Con la sentenza n. 93 del 12 maggio 2023, la Corte costituzionale ha dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 66 della L.R. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale).
Il TAR Umbria, sez. I, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 66 della L.R. Umbria 11/2005 in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 36 t.u. edilizia.
Il complesso di disposizioni contenute nell’art. 66 detta norme speciali per la riqualificazione delle aree terremotate in cui sono state realizzate, prima del 31 dicembre 2000, strutture non conformi, in tutto o in parte, agli strumenti urbanistici, per sostituire alcune tipologie di edifici abitativi e produttivi che, per effetto del terremoto del 1997, erano stati oggetto di sgombero totale.
In particolare, è introdotta una disciplina preordinata a dare stabile regime agli edifici “provvisori” realizzati per sostituire gli immobili abitativi e produttivi danneggiati dal sisma: sotto il profilo urbanistico è prevista l’adozione di apposita variante per la pianificazione di interventi di urbanizzazione a servizio di quegli immobili e di interventi di loro adeguamento finalizzati al razionale inserimento nel contesto territoriale e ambientale; sotto il profilo edilizio, è consentita la sanatoria dei manufatti selezionati dalla variante, tra tutti quelli censiti, in quanto rispettosi degli interessi “sensibili” incidenti sul territorio («di carattere storico, artistico, archeologico, ambientale, geologico, idrogeologico, sismico ed igienico-sanitario») e raccordabili con gli insediamenti esistenti.
Secondo il giudice rimettente, le disposizioni regionali censurate prevederebbero una complessa procedura finalizzata ad introdurre un’ipotesi di condono edilizio straordinario, in contrasto con il principio fondamentale nella materia «governo del territorio» della cosiddetta doppia conformità, posto dall’art. 36 t.u. edilizia.
Sarebbe, inoltre, violata la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento penale» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), derivando dal condono extra ordinem la cessazione degli effetti penali dell’abuso edilizio.
Ad avviso della Corte, le questioni sono fondate per violazione di entrambi i parametri evocati. La Corte ha ribadito le ragioni poste dalla sentenza n. 68 del 2018 a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale del “gemello” art. 258 della L.R. Umbria 1/2015.
Le norme censurate, nella loro portata principale, consentono infatti il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria per immobili edificati in difetto di conformità, totale o parziale, agli strumenti urbanistici all’epoca vigenti (comma 1), condizionando il permesso a costruire postumo al solo riscontro della conformità alle previsioni della variante successivamente e appositamente approvata (comma 8).
La sufficienza del riscontro della conformità del bene allo strumento urbanistico vigente al momento della presentazione della domanda di “regolarizzazione” rende la disciplina contraria al requisito della doppia conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia, che secondo la giurisprudenza costante della Corte costituisce «principio fondamentale nella materia governo del territorio» (sentenze n. 77 del 2021, n. 70 del 2020, n. 68 del 2018, n. 232 e n. 107 del 2017), nonché norma fondamentale di riforma economico-sociale (sentenza n. 24 del 2022).
La norma statale prescrive, invero, ai fini del rilascio del permesso in sanatoria, la rispondenza delle opere alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento della loro realizzazione quanto al momento della presentazione della relativa istanza. Ai fini della “regolarizzazione” è dunque necessario l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni «durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza» (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 77 del 2021, n. 68 del 2018, n. 232 del 2017), con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio (sentenza n. 165 del 2022).
La disciplina regionale in esame, esonerando le strutture sanabili in aree terremotate dalla conformità agli strumenti urbanistici vigenti al momento della edificazione, si discosta dall’istituto dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia e introduce, piuttosto, un condono edilizio straordinario. La legge regionale consente, infatti, la sanatoria di opere non solo prive del necessario titolo edilizio (“abusi formali”), ma anche contrarie alle previsioni urbanistico-edilizie (abusi sostanziali) (tra le altre, sentenze n. 68 del 2018, n. 232 e n. 50 del 2017).
La previsione regionale di una sanatoria extra ordinem viola, secondo la costante giurisprudenza della Corte, i criteri di riparto della potestà legislativa in tema di condono edilizio, e si traduce nella lesione di un principio fondamentale nella materia di governo del territorio, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.; spettano, infatti, alla legislazione statale le scelte di principio e, in particolare, quelle relative all’an del condono, con la conseguenza che «esula dalla potestà legislativa regionale il potere di disporre autonomamente una sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale» (sentenze n. 70 del 2020, n. 73 del 2017, n. 233 del 2015, oltre che, ancora, il precedente specifico costituito dalla sentenza n. 68 del 2018).
Quanto poi ai profili penalistici relativi agli abusi edilizi, ivi compresa l’estinzione dei relativi reati derivante dalla sanatoria (art. 45, comma 3, t.u. edilizia), essi sono integralmente sottratti al legislatore regionale in quanto afferenti all’ambito di competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento penale» (in particolare, sentenze n. 68 del 2018, n. 49 del 2006, n. 70 del 2005, n. 196 del 2004).
Le esposte considerazioni non sono superate dall’argomentazione difensiva della Regione, secondo cui i c.d. edifici provvisori non integrerebbero ordinari abusi edilizi. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la realizzazione di manufatti consentiti o tollerati per fronteggiare l’emergenza alloggiativa causata da eventi sismici, in attesa del recupero di quelli danneggiati, è caratterizzata da un regime di “provvisorietà” e, dunque, legata alla permanenza della situazione emergenziale. Tali manufatti costituiscono, pertanto, deroga al solo obbligo di edificare previa autorizzazione e non anche alla disciplina sulla vigilanza e controllo dell’attività urbanistica ed edilizia. Ne consegue che, venuto meno lo stato di emergenza, le opere provvisorie sono pienamente soggette al controllo amministrativo e possono essere mantenute solo se sanabili secondo l’ordinario regime previsto dall’art. 36 t.u. edilizia (tra le altre, Consiglio di Stato, sez. VI, 31 luglio 2020, n. 4866).
L’illegittimità costituzionale della disposizione che consente la speciale sanatoria si ripercuote non solo sulle norme che disciplinano la variante appositamente adottata, ma anche su quelle contenute nei restanti commi dell’art. 66 della L.R. Umbria 11/2005, che sono state tutte censurate dal rimettente e risultano a quella strettamente funzionali.