La Corte costituzionale cassa l’abuso di proroga nella legislazione pugliese e ribadisce la pianificazione come fondamento della conformazione dei suoli di Fabio Cusano

 

Sentenza n. 17 del 2023 PUGLIA

Con la sentenza n. 17 del 10 febbraio 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della L.R. Puglia 30 novembre 2021, n. 38, recante «Modifiche alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e alla legge regionale 15 novembre 2007, n. 33 (Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati e interventi esistenti e di aree pubbliche non autorizzate) nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri.

L’art. 1 della L.R. 38/2021 estende dal «1° agosto 2020» al «1° agosto 2021» il termine previsto al comma 1 dell’art. 5 della L.R. Puglia 14/2009, recante il c.d. Piano casa, adottato in attuazione dell’intesa tra Stato, regioni ed enti locali sottoscritta il 1° aprile 2009. Per effetto della novella, gli interventi edilizi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione anche in deroga agli strumenti urbanistici, previsti dagli artt. 3 e 4 della citata L.R. Puglia 14/2009, possono ora essere realizzati su immobili esistenti alla data del 1° agosto 2021.

L’art. 2 della L.R. 38/2021 proroga dal «31 dicembre 2021» al «31 dicembre 2022» il termine, previsto al comma 1 dell’art. 7 della stessa L.R. Puglia 14/2009, per presentare la SCIA o l’istanza per il rilascio del permesso di costruire in relazione a tutti gli indicati interventi edilizi straordinari.

Il ricorrente ha sostenuto che le continue proroghe delle misure (disposte per oltre dieci anni) e la loro estensione anche a edifici di recentissima costruzione (come quelli esistenti al 1° agosto 2021) avrebbero «snaturato» il carattere straordinario e eccezionale della disciplina affermato dallo stesso art. 1 della L.R. Puglia 14/2009, rendendo stabile la possibilità di realizzare interventi di trasformazione edilizia in deroga al piano paesaggistico territoriale della Regione (PPTR), approvato nel 2015, previa intesa con lo Stato. Sarebbero così violati i principi di prevalenza del piano paesaggistico e di co-pianificazione espressi dalle invocate norme interposte.

Il ricorrente ha osservato, poi, che la prassi di prorogare reiteratamente l’efficacia nel tempo delle discipline regionali attuative del “Piano casa” sarebbe stata «stigmatizzata» dalla Corte in recenti pronunce, come la sentenza 219/2021, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della proroga del “Piano casa” della Regione Calabria per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e del principio di leale collaborazione.

Le considerazioni ivi svolte con riguardo a una regione ancora impegnata nel percorso per l’approvazione congiunta con lo Stato del piano paesaggistico, varrebbero a maggior ragione per la Puglia, dotata di piano paesaggistico codeciso ed esteso a tutto il territorio regionale.

Con il secondo motivo di ricorso è censurato l’art. 3 della L.R. Puglia 38/2021, che modifica alcune disposizioni della L.R. Puglia 33/2007. Quest’ultima detta limiti e norme per il recupero dei sottotetti e per il riutilizzo di porticati e di locali seminterrati con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (art. 1, comma 1). A tali fini consente, a determinate condizioni, il recupero delle volumetrie del piano sottotetto esistente ai fini connessi con l’uso residenziale, il recupero dei porticati a piano terra o piano rialzato, da destinare prioritariamente a uso terziario e/o commerciale, il recupero dei locali seminterrati da destinare a uso residenziale e dei locali seminterrati e interrati da destinare a uso terziario e/o commerciale, nonché a usi strettamente connessi con le residenze (art. 1, comma 2).

L’art. 3 impugnato modifica: alla lettera a), l’art. 1, comma 3, lettera a), della L.R. Puglia 33/2007, nel senso che il descritto recupero volumetrico può essere consentito su edifici legittimamente realizzati alla data del «30 giugno 2021», anziché, come precedentemente previsto, del «30 giugno 2020»; alla lettera b), l’art. 4, comma 1, della stessa legge regionale, nel senso che è ammesso il recupero abitativo, alle condizioni ivi previste, dei sottotetti esistenti alla data del «30 giugno 2021», anziché, come precedentemente previsto, del «30 giugno 2020».

Il ricorrente sottolinea che il legislatore regionale ha esteso per la quinta volta l’ambito applicativo di una legge che consente generalizzati interventi in deroga agli strumenti e agli standard urbanistici anche su immobili abusivi oggetto di sanatoria.

L’art. 3 della L.R. 38/2021 violerebbe la competenza concorrente dello Stato in materia di «governo del territorio» di cui all’art. 117, comma 3, Cost.

Estendendo agli edifici di più recente realizzazione la normativa che, in via eccezionale, consente deroghe agli strumenti urbanistici a fini di contenimento del consumo del suolo e di efficientamento energetico, la disposizione impugnata contrasterebbe con i seguenti principi generali della materia «governo del territorio»: a) il principio, desumibile dall’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, attuato mediante il d.m. n. 1444 del 1968, secondo cui gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica e nel rispetto degli standard urbanistici ed edilizi fissati a livello statale, che sarebbero stravolti dalla sommatoria di recuperi a fini abitativi senza limiti oggettivi; b) il principio, desumibile dall’art. 14 t.u. edilizia, secondo cui gli interventi in deroga alla pianificazione urbanistica possono essere assentiti solo previa valutazione da operare caso per caso dal Consiglio comunale; c) il divieto delle cosiddette “premialità edilizie” in caso di immobili abusivi oggetto di sanatoria, espresso nell’intesa del 2009 sul “Piano casa”.

Infine, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 Cost., per manifesta irragionevolezza e per contrarietà al principio di buon andamento dell’amministrazione. Riguardando anche edifici di recentissima costruzione, infatti, la norma non sarebbe coerente con le dichiarate finalità di contenimento del consumo del suolo e di efficientamento energetico.

Costituendosi in giudizio, la Regione Puglia ha concluso per la non fondatezza delle questioni.

Ad avviso della Corte, nel merito della lamentata violazione dell’art. 117, comma 3, Cost., il ricorrente ravvisa nelle disposizioni regionali impugnate un contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale nella materia «governo del territorio», in base al quale interventi di trasformazione del territorio in deroga agli strumenti urbanistici potrebbero essere autorizzati solo caso per caso, con il procedimento di cui all’art. 14 t.u. edilizia (permesso di costruire in deroga), sulla base di una ponderazione di interessi che tenga conto del contesto territoriale. In via generale, invece, interventi di questo tipo potrebbero essere consentiti solo con una normativa a portata straordinaria e temporanea, «pena la destrutturazione dell’ordinato assetto del territorio», che può essere assicurato esclusivamente dalla pianificazione urbanistica.

Il ricorrente desume il principio fondamentale in questione, in particolare, dall’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 e dal d.m. n. 1444 del 1968, dall’art. 2-bis t.u. edilizia e dall’art. 5, comma 11, del d.l. n. 70 del 2011, come convertito, che ha introdotto il cosiddetto “secondo Piano casa”.

Le questioni sono fondate.

In primo luogo, occorre fare chiarezza sugli esatti termini della censura, facendo leva sul suo senso più evidente e superando qualche incertezza del ricorso nell’individuazione delle norme da cui è ricavato il principio fondamentale ritenuto leso.

Il richiamo all’art. 2-bis t.u. edilizia non è accompagnato da alcuna specifica argomentazione di supporto. Dalla sua apodittica invocazione non si potrebbe dunque desumere molto di più del riferimento a un generico principio di inderogabilità degli standard urbanistici, in quanto limitazioni indistintamente comuni a tutto il territorio. Più significativo è il riferimento, operato nello svolgimento della censura, all’art. 14 dello stesso testo unico, in tema di permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici. Ancorché non indicato espressamente fra i parametri interposti, esso concorre nondimeno alla definizione del principio fondamentale ritenuto violato, dando conto del carattere eccezionale del permesso edilizio in deroga, che può essere rilasciato solo all’esito di un procedimento variamente aggravato e sulla base di una valutazione concreta caso per caso degli interessi rilevanti nello specifico contesto.

Dal ricorso emerge con sufficiente chiarezza che la ragione di fondo della censura non consiste nella violazione degli standard urbanistici, ma nell’affermato contrasto con il principio fondamentale di pianificazione urbanistica del territorio e nel suo necessario rispetto, come condizione del rilascio di atti permissivi della sua trasformazione.

Questo principio trova certamente espressione nel medesimo art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, che, nel prevedere l’osservanza di limiti inderogabili nella formazione degli strumenti urbanistici, presuppone la necessaria sussistenza del sistema della pianificazione del territorio. Corollario di esso è che tutti i singoli interventi di trasformazione devono rinvenire la loro base in un presupposto atto di pianificazione (limitato dagli standard urbanistici di cui allo stesso d.m. n. 1444 del 1968, agli artt. 3, 4, 5, 7 e 8) e devono rispettarne le prescrizioni. Solo attraverso una visione integrata di una determinata porzione di territorio, sufficientemente ampia da poter allocare su di esso tutte le funzioni che per loro natura richiedono di trovarvi posto, è possibile garantirne un ordinato sviluppo.

Ciò non significa che le previsioni dei piani urbanistici siano assolutamente inderogabili.

Per un verso, lo stesso testo unico dell’edilizia disciplina, all’art. 14, come ricordato, un complesso procedimento di rilascio del permesso di costruire in deroga, per particolari e specifici interventi, la cui realizzazione è diretta a soddisfare un interesse pubblico che si ritiene prevalente, a determinate condizioni, rispetto all’assetto generale definito dal piano.

Per altro verso, l’ordinamento conosce ipotesi di deroghe generali, relative a determinate tipologie di interventi edilizi, deroghe che anche le regioni possono introdurre con legge, nell’esercizio della loro competenza concorrente in materia di «governo del territorio». Interventi regionali di questo tipo, tuttavia, sono ammissibili soltanto nel rispetto del citato principio fondamentale della materia e dunque solo in quanto essi presentino i caratteri dell’eccezionalità e della temporaneità e siano diretti a perseguire obiettivi specifici, coerenti con i detti caratteri, diretti ad escludere in particolare che essi assurgano a disciplina stabile, vanificando il principio del necessario rispetto della pianificazione urbanistica.

L’originaria legge regionale pugliese sul “Piano casa” rispettava in effetti queste condizioni, essendo dichiaratamente nata (ai sensi del suo art. 1, comma 1) come disciplina «straordinaria e temporanea», in conformità alla citata intesa del 1° aprile 2009, di cui costituisce attuazione.

Lo stesso non si può dire invece per la normativa che – ultimo di una serie di reiterati interventi di proroga della medesima disciplina eccezionale e transitoria disposti per oltre dieci anni e progressivamente estesi a edifici di recente realizzazione – ne dispone l’ennesima proroga, l’ottava per la precisione. Rendendo sostanzialmente stabile una disciplina nata come transitoria, la normativa impugnata favorisce la generalizzata fattibilità di interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, mettendo così a repentaglio «l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica» (sentenza 24/2022; nello stesso senso, sentenza 219/2021). Per effetto di ciò risultano superati i limiti di tollerabilità della previsione di interventi difformi dalla pianificazione territoriale e di conseguenza violato l’indicato principio fondamentale della materia del governo del territorio.

A questo contesto si attagliano le considerazioni svolte nella recente sentenza 229/2022. In essa la  Corte, nello scrutinare una disposizione regionale che amplia gli interventi in deroga previsti dalla legge attuativa del “Piano casa”, ha sì dichiarato inammissibile una delle questioni al suo esame per omessa impugnazione della diversa norma di proroga del termine di presentazione della domanda dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione degli interventi in deroga, ma ha messo in evidenza, al contempo, l’irragionevolezza della scelta di reiterare indefinitamente tali proroghe. E ciò in quanto «reiterate proroghe di una disciplina eccezionale e transitoria, volta ad apportare deroghe alla pianificazione urbanistica al fine di consentire interventi edilizi di carattere straordinario, possono compromettere l’imprescindibile visione di sintesi necessaria a ricondurre ad un assetto coerente i molteplici interessi che afferiscono al governo del territorio ed intersecano allo stesso tempo l’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.)».

Nella stessa pronuncia si legge che, «proprio con riguardo ad alcune legislazioni regionali sul cosiddetto Piano casa […] questa Corte ha già sottolineato che “il prolungato succedersi delle proroghe di una disciplina derogatoria, in contrasto con le esigenze di una regolamentazione organica e razionale dell’assetto del territorio, presenta un innegabile rilievo” (sentenze 24/2022 e 170/2021)». E ancora, in linea con la giurisprudenza costituzionale sopra richiamata, che «la previsione di “interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica” (sentenza 24/2022; nello stesso senso sentenza 219/2021)».

In ragione del riscontrato contrasto della normativa regionale di proroga in esame con l’invocato principio fondamentale della legislazione statale in materia di «governo del territorio», si deve concludere per l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della L.R. Puglia 38/2021, per violazione dell’art. 117, comma 3, Cost.

Ad avviso della Corte, con riferimento all’impugnato art. 3 della stessa L.R. Puglia 38/2021, la questione riferita all’art. 117, comma 3, Cost. non è diversa da quella avente per oggetto le norme di proroga del “Piano Casa”, promossa con il primo motivo di ricorso, variando minimamente soltanto, in questo caso, le norme invocate come espressive di principi fondamentali della materia «governo del territorio».

L’art. 14 t.u. edilizia è qui indicato espressamente come parametro interposto – accanto all’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 e al d.m. n. 1444 del 1968 – anziché semplicemente citato nello svolgimento dell’argomentazione. È inoltre menzionata (ma solo nello svolgimento della censura e non tra i parametri interposti) l’intesa del 1° aprile 2009 sul cosiddetto “primo Piano casa”, in relazione al diverso profilo dell’applicabilità della disciplina censurata anche agli immobili abusivi oggetto di sanatoria.

Varia leggermente anche il tenore delle censure, risultando più chiaro, in questo caso, che il ricorrente lamenta l’illegittimità dell’introduzione ex lege, al contempo, di «deroghe generalizzate alla pianificazione urbanistica e agli standard urbanistici di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968, tanto più laddove tali deroghe assumano carattere stabile nel tempo», così snaturando «del tutto la funzione propria della pianificazione urbanistica e degli standard fissati a livello statale, volti ad assicurare l’ordinato assetto del territorio».

La fondatezza della censura deriva dalla violazione del principio del necessario rispetto della previa pianificazione urbanistica, principio irrimediabilmente compromesso dalla generalizzata possibilità, ancora una volta protratta nel tempo dalla norma censurata, di recuperare i sottotetti e di riutilizzare porticati e locali seminterrati anche in deroga agli strumenti urbanistici.

La natura ab origine eccezionale – e necessariamente transitoria – della disciplina contenuta nella L.R. Puglia 33/2007 era resa evidente dalla limitazione della sua applicabilità a edifici e sottotetti esistenti alla data della sua entrata in vigore (19 novembre 2007). L’indefinito succedersi delle proroghe culminato nella legge contestata, che ne ha proiettato l’efficacia temporale per oltre tredici anni (sino al 30 giugno 2021), ha oltremodo dilatato la portata derogatoria dell’originaria disciplina, aumentando in maniera esponenziale il numero degli interventi assentibili e coinvolgendo edifici di costruzione di volta in volta successiva alla stessa disciplina di deroga, con evidenti effetti di incentivazione degli interventi difformi dai piani urbanistici e di sviamento dalle specifiche finalità originarie di contenimento del consumo di suolo e di impulso alla realizzazione di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (art. 1, comma 1, L.R. Puglia 33/2007). Con la conseguenza di un vulnus intollerabile al principio per cui i singoli interventi di trasformazione del territorio devono essere conformi alle sovraordinate prescrizioni di piano, unico strumento idoneo a fornire una soluzione integrata all’assetto allocativo delle funzioni su una determinata porzione di territorio.

Per le stesse ragioni già esposte sopra con riguardo all’analoga questione promossa in riferimento alla proroga del “Piano casa”, la Corte ha ritenuto che anche la disposizione qui in esame, di ulteriore ennesima proroga del termine di esistenza degli edifici oggetto degli interventi in deroga, violi l’art. 117, terzo comma, Cost.

È fondata anche la questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.

A questo riguardo possono essere richiamati senz’altro gli argomenti svolti dalla recente sentenza 229/2022 sulla presumibile irragionevolezza di una disciplina nata come eccezionale e trasformata sostanzialmente in definitiva dal continuo succedersi di proroghe, in radicale contrasto con la finalità – che giustificava l’originaria scelta derogatoria – di contenimento di consumo del suolo e di efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente. Va ribadito inoltre, anche in questa sede, il rilievo che tale prolungato e più volte ripetuto succedersi di proroghe espone a rischio il buon andamento dell’azione amministrativa nella corretta gestione del territorio e nella sua tutela, consegnandole a una dimensione perennemente instabile e precaria.

La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità anche dell’art. 3 della L.R. Puglia 38/2021.