La Corte costituzionale ribadisce le necessarie implicazioni paesaggistiche nella pianificazione regionale di Fabio Cusano

Con la sentenza 19 dicembre 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, lett. a, della L.R. Lombardia 16 dicembre 2021, n. 23 nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, lett. a, della L.R. Lombardia 16 dicembre 2021, n. 23 in riferimento agli artt. 9 e 117, comma 2, lett. s, Cost. e al principio di leale collaborazione, in relazione: agli artt. 135, 143 e 145 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio); alla l. 9 gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000); e all’art. 14, comma 27, lett. d, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella l. 30 luglio 2010, n. 122.

L’art. 6, comma 1, lett. a, della L.R. Lombardia 23/2021 ha sostituito il secondo periodo del comma 3 dell’art. 154 della L.R. Lombardia 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale), che, nel testo vigente prima della modifica operata dalla norma impugnata, recitava: “Il riuso degli immobili rurali destinati ad agriturismo, anche distaccati, può avvenire attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di restauro e risanamento conservativo e attraverso ampliamenti necessari all’adeguamento igienico-sanitario e tecnologico. È, altresì, consentito, per una sola volta, l’ampliamento nella misura massima del dieci per cento della superficie lorda di pavimento destinata a uso agrituristico sulla base della potenzialità agrituristica risultante dal certificato di connessione”. A seguito della novella recita: “È, altresì, consentito, per una sola volta, l’ampliamento nella misura massima del dieci per cento della superficie lorda dei fabbricati, individuati nel certificato di connessione, già destinati o da destinare all’attività agrituristica”. La modifica avrebbe dunque esteso la portata della disposizione dell’art. 154, consentendo l’ampliamento della superficie lorda (e non di pavimento) dei fabbricati non solo già destinati, ma anche da destinare, in futuro, ad attività agrituristica.

Secondo il ricorrente, tale generalizzata possibilità di realizzare incrementi volumetrici nella misura anzidetta sarebbe prevista senza alcuna considerazione o riferimento al contesto paesaggistico. In particolare, il legislatore regionale non avrebbe tenuto conto che solo al piano paesaggistico elaborato d’intesa tra lo Stato e la Regione, secondo quanto previsto agli artt. 135, 143 e 145 del Codice, spetta stabilire, per ciascuna area tutelata, le prescrizioni d’uso (cioè i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonché le condizioni delle eventuali trasformazioni.

Il ricorrente sottolinea, altresì, l’esistenza di un vero e proprio obbligo di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, cui la Regione Lombardia si sarebbe sottratta ingiustificatamente, con la norma impugnata.

La Regione Lombardia si è costituita in giudizio chiedendo che le questioni promosse siano dichiarate inammissibili e non fondate.

Secondo la resistente, la norma impugnata avrebbe uno stretto carattere urbanistico e, in quanto tale, sarebbe espressione della competenza legislativa regionale concorrente in materia di governo del territorio ex art. 117, comma 3, Cost. e di quella esclusiva in materia di agricoltura, senza porsi in contrasto con i principi generali di tutela del paesaggio di cui al suddetto Codice.

La Regione ritiene pertanto che la doglianza del ricorrente, legata alla mancanza di un piano paesaggistico predisposto in attuazione del principio di leale collaborazione, non può tradursi in una censura avverso una norma che disciplina altro.

La Corte ha ritenuto che le censure del ricorrente siano fondate.

Consentendo l’ampliamento, nella misura massima del 10%, della superficie lorda (e non di pavimento) dei fabbricati da destinare ad attività agrituristica, la disposizione regionale impugnata introduce la possibilità di aumentare la volumetria degli edifici esistenti in zona agricola, e ciò stabilisce senza prevedere al contempo una espressa e adeguata clausola di salvaguardia dei beni sottoposti a tutela paesaggistica.

Dirimente è la circostanza che la pianificazione paesaggistica nella Regione Lombardia è attualmente rimessa non a un piano codeciso fra Stato e Regione, ma al piano territoriale regionale. Per quanto, dunque, non si possa negare che la Regione Lombardia risulti dotata di uno strumento di pianificazione specificamente orientato alla tutela del paesaggio, è altrettanto evidente che tale pianificazione esprime scelte imputabili in via esclusiva alla Regione stessa, alle quali lo Stato è rimasto estraneo, e che resta ancora inattuato, nella Regione, il modello di pianificazione paesaggistica prescritto dal medesimo Codice, il cui tratto caratterizzante è costituito appunto dall’elaborazione congiunta dello Stato e della Regione.

L’indiscussa prevalenza del piano paesaggistico così elaborato, ripetutamente ribadita dalla Corte (tra le più recenti, sentenze n. 240, n. 229, n. 221, n. 192, n. 187, n. 45 e n. 24 del 2022), non costituisce una mera petizione di principio, ma sottende quel dovere di assicurare “che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti” (art. 135, comma 1, Codice).

I principi di elaborazione congiunta, inderogabilità e prevalenza del piano paesaggistico si impongono, quindi, al legislatore regionale, il quale non può né esplicitamente derogare ai vincoli della pianificazione paesaggistica, né aggirarli introducendo, in assenza del piano codeciso, previsioni atte a pregiudicare le scelte condivise di tutela che nel piano stesso troveranno necessaria espressione.

In definitiva, la mancanza di un piano paesaggistico frutto del pieno coinvolgimento dello Stato e della Regione e l’impossibilità di trarre dalla normativa regionale un’interpretazione tale da far ritenere comunque operanti i vincoli paesaggistici determinano l’illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s, Cost. in relazione al principio della necessaria copianificazione paesaggistica e, in connessione con esso, al principio di leale collaborazione. È violato anche l’art. 9 Cost. in ragione dell’evidente abbassamento del livello di tutela paesaggistica derivante da una previsione che estende la possibilità di ampliamento dei fabbricati rurali, senza considerare gli effetti sul paesaggio.

Per tutte queste ragioni, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, lett. a, della L.R. Lombardia 23/2021.

 

Sentenza n. 251 del 2022.pdf lombardia