a forme di contributo diretto alle famiglie in affitto in difficoltà, con risorse
scarse, discontinue, non in grado di rappresentare una misura strutturale. La questione abitativa,
si è nel tempo fortemente acuita, complici la perdurante crisi economica, l’assenza di adeguate
politiche pubbliche e i mutamenti demografici e socioeconomici, che hanno accentuato
disuguaglianze ed esclusione sociale.
L’accesso alla casa, come risposta ad un bisogno primario, è innanzitutto un tema di diritto. Una
corretta politica abitativa, tuttavia, deve affrontare non solo condizioni di emergenza, ma i nodi
strutturali. La necessità che si pone è quella di fornire risposte ai bisogni abitativi, alla necessità di
più ampia inclusione sociale, con maggiore sostenibilità in termini di qualità e costi, guardando alla
città già costruita e contrastando il consumo di suolo.
Per CGIL, CISL e UIL è necessario riaffermare una politica che agisca sia a livello centrale che locale,
con alternative articolate, in riferimento alle diverse caratteristiche della domanda. Gli incentivi
fiscali per la proprietà o per l’affitto, sia i bonus volti alla riqualificazione degli edifici, non possono
rappresentare l’unica politica legata alla casa messa in campo a livello centrale.
Occorre incrementare l’offerta abitativa in affitto, con canoni commisurati ai redditi delle famiglie,
articolando gli interventi in un percorso di sviluppo sostenibile del Paese, superando la tradizionale
scissione tra politiche abitative e politiche di governo urbano.
Per i nuclei a basso reddito la risposta può essere fornita in termini di edilizia pubblica, della quale
è necessario incrementare lo stock, sia attraverso il recupero degli alloggi non utilizzati, sia
attraverso nuove unità. Anche all’interno del PNRR non viene affrontano in maniera organica il
disagio abitativo ed è sottovalutata la misura dell’intervento destinato all’incremento dell’edilizia
residenziale pubblica, per il quale si fa esplicito riferimento all’attuazione del Programma
innovativo nazionale per la qualità dell’abitare sul quale CGIL, CISL e UIL, pur apprezzando lo
spirito del programma, hanno espresso alcune perplessità circa l’esiguità degli stanziamenti, e
investimenti di edilizia sociale agevolata.
CGIL, CISL, UIL ritengono necessario un nuovo programma pluriennale volto a incrementare lo
stock di edilizia pubblica, con sovvenzioni dedicate, stanziate con continuità e di consistenza
adeguata per rispondere al fabbisogno, da perseguire utilizzando anche le risorse del PNRR, dei
Fondi Strutturali e di Investimento Europei 2021-2027, integrandole con quelle ordinarie nazionali
e con i fondi di Cassa Depositi e prestiti.
È inoltre necessario rispondere alle necessità delle famiglie economicamente deboli per affrontare il
mercato, ma oltre i requisiti per l’accesso all’edilizia pubblica. Un ruolo importante può essere
svolto, come avviene da decenni in molti paesi europei, dall’edilizia sociale a costi sostenibili, che
integra l’edilizia pubblica, e che deve trovare il suo spazio nella collaborazione fra soggetti
istituzionali, imprenditoriali, associativi e cooperativi. Il cd. Housing Sociale, che nel nostro Paese non
è ancora riuscito a fornire risposte socialmente significative, deve diventare al contrario un pilastro
dell’offerta abitativa, perseguendo l’obiettivo di incrementare significativamente il comparto
dell’affitto a prezzi calmierati. A tal fine CISL, CISL e UIL hanno condiviso la proposta di un Piano di
Edilizia Sociale con programmazione pluriennale, che formula indicazioni su obiettivi e principi, nel
tentativo di contribuire a delineare una possibile risposta sulla praticabilità di un intervento di ERS.
IL NUOVO CICLO DELLA CITTÀ COSTRUITA
Si sta sempre più diffondendo la consapevolezza che il ciclo storico caratterizzato dall’espansione
si stia esaurendo. Ci troviamo di fronte a un nuovo ciclo nel quale si deve puntare al rinnovo e alla
riqualificazione dell’esistente per non consumare ulteriore suolo, per dare soluzione ai problemi
energetici, per rispondere ai bisogni sociali e abitativi, per tutelare il paesaggio e per rilanciare
l’intera economia italiana.
Occorre intervenire con politiche che siano in grado di investire sia l’ambito legislativo, che quelli
istituzionali ed economico-finanziari. Nell’affrontare i temi del recupero e della valorizzazione con
programmi complessi, si dovranno perseguire obiettivi di riqualificazione diffusa degli spazi
pubblici, di risanamento e ripristino delle aree degradate, d’inserimento di funzioni e attività per
servizi collettivi ed attrezzature, volti a favorire i processi di inclusione e sviluppo sociale.
CGIL, CISL e UIL quindi ritengono che si debbano promuovere azioni concrete ed efficaci che siano
in grado di trasmettere un nuovo concetto di urbanizzazione che non si rivolga solamente alla
gestione dell’esistente, ma che abbia uno sguardo rivolto verso il futuro caratterizzato da
interventi di elevata qualità edilizia e architettonica, ma che abbia anche degli standard innovativi
dal punto di vista energetico, ambientale, della riqualificazione sociale e che fornisca una serie di
servizi utili che consentano un miglioramento della vita delle persone all’interno delle aree urbane.
CGIL, CISL e UIL ritengono che i programmi di rigenerazione urbana e di sviluppo delle politiche
abitative si prestino a costruire partenariati dal basso e per questo ritengono sia utile rimettere in
campo strumenti rinnovati di negoziazione programmata.
Un ruolo centrale, a nostro avviso, assume l’interlocuzione con gli Enti Locali, che dovranno
assumere la rigenerazione come obiettivo strategico ed essere sollecitati alla predisposizione di
una mappatura dell’uso del suolo e degli immobili (aree e edifici) dismessi, abbandonati e
sottoutilizzati, da inserire nei programmi di recupero e riqualificazione, nell’ottica di un
programma organico che punti sulla riprogettazione locale e che tenga conto delle comunità e del
territorio, in vista di un rafforzamento sistemico e strategico volto al rilancio dell’economia e della
protezione sociale e in grado di gestire ed accompagnare bisogni e mutamenti sociali.
CGIL CISL UIL – Rigenerazione urbana e Politiche abitative nella Next Generation EU – 27 gennaio 2021