La Corte costituzionale torna sulla disciplina urbanistica e paesaggistica siciliana di Fabio Cusano

Corte cost. 147 2023

Con la sentenza n. 147 del 18 luglio 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 11; dell’art. 13, comma 15, lettera b), numero 1); dell’art. 13, comma 32; dell’art. 13, comma 93, della LR Siciliana n. 13 del 2022; ha dichiarato in via consequenziale l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, lettera d), numero 1), della LR Siciliana 10 agosto 2016, n. 16, come modificato dall’art. 13, comma 58, della LR Siciliana 10 agosto 2022, n. 16, limitatamente alle parole «alla data del 30 giugno 2023» e «alla medesima data».

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 11, e 13, commi 15, 32, 90 e 93 della LR Siciliana n. 13 del 2022.

Con l’art. 12, comma 11, della LR Siciliana n. 13 del 2022 il legislatore regionale ha introdotto un nuovo comma 2-bis all’art. 25 della LR Siciliana n. 16 del 2016, in base al quale – attraverso un richiamo al comma 1 del medesimo art. 25, il quale a sua volta richiama l’art. 182, comma 3-bis, cod. beni culturali – è consentita «la regolarizzazione di concessioni edilizie rilasciate in assenza di autorizzazione paesaggistica, sempre che le relative istanze di concessione siano state presentate al comune di competenza prima della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione del decreto istitutivo del vincolo di cui all’articolo 140 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni».

La disposizione impugnata consente di ottenere una sanatoria paesaggistica ex post, pur se non in aree con vincolo paesaggistico ope legis; di qui il preteso contrasto con il relativo divieto di cui agli artt. 146, comma 4, 167, commi 4 e 5, e 182, comma 3-bis, cod. beni culturali e, dunque, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere m) ed s), Cost., oltre che dell’art. 14 dello statuto speciale, dovendo ritenersi le richiamate disposizioni statali espressive di norme fondamentali di riforma economico-sociale. L’impugnato art. 12, comma 11, sarebbe inoltre in contrasto sia con l’art. 9 Cost., in quanto determinerebbe «un evidente “abbassamento” di tutela dei valori paesaggistici e ambientali», sia con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto irragionevolmente riaprirebbe i termini per la sanatoria con effetti retroattivi.

La questione promossa in riferimento all’art. 14 dello statuto speciale è fondata. La Corte ha richiamato la precedente sentenza n. 90 del 2023. L’impugnato art. 12, comma 11, presenta i medesimi vizi della disposizione già dichiarata costituzionalmente illegittima, a nulla rilevando, sotto tale profilo, che esso consente di ottenere la sanatoria paesaggistica ex post per i soli beni paesaggistici dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 140 cod. beni culturali, mentre l’art. 20, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 23 del 2021 lo consentiva tanto per tali beni quanto per quelli vincolati paesaggisticamente ex lege. Anche la disposizione oggetto dell’odierno scrutinio, infatti, rende applicabile il regime transitorio di cui all’art. 182, comma 3-bis, cod. beni culturali a casi ulteriori e diversi da quelli cui si riferisce la normativa statale. Ai sensi di quest’ultima, infatti, «è possibile ottenere l’autorizzazione paesaggistica postuma purché la relativa domanda sia stata presentata prima del 30 aprile 2004; la normativa regionale, invece, prevede la possibilità di ottenere tale autorizzazione, non rilasciata al tempo dell’accordata concessione edilizia, anche per il caso che l’istanza a tal fine sia presentata dopo il 30 aprile 2004: secondo la norma impugnata, infatti, ciò che rileva non è il momento in cui è stata presentata l’istanza di autorizzazione paesaggistica postuma – unica condizione legittimante prevista dal legislatore statale – ma quello, diverso, in cui al Comune è stata fatta istanza di concessione edilizia, la quale deve essere stata presentata prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico. La norma impugnata – prevedendo l’applicabilità del regime di cui all’art. 182, comma 3-bis, cod. beni culturali a fattispecie diverse rispetto a quelle ivi contemplate – consente dunque di ottenere la sanatoria paesaggistica ex post in ipotesi diverse da quelle, ristrettissime e tassative (sentenza n. 201 del 2021), di cui agli artt. 146 e 167 cod. beni culturali» (sentenza n. 90 del 2023).

Va dichiarata, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 11, della LR Siciliana n. 13 del 2022.

Connesse a questioni di legittimità costituzionale decise da questa Corte con la già citata sentenza n. 90 del 2023, come già detto, sono anche le questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso l’art. 13, comma 32, della LR Siciliana n. 13 del 2022, il quale ha disposto l’abrogazione dell’art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022. Il ricorrente osserva, infatti, che la disposizione abrogata introduceva le parole «esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge», dopo la parola «ammezzati», nell’art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), della LR Siciliana n. 16 del 2016, come sostituito dall’art. 6 della LR Siciliana n. 23 del 2021. In tal modo, la disposizione abrogata determinava, osserva il ricorrente, «un importante correttivo alla legge regionale n. 23 del 2021», in quanto consentiva di effettuare interventi di recupero abitativo soltanto di pertinenze, locali accessori, interrati, seminterrati e ammezzati già esistenti alla data di entrata in vigore della LR Siciliana n. 16 del 2016: veniva, così, superata la formulazione precedente che non prevedeva alcun limite temporale e consentiva la deroga alla pianificazione urbanistica in qualunque tempo adottata. La disposizione impugnata determinerebbe, dunque, il ripristino della norma, in tal modo ponendosi in contrasto con il principio della pianificazione urbanistica di cui all’art. 41-quinquies della legge urbanistica, con l’art. 14 t.u. edilizia – il quale, afferma il ricorrente, prevede che la realizzazione di interventi in deroga alla pianificazione urbanistica «può essere assentita solo previa valutazione fatta caso per caso da parte del Consiglio comunale, sulla base di una ponderazione di interessi riferita alla fattispecie concreta» – nonché con gli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, ai sensi dei quali gli strumenti di pianificazione urbanistica debbono rispettare quanto stabilito nel piano paesaggistico, a essi sovraordinato. Di qui, la violazione dell’art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., oltre che dell’art. 14 dello statuto speciale, dovendosi le disposizioni statali richiamate considerare norme fondamentali di riforma economico-sociale. L’abbassamento del livello di tutela dei valori ambientali e paesaggistici determinerebbe anche la violazione degli artt. 9 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione alla Convenzione europea del paesaggio. La disposizione impugnata, infine, violerebbe altresì l’art. 3 Cost., perché consentirebbe ex post, irragionevolmente, «interventi di recupero che – al momento della loro realizzazione – erano in contrasto con gli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, con conseguente pregiudizio per la certezza del diritto e per il legittimo affidamento dei potenziali controinteressati».

Tanto la disposizione introdotta nel 2021, quanto la successiva modifica del 2022 sono state oggetto di diverse questioni di legittimità costituzionale, decise dalla Corte con la sentenza n. 90 del 2023. Con tale pronuncia, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), come introdotto con la LR Siciliana n. 23 del 2021, limitatamente alle parole «in deroga alle norme vigenti e comunque», per la violazione che ciò determinava dell’art. 14 dello statuto speciale, in riferimento alle norme fondamentali di riforma economico-sociale poste dalla normativa sugli standard urbanistici e dal codice dei beni culturali.

Con la medesima sentenza n. 90 del 2023 – ed è quanto in questa sede maggiormente rileva – sono state invece dichiarate non fondate le questioni con le quali il Presidente del Consiglio dei ministri aveva lamentato che le disposizioni impugnate consentissero il recupero volumetrico a fini abitativi secondo una disciplina “a regime”, ovvero riguardante immobili venuti a esistenza in ogni tempo, anche successivamente alla LR Siciliana n. 16 del 2016. La Corte, infatti, ha ritenuto che ciò fosse espressamente escluso dalla formulazione determinata dall’art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022, il quale aveva introdotto, come si è visto, le parole «esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge», con la conseguenza che «il permesso di costruire volto al recupero volumetrico a fini abitativi può essere ottenuto sempre che riguardi non qualsivoglia immobile, ma un immobile già esistente alla data di entrata in vigore della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016» (sentenza n. 90 del 2023). Si è altresì ritenuto che «plurimi indici testuali» – tra i quali il numero 1) del medesimo art. 5, comma 1, lettera d) – consentissero di ricavare, per via ermeneutica, una «[i]dentica norma» dall’art. 5, comma 1, numero 4), nel testo vigente all’indomani dell’entrata in vigore della LR Siciliana n. 23 del 2021 e prima della modifica apportata dall’art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022. La disposizione impugnata con l’odierno ricorso, come si è detto, determina la mera abrogazione dell’art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022, sicché vengono a essere espunte, dall’art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), della LR Siciliana n. 16 del 2016 le parole «esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge» che quella disposizione aveva introdotto. Con il risultato che il testo oggi vigente di detto art. 5, comma 1, lettera d), numero 4) – salvo che per le parole «in deroga alle norme vigenti e comunque», dichiarate costituzionalmente illegittime con la più volte citata sentenza n. 90 del 2023 – è identico a quello vigente all’indomani dell’entrata in vigore della LR Siciliana n. 23 del 2021, dal quale la Corte ha ritenuto potersi trarre, per interpretazione, la norma secondo cui il permesso di costruire volto al recupero volumetrico a fini abitativi può essere ottenuto sempre che riguardi immobili già esistenti alla data di entrata in vigore della LR Siciliana n. 16 del 2016.

Tutto ciò premesso, la questione di legittimità costituzionale promossa in relazione all’art. 14 dello statuto speciale è fondata. La disposizione impugnata – abrogando dal richiamato art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), il limite temporale inserito dall’art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022 – consente di eseguire le opere di recupero volumetrico a fini abitativi di cui alla normativa regionale in esame anche su immobili venuti a esistenza dopo l’entrata in vigore della LR Siciliana n. 16 del 2016 e, alla luce della modifica legislativa operata al richiamato art. 5, comma 1, lettera d), numero 1), che delimita l’ambito di applicazione del successivo numero 4), ammette i relativi interventi addirittura su immobili venuti a esistenza sino alla data del 30 giugno 2023: il che determina una violazione del principio della pianificazione urbanistica di cui all’art. 41-quinquies della legge urbanistica, che la giurisprudenza costituzionale ha in più occasioni qualificato come norma fondamentale di riforma economico-sociale (da ultimo, sentenza n. 90 del 2023). La Corte ha già avuto modo di affermare che il recupero volumetrico a fini abitativi persegue interessi ambientali certamente apprezzabili, quali la riduzione del consumo di suolo e l’efficientamento energetico (sentenza n. 54 del 2021). Normative di tal fatta, tuttavia, debbono essere necessariamente eccezionali e transitorie, poiché una generalizzata possibilità di recupero volumetrico a fini abitativi – tanto più se frutto, come nel caso di specie, di reiterati interventi legislativi che ne proiettano nel tempo l’operatività – aumenta in maniera esponenziale il numero degli interventi assentibili e può anche incentivare interventi difformi dai piani urbanistici, in contraddizione con gli obiettivi di contenimento del consumo di suolo ed efficientamento energetico (sentenza n. 17 del 2023).

La disposizione impugnata, nel consentire il recupero volumetrico a fini abitativi nell’ampio spazio temporale di cui si è detto e finanche in relazione a immobili non ancora esistenti, compromette irrimediabilmente il principio del necessario rispetto della previa pianificazione urbanistica, in quanto oblitera tanto le valutazioni a monte sul carico urbanistico delle edificazioni operata dalla pianificazione comunale, quanto le valutazioni a valle, che della pianificazione fanno applicazione, poste in essere con i procedimenti autorizzatori edilizi. Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 32, della LR Siciliana n. 13 del 2022.

L’anzidetta dichiarazione di illegittimità costituzionale, colpendo una disposizione di mera abrogazione, determina la riviviscenza dell’abrogato art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022 (tra le tante, sentenze n. 135 e n. 126 del 2022, n. 220 del 2021); conseguentemente, l’operatività dell’art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), della LR Siciliana n. 16 del 2016, come introdotto dall’art. 6 della LR Siciliana n. 23 del 2021, è di nuovo circoscritta agli immobili esistenti alla data di entrata in vigore di detta LR Siciliana n. 16 del 2016. Come si è già rilevato, l’art. 5, comma 1, lettera d), numero 1), della LR Siciliana n. 16 del 2016, come modificato dall’art. 13, comma 58, della LR Siciliana n. 16 del 2022, dispone che il recupero volumetrico a fini abitativi sia realizzabile su immobili esistenti alla data del 30 giugno 2023.

Tale norma, già di per sé in contrasto con il principio della pianificazione urbanistica per le medesime ragioni per cui lo è la disposizione impugnata, individua, lo si è già osservato, gli immobili cui è applicabile, tra le altre, la disciplina di cui all’art. 5, comma 1, lettera d), numero 4), sicché concorre con quest’ultima disposizione nell’ammettere il recupero volumetrico financo di immobili non ancora esistenti.

Va rilevato, inoltre, come – una volta dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, con conseguente riviviscenza dell’art. 2, comma 1, lettera b), della LR Siciliana n. 2 del 2022 – il tessuto normativo di cui all’art. 5 della LR Siciliana n. 16 del 2016 restituisce due norme tra loro in contraddizione, l’una consentendo il recupero volumetrico a fini abitativi di immobili esistenti alla data del 30 giugno 2023 (comma 1, lettera d, numero 1), l’altra consentendolo per gli immobili esistenti alla data di entrata in vigore della LR Siciliana n. 16 del 2016 (comma 1, lettera d, numero 4): il che, oltre a minare la certezza del diritto, rendendo oscuro agli operatori giuridici l’ambito di operatività temporale della normativa regionale sul recupero volumetrico a fini abitativi, frustrerebbe la dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 32, della LR Siciliana n. 13 del 2022. Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale in via consequenziale dell’art. 5, comma 1, lettera d), numero 1), della LR Siciliana n. 16 del 2016, come modificato dall’art. 13, comma 58, della LR Siciliana n. 16 del 2022, limitatamente alle parole «alla data del 30 giugno 2023» e «alla medesima data».

Con l’impugnato art. 13, comma 15, il legislatore siciliano ha disposto alcune modifiche all’art. 1 della LR Siciliana n. 15 del 2005, che regola l’«esercizio di attività nei beni demaniali marittimi». Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, per effetto di queste modifiche possono essere realizzate entro 150 metri dalla battigia quelle opere che, pur non previste nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime (PUDM), siano realizzate «nell’ambito di stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati». I PUDM, a detta del ricorrente, sarebbero «in stretta connessione con il piano paesaggistico», sicché la disposizione impugnata, introducendo «una deroga al divieto di edificare nel limite di 150 metri dalla battigia», comporterebbe «una grave lesione della tutela paesaggistica». Ne deriverebbe una violazione dell’art. 14 dello statuto speciale, in quanto la disposizione regionale si porrebbe in contrasto con gli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, i quali prevedono: « a) il principio della necessaria pianificazione dei beni sottoposti a vincolo paesaggistico; b) e il principio della necessaria prevalenza del piano paesaggistico rispetto ad ogni altro strumento di pianificazione, cui consegue la non derogabilità del medesimo da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico». L’abbassamento del livello di tutela dei valori paesaggistici e ambientali determinato dall’impugnato art. 13, comma 15, renderebbe quest’ultimo costituzionalmente illegittimo anche per violazione della Convenzione europea del paesaggio, e dunque dell’art. 117, primo comma, Cost., nonché degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettere m) ed s), Cost.

La disposizione impugnata prevede che all’art. 1, comma 4, della LR Siciliana n. 15 del 2005 «dopo le parole “nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati ai sensi della presente legge” sono aggiunte le parole “o realizzate negli stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati”». Alla luce di detta modifica, tale art. 1, comma 4, ora dispone: «Ai fini delle disposizioni di cui all’articolo 15, lettera a), della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, le opere connesse all’esercizio delle attività di cui al comma 1 sono considerate opere destinate alla diretta fruizione del mare quando previste nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati ai sensi della presente legge o realizzate negli stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati e sono soggette ai provvedimenti edilizi abilitativi nei comuni competenti per territorio, validi nel caso di concessioni demaniali marittime per tutta la durata delle stesse, anche se rinnovate senza modifiche sostanziali». Le richiamate attività di cui al comma 1 del medesimo articolo sono: «a) gestione di stabilimenti balneari e di strutture relative ad attività sportive e ricreative; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) costruzione, assemblaggio, riparazione, rimessaggio anche multipiano, stazionamento, noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, nonché l’esercizio di attività di porto a secco, cantieri nautici che possono svolgere le attività correlate alla nautica ed al diporto, comprese le attività di commercio di beni, servizi e pezzi di ricambio per imbarcazioni; d) esercizi diretti alla promozione e al commercio nel settore del turismo, dell’artigianato, dello sport e delle attrezzature nautiche e marittime; […] f) porti turistici, ormeggi, ripari, darsene in acqua o a secco, ovvero ricoveri per le imbarcazioni e natanti da diporto; f-bis) eventi e cerimonie, anche a carattere religioso, con possibilità di svolgimento bis o durante o dopo l’orario dedicato alla balneazione; f-ter) ricettività diffusa e ricettività “open air”». L’art. 15, primo comma, lettera a), della legge della Regione Siciliana 12 giugno 1976, n. 78 (Provvedimenti per lo sviluppo del turismo in Sicilia), richiamato dal citato art. 1, comma 4, della legge reg. Siciliana n. 15 del 2005, a sua volta dispone che «Ai fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti prescrizioni: a) le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro detta fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati».

Dall’intreccio delle disposizioni ora richiamate si ricava che: i) il legislatore siciliano ha previsto un divieto di costruzione entro i 150 metri dalla battigia (art. 15, lettera a, della LR Siciliana n. 78 del 1976); ii) in deroga a detto divieto, entro i 150 metri dalla battigia sono consentite opere e impianti destinati alla diretta fruizione del mare (ancora art. 15, lettera a, della LR Siciliana n. 78 del 1976); iii) sono considerate opere destinate alla diretta fruizione del mare quelle connesse all’esercizio delle attività di cui all’art. 1, comma 1, della LR Siciliana n. 15 del 2005 (art. 1, comma 4, della medesima LR Siciliana n. 15 del 2005) purché: iv) tali opere siano previste nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime o, in base alle parole aggiunte dalla disposizione impugnata, siano realizzate negli stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati.

Con la disposizione impugnata, pertanto, il legislatore siciliano, come correttamente rileva il Presidente del Consiglio dei ministri, consente la costruzione di opere entro i 150 metri dalla battigia, se connesse all’esercizio delle attività di cui all’art. 1, comma 1, della LR Siciliana n. 15 del 2005, anche laddove non siano previste dai PUDM e purché siano realizzate in stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati.

Ciò premesso, la questione di legittimità costituzionale promossa in riferimento all’art. 14 dello statuto speciale è fondata, in quanto la disposizione impugnata viola il principio della necessaria pianificazione dei beni sottoposti a vincolo paesaggistico, che è norma fondamentale di riforma economico-sociale. I PUDM – la cui adozione è imposta alle regioni dall’art. 6 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 1993, n. 494 – sono «strumenti settoriali “destinat[i] ad assolvere, nella prospettiva della migliore gestione del demanio marittimo d’interesse turistico-ricreativo, ad una funzione schiettamente programmatoria” delle concessioni demaniali, al fine di “rendere compatibile l’offerta dei servizi turistici con le esigenze della salvaguardia e della valorizzazione di tutte le componenti ambientali dei siti costieri, onde consentirne uno sfruttamento equilibrato ed ecosostenibile” (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 21 giugno 2005, n. 3267)» (sentenza n. 108 del 2022). In tal modo, essi svolgono «un’essenziale funzione non solo di regolamentazione della concorrenza e della gestione economica del litorale marino, ma anche di tutela dell’ambiente e del paesaggio, garantendone tra l’altro la fruizione comune anche al di fuori degli stabilimenti balneari» (ancora sentenza n. 108 del 2022).

La disposizione impugnata si fonda su un duplice presupposto, uno esplicito e uno implicito: in base a quello esplicito, non deve essere stato ancora adottato un PUDM relativo al territorio comunale interessato; in base a quello implicito, in relazione a tale territorio comunale non deve ancora essere stato adottato un piano paesaggistico artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, poiché ovviamente, ove ex così fosse, ogni attività che si volesse realizzare sui beni paesaggisticamente vincolati sarebbe condizionata da detto piano. Al sussistere di entrambe le condizioni – assenza tanto di PUDM quanto di piano paesaggistico – la previsione regionale consente che le opere connesse all’esercizio delle attività di cui all’art. 1, comma 1, della LR Siciliana n. 15 del 2005 possano essere realizzate negli stabilimenti balneari autorizzati su terreni privati anche entro i 150 metri dalla battigia e, dunque, sui litorali marini, che sono beni paesaggistici tutelati ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera a), cod. beni culturali.

Non rileva, al riguardo, la circostanza per cui – trattandosi di luoghi paesaggisticamente vincolati – sarebbe comunque necessario, per ogni opera, ottenere anche l’autorizzazione paesaggistica, oltre al provvedimento edilizio abilitativo. A ledere il principio di cui alla normativa statale è la circostanza che la previsione legislativa regionale, consentendo la realizzazione di opere lungo la costa siciliana entro i 150 metri dalla battigia, possa determinare «il consolidamento di situazioni tali da ostacolare il compiuto sviluppo della pianificazione paesaggistica» (sentenza n. 187 del 2022), che la Corte ha costantemente affermato essere «valore imprescindibile […] espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme di tutela, conservazione e trasformazione del territorio» (da ultimo, sentenze n. 221 e n. 192 del 2022).

La disposizione impugnata consente dunque, seppur al ricorrere di talune condizioni ed entro specifiche parti di territorio, il consumo delle fasce costiere, paesaggisticamente vincolate, con interventi parcellizzati, senza quella «visione d’insieme delle aree da tutelare e dei contesti in cui le medesime sono inserite» (sentenza n. 187 del 2022) che richiede la tutela del paesaggio e dell’ambiente di cui all’art. 9 Cost.

Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 15, lettera b), numero 1), della LR Siciliana n. 13 del 2022.

Le ultime questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri hanno per oggetto l’art. 13, comma 93, della LR Siciliana n. 13 del 2022. Con tale disposizione, il legislatore regionale, modificando il termine di cui all’art. 49, comma 2, della LR Siciliana n. 16 del 2017, ha prorogato fino al 31 dicembre 2025 «il termine di ultimazione dei lavori rispetto ai quali i permessi a costruire siano stati rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16 del 2016, e per i quali sia stato già comunicato l’inizio dei lavori». Secondo il ricorrente, in tal modo la Regione Siciliana avrebbe determinato una disparità di trattamento a livello nazionale, dove è diverso il termine per l’ultimazione dei lavori. La proroga del predetto termine, peraltro già oggetto di altre proroghe in passato, violerebbe altresì l’art. 14 dello statuto speciale, in quanto in contrasto con norme fondamentali di riforma economico-sociale quali sarebbero certamente «le previsioni legislative statali sulla proroga dei titoli, dettate nell’ambito delle misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina» (il riferimento è, in particolare, all’art. 10-septies, comma 1, del d.l. n. 21 del 2022, come convertito); del pari, sarebbe violato anche l’art. 117, commi secondo, lettera m), e terzo, Cost., sub governo del territorio.

La questione di legittimità costituzionale promossa in riferimento all’art. 14 dello statuto speciale è fondata.

L’art. 15 t.u. edilizia disciplina l’efficacia temporale del permesso di costruire, stabilendo che i termini di inizio e di ultimazione dei lavori siano indicati nello stesso permesso (comma 1) e che, ad ogni modo, il termine per l’inizio dei lavori non possa essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo e quello di ultimazione non possa superare tre anni dall’inizio dei lavori (comma 2). L’art. 6 della LR Siciliana n. 16 del 2016 – la quale, come si è già visto, recepisce il t.u. edilizia – detta una disciplina, per questi aspetti, identica. Diversa è, invece, la regolamentazione in materia di proroga dei termini relativi al permesso di costruire nella disciplina statale e in quella regionale. Ai sensi dell’art. 15, comma 2, t.u. edilizia, «[l]a proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari». Il successivo comma 2-bis dispone che «[l]a proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate». L’art. 6, comma 3, della LR Siciliana n. 16 del 2016 prevede una norma identica a quest’ultima, ma il precedente comma 2 dispone che i termini «sono prorogati di due anni rispettivamente di inizio e ultimazione, utilizzabili entrambi, anche nell’ambito dello stesso procedimento, previa comunicazione motivata dell’interessato da notificarsi prima della scadenza dei medesimi termini, a condizione che i lavori da eseguirsi non risultino in contrasto con nuovi strumenti urbanistici, approvati o adottati, salvo comunicazione della dichiarazione di inizio lavori».

L’art. 49 della LR Siciliana n. 16 del 2017, come modificato dalla disposizione impugnata, dispone che «[p]er i permessi a costruire rilasciati prima della pubblicazione della legge regionale n. 16/2016, per i quali sono stati già comunicati l’inizio dei lavori, il termine di ultimazione degli stessi è prorogato fino al 31 dicembre 2025»; prima della norma regionale oggetto del presente giudizio, il termine era fissato al 31 dicembre 2020. La norma dispone, dunque, una proroga ex lege del termine di ultimazione dei lavori, per i soli permessi a costruire rilasciati prima della pubblicazione della LR Siciliana n. 16 del 2016, in ciò differenziandosi dalla proroga di cui all’art. 6, comma 2, della medesima legge regionale, proroga che deve essere richiesta dall’interessato. Il termine di ultimazione dei lavori prorogato ex lege, peraltro, era stato fissato dal legislatore siciliano del 2017 al 31 dicembre di quello stesso anno, per poi essere più volte spostato in avanti: al 31 dicembre 2018, ai sensi dell’art. 33, comma 2, della LR Siciliana 8 maggio 2018, n. 8; al 31 dicembre 2019, ai sensi dell’art. 2 della LR Siciliana 28 dicembre 2018, n. 28; al 31 dicembre 2020, termine questo vigente prima dell’adozione della disposizione impugnata, ai sensi dell’art. 5 della LR Siciliana 14 dicembre 2019, n. 25.

La Corte ha in più occasioni affermato che la disciplina statale inerente ai titoli abilitativi non solo è riconducibile ai princìpi fondamentali della materia «governo del territorio» (da ultimo, sentenza n. 245 del 2021), ma deve altresì qualificarsi come espressione di norme fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto tale condizionante la potestà legislativa primaria delle regioni a statuto speciale (sentenza n. 90 del 2023). Per quel che concerne specificamente la durata di detti titoli abilitativi, prevista dal t.u. edilizia, si è affermato che tale principio fondamentale individua «un punto di equilibrio fra i contrapposti interessi oggetto di tutela, inerenti alla realizzazione di interventi di trasformazione del territorio compatibili con la tutela dell’ambiente e dell’ordinato sviluppo urbanistico» (sentenza n. 245 del 2021). Se spetta al legislatore statale stabilire il regime ordinario concernente i termini di inizio e ultimazione dei lavori – comprensivo della possibilità di richiedere una proroga di detti termini – non può che spettare al medesimo legislatore statale incidere eccezionalmente su tale regime, laddove ritenga che vi siano esigenze temporanee che consiglino una diversa durata dei titoli abilitativi, espressione di un diverso punto di equilibrio: è quanto, durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19, il legislatore statale ha ritenuto di fare con diverse disposizioni – quale anche l’art. 10-septies, comma 1, del d.l. n. 21 del 2022, come convertito, richiamato dal ricorrente, successivamente modificato ad opera dell’art. 10, comma 11-decies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 14 – con ciò rispondendo a esigenze sociali ed economiche che riguardavano l’intero territorio nazionale, bilanciando «l’interesse dei beneficiari dei titoli abilitativi a esercitare i diritti ivi conformati, da un lato, e l’interesse pubblico a non vincolare l’uso del territorio per un tempo eccessivo, dall’altro» (sentenza n. 245 del 2021).

La normativa regionale impugnata, espressiva della potestà legislativa esclusiva in materia di «urbanistica» e «tutela del paesaggio» (art. 14, lettere f ed n, dello statuto speciale), è radicalmente incoerente rispetto alla normativa statale, espressiva di norme fondamentali di riforma economico-sociale. Il legislatore statale – che già ha previsto un regime ordinario per la proroga dei termini dei permessi di costruire che richiede l’adozione di un provvedimento motivato, in presenza di precisi presupposti (art. 15, comma 2, t.u. edilizia) – quando ha di recente inciso sulla durata dei permessi di costruire di cui al medesimo art. 15 t.u. edilizia, con normative dal carattere eccezionale quale quella evocata dal ricorrente, lo ha fatto ispirandosi a due princìpi, espressivi del bilanciamento tra contrapposti interessi: per un verso, ha prorogato di un anno i termini sia di inizio che di ultimazione dei lavori come individuati dai singoli permessi di costruire, la cui efficacia temporale continua dunque a essere fissata dai permessi stessi e non è predeterminata dalla legge (art. 10-septies, comma 1, lettera a, del d.l. n. 21 del 2022, come convertito; l’art. 10, comma 11-decies, lettera a, del d.l. n. 198 del 2022, come convertito, ha successivamente disposto che la proroga sia di due anni); per un altro, ha previsto che sia onere dell’interessato comunicare di volersi avvalere della proroga (ancora art. 10-septies, comma 1, lettera a, del d.l. n. 21 del 2022, come convertito).

Del tutto diversa è, invece, l’impostazione su cui si fonda l’art. 49 della LR Siciliana n. 16 del 2017, come modificato dalla disposizione impugnata. Il legislatore siciliano, infatti, ha disposto una proroga al 31 dicembre 2025 per l’ultimazione dei lavori, così individuando una data identica per tutti i permessi di costruire interessati dalla proroga e, dunque, incidendo sul principio per cui è lo stesso permesso che, in concreto, stabilisce i termini di inizio e ultimazione dei lavori. La proroga di cui alla disposizione impugnata, inoltre, opera ex lege, a prescindere da ogni attività del soggetto interessato, e si presenta eccentrica, dunque, non solo rispetto alla normativa statale, ma anche rispetto al regime ordinario di proroga di cui alla LR Siciliana n. 16 del 2016, il quale prevede pur sempre una comunicazione motivata dell’interessato (art. 6, comma 2).

Deve rilevarsi, infine, come la proroga disposta dalla normativa regionale concerna l’ultimazione di lavori previsti da permessi di costruire rilasciati prima della pubblicazione, avvenuta ad agosto 2016, della LR Siciliana n. 16 del 2016 e già più volte prorogati. Ne consegue che, potendo riguardare la disposizione impugnata anche permessi di costruire rilasciati ben prima dell’agosto 2016, l’efficacia temporale di detti permessi può essere anche più che decennale, a fronte della durata di analoghi permessi sul resto del territorio nazionale che, quand’anche si avvalgano delle recenti proroghe, resta ben al di sotto dei dieci anni. Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 93, della LR Siciliana n. 13 del 2022.