La Consulta cassa la Legge regionale siciliana che eccede i limiti statali del terzo condono di Fabio Cusano

Con la sentenza n. 252 del 19 dicembre 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 29 luglio 2021, n. 19 (Modifiche alla L.R. 10 agosto 2016, n. 16 in materia di compatibilità delle costruzioni realizzate in aree sottoposte a vincolo) e conseguenzialmente degli artt. 1, comma 2, e 2 della L.R. Sicilia 19/2021.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 19/2021 in riferimento all’art. 117, comma 2, lett. s, Cost., nonché in riferimento all’art. 14 del r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella l. cost. 26 febbraio 1948, n. 2.

La L.R. Sicilia 19/2021 si compone di due articoli, l’art. 1, strutturato in due commi (di cui solo il primo è oggetto dell’odierno gravame), e l’art. 2, che regola l’entrata in vigore della legge.

Con la disposizione impugnata, il legislatore regionale intende fornire l’interpretazione autentica dell’art. 24 della L.R. Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, che ha attuato in Sicilia il c.d. terzo condono edilizio, introdotto dall’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269.

Ai sensi del citato art. 24, comma 1, è consentita la presentazione dell’istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria «ai sensi dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003»; inoltre, sempre il richiamato art. 24 – in forza dell’art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 19/2021 – deve essere interpretato nel senso che è ammissibile la sanatoria delle opere abusive «realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta».

Più nel dettaglio, la disposizione impugnata inserisce, nella L.R. Sicilia 16/2016 (Recepimento del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380), l’art. 25 bis, in base al quale: “1. L’articolo 24 della L.R. 5 novembre 2004, n. 15 si interpreta nel senso che sono recepiti i termini e le forme di presentazione delle istanze presentate ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, e pertanto resta ferma l’ammissibilità delle istanze presentate per la regolarizzazione delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta nel rispetto di tutte le altre condizioni prescritte dalla legge vigente. 2. Per la definizione delle pratiche di sanatoria di cui al presente articolo, gli enti competenti rilasciano il nulla osta entro i termini previsti dalla normativa vigente».

Quanto al comma 2 dell’art. 1 della L.R. impugnata, prevede che, mediante il rinvio alla “normativa vigente”, il citato nulla osta venga reso entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge o, nel caso di istanza di riesame, dalla data di presentazione della medesima istanza.

Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s, Cost., nonché dell’art. 14 dello Statuto regionale, in quanto la disposizione impugnata, pur espressione della competenza statutaria primaria della Regione Siciliana nelle materie dell’urbanistica e della tutela del paesaggio (art. 14, comma 1, lettere f e n), contrasterebbe con l’art. 32, comma 27, lettera d, del d.l. 269/2003.

In particolare, la disposizione impugnata, limitando espressamente l’esclusione della sanatoria alle sole aree sottoposte a vincoli di “inedificabilità assoluta”, estenderebbe implicitamente il condono edilizio anche alle opere realizzate nelle aree soggette ad altri possibili vincoli (di c.d. inedificabilità relativa), in violazione dell’invocato parametro interposto.

L’impugnato art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 19/2021 non potrebbe avere carattere interpretativo bensì innovativo (si tratterebbe di norma surrettiziamente nuova e retroattiva approvata a distanza di quasi diciassette anni) e contrasterebbe con l’indicata norma statale ritenuta di grande riforma economico-sociale.

Le limitazioni di cui al citato art. 32, comma 27, lett. d, del d.l. 269/2003 sarebbero state introdotte dallo Stato nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva nella materia della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (art. 117, comma 2, lett. s, Cost.).

Sempre secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, dovrebbe escludersi la natura interpretativa della disposizione impugnata, posto che la medesima estende con efficacia retroattiva l’ambito di applicazione del condono ad ipotesi non consentite dalla norma che intende interpretare, e quindi non rientranti nelle possibili varianti di senso del testo originario.

La Regione Siciliana, nella costituzione in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità delle censure in quanto il ricorrente si sarebbe limitato a indicare i parametri violati.

Secondo la Consulta, sono fondate le questioni promosse in riferimento agli artt. 117, comma 2, lett. s, Cost. e 14 dello Statuto della Regione Siciliana.

Va premesso che la disposizione impugnata, a dispetto della qualificazione fornita dal legislatore regionale, ha carattere innovativo perché – consentendo, con efficacia retroattiva, la sanatoria delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli di inedificabilità relativa – è in evidente contrasto con quanto stabilito dalla disposizione che intende interpretare.

Già sulla base della sua portata letterale, infatti, l’art. 24 della L.R. Sicilia 15/2004 richiama espressamente l’art. 32 del d.l. 269/2003 nella sua integralità. Di conseguenza, tale rinvio riguarda non solo i termini e le forme della richiesta di concessione in sanatoria, ma anche i limiti entro i quali questa deve essere rilasciata, tra cui quello previsto dal citato comma 27, lett. d, dell’art. 32, che attribuisce “carattere ostativo alla sanatoria anche in presenza di vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta” (Corte cost., 117 del 2015; in senso conforme, 181 del 2021). Fra questi, ma non solo, come prescrive la citata lett. d, vi sono “i vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di tali opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

Deve dunque escludersi che l’applicabilità del condono edilizio in presenza di vincoli relativi possa rientrare “tra le possibili varianti di senso del testo originario” dell’art. 24 della L.R. Sicilia 15/2004 (Corte cost., 70 del 2020 e 73 del 2017).

Ciò premesso, è ben vero che la disposizione impugnata, nella sua portata innovativa, è espressione della competenza statutaria primaria della Regione Siciliana nelle materie dell’urbanistica e della tutela del paesaggio (art. 14, comma 1, lett. f ed n); tuttavia, è altresì vero che essa, ai sensi dello stesso art. 14, deve essere esercitata “senza pregiudizio” delle riforme economico-sociali, che assurgono a limite “esterno” della potestà legislativa primaria. Le “grandi riforme” sono quindi individuate, nel caso di specie, dal legislatore nazionale nell’esercizio delle sue competenze esclusive in materia di ambiente (art. 117, comma 2, lett. s, Cost.). Infatti, la Corte ha più volte affermato che, in relazione alle competenze legislative di tipo primario previste dagli statuti speciali, lo spazio di intervento affidato al legislatore regionale, con riguardo alla disciplina del condono edilizio, è circoscritto – oltre che dal limite della materia penale – da “quanto è immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di “grande riforma” (il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, la determinazione massima dei fenomeni condonabili)” (Corte cost., 196 del 2004; in senso conforme, 232 del 2017).

In riferimento al caso in esame, assurgono pertanto a norme di grande riforma economico-sociale le previsioni statali relative alla determinazione massima dei fenomeni condonabili, cui devono senz’altro ricondursi quelle che individuano le tipologie di opere insuscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 32, comma 27, del d.l. 269/2003, incluso il limite di cui alla lett. d. Quest’ultimo, infatti, è stato introdotto dal legislatore statale nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva, di cui all’art. 117, comma 2, lett. s, Cost.

La diposizione impugnata eccede quindi i limiti della potestà legislativa primaria della Regione Siciliana sanciti dallo statuto di autonomia.

In ragione di quanto sin qui illustrato, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 1, della L.R. Sicilia 19/2021 per violazione degli artt. 117, comma 2, lett. s, Cost. e 14 dello statuto della Regione Siciliana.

Ai sensi dell’art. 27 della l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), va inoltre dichiarata, in via conseguenziale, l’illegittimità costituzionale delle residue disposizioni della L.R. 19/2021 (artt. 1, comma 2, e 2), che difettano di autonoma portata a seguito della caducazione della norma censurata (ex plurimis, Corte cost., 117 del 2022 e 77 del 2021; sul tema anche 68 del 2022). Infatti, il comma 2 dell’art. 1 stabilisce che il nulla osta previsto dalla disposizione impugnata venga reso entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, ovvero, nel caso di istanza di riesame, dalla data di presentazione della stessa; l’art. 2 dispone che il testo legislativo entri in vigore il giorno stesso della pubblicazione.

Per questi motivi la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L.R. Sicilia 19/2021.

 

Sentenza n. 252 del 2022.pdf sicilia