Con la sentenza n. 6 del 26 gennaio 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di leale collaborazione, l’art. 4, comma 1-septies, lett. a), del d.l. n. 121 del 2021, nella parte in cui, nel riordino del sistema portuale, sostituendo l’art. 5, comma 1-bis, della legge n. 84 del 1994, prevede che il Documento di programmazione strategica di sistema (DPSS) «è approvato dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, che si esprime sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale di cui all’articolo 11-ter della presente legge», a seguito di parere della regione territorialmente interessata da esprimere nel termine di quarantacinque giorni.
La disposizione impugnata dalla Regione Toscana e dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia viola il parametro evocato in quanto il DPSS – documento di programmazione di una area vasta (in quanto attiene all’intero sistema portuale), che pone le premesse, i confini e le regole della successiva pianificazione delle singole aree portuali e che individua il reticolo di collegamento tra i porti e le infrastrutture logistiche di terra – incide su una considerevole porzione del territorio regionale.
Pertanto, nell’esercizio di tale rilevante funzione programmatoria, non si può prescindere da uno strumento collaborativo tra Stato e regioni, quale l’intesa, nella fase di approvazione. Il timore che tale intesa porti a lentezze procedurali e al rischio di paralisi deve superarsi con la previsione di un termine per la sua formazione e con il meccanismo di superamento del mancato accordo, entrambi mutuabili dalle previgenti disposizioni, salva una diversa ed eventuale disciplina che il legislatore intendesse adottare.
In relazione al DPSS, le Regioni deducono, in primo luogo, la violazione del principio di leale collaborazione perché è stata loro sottratta la competenza ad approvarlo; si dolgono, poi, dello slittamento dell’acquisizione del parere comunale dalla fase precedente l’adozione del DPSS a quella ad esso successiva (vizio dedotto dalla sola Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia) e, infine, della previsione che il parere comunale e regionale debba essere espresso in quarantacinque giorni e che la sua omissione sia superabile con il meccanismo devolutivo del silenzio significativo (il parere non espresso è ritenuto infatti «non ostativo»).
Ad avviso della Corte, le questioni promosse sono fondate nei termini che seguono.
Il principio di leale collaborazione impone, in primo luogo, che l’AdSP accompagni il DPSS redatto con un documento esplicativo. Diversamente, per i ristretti termini assegnati alle valutazioni e per la complessità di queste anche sul piano tecnico, regioni e comuni non sarebbero posti nella condizione di esprimersi con la dovuta consapevolezza.
Va, pertanto, dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1-septies, lettera a), del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui, sostituendo l’art. 5, comma 1, della legge n. 84 del 1994, non prevede che il DPSS sia accompagnato da una relazione illustrativa che descriva i criteri seguiti nel prescelto assetto del sistema e gli indirizzi per la futura pianificazione.
Fondata è anche la censura volta a lamentare l’assenza di un idoneo strumento collaborativo nel procedimento di approvazione del DPSS.
Questo riveste i caratteri di documento di programmazione di una area vasta (in quanto attiene all’intero sistema portuale) che pone le premesse, i confini e le regole della successiva pianificazione delle singole aree portuali e che individua il reticolo di collegamento tra i porti e le infrastrutture logistiche di terra: in quanto tale, esso incide su una considerevole porzione del territorio regionale e involge, si badi, anche i porti regionali ricompresi nella circoscrizione dell’Autorità di sistema.
In particolare, nella funzione rimessagli di individuazione e delimitazione dell’ambito portuale e delle sue sotto aree (portuali, retroportuali, interazione porto-città e collegamenti infrastrutturali), tale documento finisce per stabilire ciò che è di competenza pianificatoria dell’AdSP (aree portuali e retroportuali) e ciò che spetta alla pianificazione di comune, regione e altri enti competenti (interazione porto-città e collegamenti infrastrutturali).
Nell’esercizio di tale rilevante funzione programmatoria – ferme le previsioni sulla adozione da parte dell’AdSP e sul parere del comune − non si può, allora, prescindere da uno strumento collaborativo tra Stato e regioni, quale l’intesa, nella fase di approvazione.
La conclusione risulta in linea con la sentenza n. 261 del 2015 con cui la Corte ha stabilito la necessità di adozione in sede di Conferenza Stato-regioni del documento di strategia nazionale della portualità e logistica (PSNPL), con il quale, va ricordato, il DPSS deve essere coerente (art. 5, comma 1, della legge n. 84 del 1994, come novellato dal d.l. n. 121 del 2021, come convertito).
Il timore che l’intesa per il DPSS porti a lentezze procedurali e al rischio di paralisi deve superarsi con la previsione di un termine per la sua formazione e con il meccanismo di superamento del mancato accordo, entrambi mutuabili dalle previgenti disposizioni, salva ovviamente una diversa ed eventuale disciplina che il legislatore intendesse adottare.
Quanto al primo aspetto, l’art. 5 della legge n. 84 del 1994, nella precedente formulazione, assegnava alla regione un termine per l’approvazione del DPSS, previa intesa con il Ministero (allora di sessanta giorni dalla adozione del documento); del pari, un termine deve avere ora il Ministero per l’approvazione del documento, previa intesa con la regione, in esito alla acquisizione del parere del comune. Seguendo la tempistica ora imposta dalla novella, esso va individuato in quarantacinque giorni: tale termine, in particolare, stabilito dal d.l. n. 121 del 2021, come convertito, per il parere della regione, va ora a scandire la tempistica per il raggiungimento della ritenuta necessaria intesa.
Quanto al secondo aspetto, l’art. 5 della legge n. 84 del 1994 nella precedente formulazione prevedeva, in caso di dissenso, l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990. Del pari, per l’intesa ora ritenuta necessaria da questa Corte, nel caso in cui essa non sia raggiunta, dovrà farsi applicazione di tali disposizioni in quanto compatibili. Esse, infatti, risultano adeguate al principio di leale collaborazione per il previsto procedimento di composizione del dissenso con reiterate trattative (sentenza n. 179 del 2012) e, solo in ultimo, di suo superamento.
Va, dunque, dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1-septies, lettera a), del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui, sostituendo l’art. 5, comma 1-bis, della legge n. 84 del 1994, prevede che il DPSS «è approvato dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, che si esprime sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale di cui all’articolo 11-ter della presente legge», a seguito di parere della regione territorialmente interessata da esprimere nel termine di quarantacinque giorni, anziché «è approvato, nei quarantacinque giorni successivi all’acquisizione del parere del comune, previa intesa con la regione territorialmente interessata, dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili che si esprime sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale di cui all’articolo 11-ter della presente legge. In caso di mancanza di accordo si applicano le disposizioni di cui all’art. 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 in quanto compatibili».
Fondata è, infine, la questione con la quale la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia si duole della competenza del DPSS a ricomprendere negli ambiti portuali «le ulteriori aree pubbliche e private assoggettate alla giurisdizione dell’Autorità di sistema portuale», esterne alla sua circoscrizione (art. 4, comma 1-septies, lettera a, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui sostituisce l’art. 5, comma 1, lettera b, seconda parte, della legge n. 84 del 1994).
La norma è costituzionalmente illegittima perché in contrasto con le necessarie condizioni di esercizio della chiamata in sussidiarietà.
In particolare, la previsione – peraltro dai contorni oscuri − contrasta con la necessità che la disciplina statale “in attrazione” regoli la funzione amministrativa in termini di pertinenza e stretta indispensabilità.
Il legislatore statale, infatti, non indica alcun criterio, geografico o funzionale, per l’individuazione di tali imprecisate zone, esterne tanto all’ambito portuale di ciascun porto, quanto al sistema. Viene, così, rimessa alla stessa Autorità chiamata all’esercizio delle funzioni amministrative l’individuazione del perimetro territoriale in cui esse possono essere esercitate.
Deve essere, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-septies, lettera a), del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui sostituisce l’art. 5, comma 1, lettera b), della legge n. 84 del 1994, limitatamente alle parole «che comprendono, oltre alla circoscrizione territoriale dell’Autorità di sistema portuale, le ulteriori aree, pubbliche e private, assoggettate alla giurisdizione dell’Autorità di sistema portuale».