Con sentenza del 12 ottobre 2023, n. 8897, il Consiglio di Stato (Sezione Quarta) ha affermato che i presupposti dell’azione avverso il silenzio sono sia l’esistenza di uno specifico obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione, sia la natura provvedimentale dell’attività oggetto della sollecitazione: il rito previsto dagli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo rappresenta infatti sul piano processuale lo strumento rimediale per la violazione della regola dell’obbligo di agire in via provvedimentale sancita dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990.
L’associazione Client Earth AISBL e la Lega Italiana Protezione Uccelli adivano il TAR Lazio chiedendo che venisse dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Lazio sull’istanza-diffida di provvedere, avente ad oggetto l’esercizio dei poteri sostitutivi previsti dall’art. 152 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (TUA), in combinato disposto con l’art. 19 della LR Lazio 6 agosto 1999, n. 14, in relazione agli obblighi discendenti dalla D.G.R. 2013, poi ribaditi in termini analoghi dalla D.G.R. 2020.
Allegavano le ricorrenti che, secondo le informazioni acquisite in sede di accesso agli atti, non risultavano essere state adottate azioni di carattere preventivo e correttivo per il contrasto del fenomeno della fioritura algale del lago di Vico.
Il TAR ha, tuttavia, rigettato il ricorso.
Nello specifico, il primo giudice ha attribuito rilievo dirimente a quanto riportato nella nota con cui la Direzione Ambiente della Regione ha riscontrato la suddetta diffida (nota 2022), ritenendo insussistente il contestato silenzio inadempimento. In tale nota sarebbero stati indicati gli atti (amministrativi e normativi) relativi alla problematica sollevata, adottati dalla Regione. In particolare, la Regione ha esercitato i poteri sostitutivi nei confronti dei Comuni di Ronciglione e Caprarola, disponendo la nomina di un Commissario ad acta, il quale a sua volta ha provveduto al trasferimento al gestore unico Talete s.p.a. del servizio idrico dell’Ambito Territoriale Ottimale n. 1 – Lazio Nord Viterbo.
La sentenza è stata impugnata dalle associazioni ricorrenti.
Le appellanti hanno sottolineato, in primo luogo, che il deterioramento dell’acqua del lago di Vico destinata al consumo umano è stato certificato da due provvedimenti regionali: la D.G.R. 2013 e la D.G.R. 2020. Con tali provvedimenti la Regione ha provveduto, ai sensi dell’art. 80 TUA, dapprima, al declassamento delle acque nella categoria A2 e, successivamente, in classe A3.
Le delibere regionali, oltre al declassamento delle acque, hanno previsto la necessaria adozione di una serie di misure per garantire la tutela della risorsa idrica dai fenomeni massivi di proliferazione algale atti ad evitare il definitivo deterioramento delle acque. Tali misure non sono state attuate, ragion per cui le odierne ricorrenti hanno presentato distinte istanze-diffide di provvedere ai sensi dell’art. 2 della L. 241/90 per domandare agli Enti competenti l’adempimento dei predetti obblighi.
Per altro verso, è stato domandato alla Regione Lazio di esercitare i poteri sostitutivi previsti dall’art. 152 TUA e dall’art. 19 della LR Lazio 14/1999, relativamente all’adozione delle suddette misure.
Va peraltro precisato che un terzo distinto giudizio relativo all’applicazione della Direttiva c.d. “nitrati” si è invece concluso con pronunzia di accoglimento del TAR, che ha sancito l’obbligo specifico di provvedere in concreto. Nel caso in esame, la Regione sarebbe, pertanto, tuttora inadempiente all’obbligo di esercitare i poteri sostitutivi previsti dall’art.152, commi 2 e 3, TUA.
Nel merito, ad avviso del Consiglio di Stato, l’appello è fondato.
Deve convenirsi con le Associazioni appellanti che i provvedimenti invocati dalla Regione riguardano, in primo luogo, le misure di conservazione adottate in attuazione della Direttiva “Habitat” e non attengono specificamente alla questione della tutela delle acque destinate al consumo umano, oggetto di un distinto compendio normativo.
A questo fine, la Regione ha imposto all’ATO Viterbo, alla società Talete, ai Sindaci dei comuni interessati e all’AUSL Viterbo di adottare una serie di misure volte a garantire la tutela della risorsa idrica dai fenomeni massivi di proliferazione algale atti ad evitare il definitivo deterioramento delle acque.
Orbene, non è contestato che tali Enti siano rimasti inerti rispetto al complesso degli adempimenti derivanti dalle delibere regionali, in particolare per quanto riguarda la messa in atto di tutte le azioni preventive/correttive appropriate al fine di ridurre il rischio di sviluppo di fioriture algali nonché la predisposizione di uno specifico piano per la gestione di eventuali fenomeni massivi di proliferazione algale.
La Regione Lazio è quindi tuttora inadempiente all’obbligo di sostituirsi agli Enti sopra indicati al fine di garantire la tutela della risorsa idrica del Lago di Vico dai fenomeni massivi di proliferazione algale e di evitare il definitivo deterioramento delle acque.
Giova precisare che i presupposti dell’azione avverso il silenzio sono sia l’esistenza di uno specifico obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione, sia la natura provvedimentale dell’attività oggetto della sollecitazione: il rito previsto dagli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo rappresenta infatti sul piano processuale lo strumento rimediale per la violazione della regola dell’obbligo di agire in via provvedimentale sancita dall’art. 2 della L. 241/1990 (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 4204 del 2020).
Entrambi i presupposti sono sussistenti nel caso in esame poiché, da un lato, l’esercizio dei poteri sostitutivi della Regione, in caso di inadempienza degli Enti competenti, è configurato dall’art. 152 del Codice dell’ambiente come un atto dovuto; dall’altro, la sostituzione degli Enti rimasti inadempimenti richiede, a monte, la manifestazione di un’attività di tipo volitivo-provvedimentale da parte della Regione medesima.
Il contenuto delle misure conseguenti all’esercizio del potere sostitutivo è, invece, di natura ampiamente discrezionale. Invero, l’azione disciplinata dall’art. 117 del c.p.a. ha natura strumentale e il giudice non può pronunciarsi sul merito della pretesa azionata, essendo tale eventualità limitata ai soli atti vincolati e a quelli in relazione ai quali si sia interamente esaurito lo spettro di discrezionalità riconosciuto all’amministrazione e al contempo non siano necessarie attività istruttorie, come stabilito dall’art. 31, comma 3, del c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Adunanza plenaria, 9 giugno 2016, n.11).
Nel caso di specie, del resto, l’istanza-diffida presentata dalle Associazioni appellanti non era volta ad imporre alla Regione una specifica modalità di esercizio del potere sostitutivo quanto a stimolarne l’iniziativa, alfine di assicurare l’avvio della messa in atto delle azioni preventive e correttive per contrastare il fenomeno della proliferazione delle alghe nel lago di Vico.
I provvedimenti e le azioni intraprese dalla Regione, al di là degli obiettivi programmatici, oggetto di richiamo nella nota, non appaiono, in concreto, esaustivi rispetto agli specifici obblighi di provvedere imposti (a partire dalla Direttiva acque potabili) anche all’Amministrazione regionale in ossequio alle finalità ed esigenze di tutela delle acque ad uso umano, come descritti anche nell’atto di diffida, restando nondimeno integre le valutazioni tecnico-discrezionali spettanti alla Regione in sede di azione sostitutiva degli altri Enti e organi competenti.
In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello merita accoglimento. Per l’effetto – in riforma della sentenza impugnata – il Consiglio ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Lazio sull’istanza-diffida presentata dalle odierne appellanti. Su tale istanza, la Regione è tenuta a pronunciarsi, con un provvedimento espresso e specifico, nel termine di giorni 60.