Incostituzionale la legislazione abruzzese sull’individuazione delle aree idonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili di Fabio Cusano

Corte Cost 27 2023

Con la sentenza n. 27 del 23 febbraio 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 e l’art. 19 della L.R. Abruzzo n. 5 del 2022 in materia di aree idonee all’installazione degli impianti da fonti energetiche rinnovabili.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. – in relazione all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE, all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE, all’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE e ai principi espressi dal d.lgs. n. 199 del 2021 – e dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e al d.m. 10 settembre 2010, in quanto esprimono principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».

L’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 modifica l’art. 4, comma 2, della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021, prorogando dal «31 dicembre 2021» al «30 giugno 2022» il termine entro il quale la Giunta regionale è chiamata a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione contenente l’individuazione delle aree e dei siti inidonei all’installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, il che determina il prolungamento del correlato meccanismo di moratoria.

Infatti, in base al comma 1 del citato art. 4, nelle more dell’individuazione delle aree e dei siti inidonei, «sono sospese le installazioni non ancora autorizzate di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, inclusi quelli soggetti ad edilizia libera nelle zone agricole caratterizzate da produzioni agro alimentari di qualità […] e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale».

Il ricorrente ritiene che la norma impugnata, nell’emendare l’art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021 relativamente al dato temporale, condivida i medesimi profili di illegittimità costituzionale che lo avevano indotto a impugnare la precedente disposizione.

L’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 lederebbe, al pari della norma modificata, l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e le relative linee guida, che rilevano quali principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Nel prevedere la proroga della moratoria, che sospende le autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la disposizione impugnata violerebbe i citati principi, ispirati a esigenze di celerità, di semplificazione e di uniformità sull’intero territorio nazionale, oltre che di massima diffusione dell’energia da fonti rinnovabili.

Per analoghe ragioni, la norma impugnata contrasterebbe anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto andrebbe a sospendere un potere autorizzativo relativo a un’attività non solo consentita, ma anche incentivata e promossa a livello internazionale e sovranazionale, in particolare dalle direttive 2001/77/CE, 2009/28/CE e 2018/2001/UE.

In tale quadro, il rimettente ritiene altresì che «la norma regionale censurata si ponga in insanabile contrasto» con le disposizioni recate dall’art. 20, commi da 6 a 8, del «decreto legislativo n. 199/2021 di recepimento della direttiva UE 2018/2001». Infine, lo stesso art. 16 cagionerebbe un vulnus anche agli artt. 41 e 97 Cost., poiché la moratoria sacrificherebbe, a un tempo, l’interesse del richiedente alla tempestiva disamina dell’istanza, che condiziona la sua scelta imprenditoriale, e la celere valutazione di tutti gli interessi coinvolti a garanzia del «buon andamento dell’azione amministrativa».

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso altresì questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19 della L.R. Abruzzo n. 5 del 2022, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. – in relazione all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE, all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE e all’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE – e dell’art. 117, terzo comma, Cost. – in relazione ai principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», espressi dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.m. 10 settembre 2010.

L’impugnato art. 19, sostituendo interamente l’art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021, prevede, al comma 1, che «i Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale da adottare entro e non oltre il 31 maggio 2022, possono individuare le zone del territorio comunale inidonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili limitatamente alle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità […] e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni agroalimentari locali». Al comma 2, dispone che, «decorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia».

Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la norma impugnata vìoli l’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali espressi dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.m. 10 settembre 2010, che non avrebbero attribuito alcuna «funzione al Comune in tema di ubicazione di impianti di energia rinnovabile». Inoltre, la medesima disposizione impugnata, in quanto formulata in modo da poter «precludere in assoluto la realizzazione degli impianti» di produzione di energia da fonti rinnovabili, contrasterebbe – secondo il ricorrente – sia con i citati principi fondamentali, sia con l’art. 117, primo comma, Cost. Le norme interposte evocate dalla difesa statale sarebbero, infatti, finalizzate alla massima diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Ad avviso della Corte, le questioni sono fondate. Sia l’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 sia l’art. 19 della L.R. Abruzzo n. 5 del 2022 attengono al regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e violano i principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Al contempo, detti principi fondamentali sono attuativi di direttive emanate dall’Unione europea, nel rispetto di impegni assunti a livello internazionale, e le disposizioni impugnate si pongono, pertanto, in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost.

Occorre precisare innanzitutto che, in attuazione della direttiva 2018/2001/UE, e sulla base dei principi e dei criteri indicati nella legge n. 53 del 2021, è stato emanato il d.lgs. n. 199 del 2021, vòlto ad «accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili» e a raggiungere gli «obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030», «conformemente al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima» (art. 1, commi 1, 2 e 3).

L’art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo dispone che, con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano stabiliti «principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili».

Quanto alle aree idonee, il comma 4 prevede che «conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1 […] le Regioni individuano con legge le aree idonee», fermo restando che, «nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1», il comma 8 indica le aree considerate idonee.

In ogni caso, in base al comma 6 dell’art. 20, «nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione». Inoltre, il comma 7 del medesimo articolo chiarisce che «le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee».

In raccordo con l’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, l’art. 18, comma 3, del medesimo decreto legislativo stabilisce che, solo «a seguito dell’entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l’individuazione di superfici e aree idonee ai sensi dell’art. 20, con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono aggiornate le linee guida per l’autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili di cui all’articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387».

Il citato iter non è stato al momento completato e le linee guida emanate con il d.m. 10 settembre 2010 non sono state ancora aggiornate.

Infine, il comma 2 dell’art. 18 del d.lgs. n. 199 del 2021, sostitutivo dell’art. 4, comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, indica gli articoli che regolano i «regimi di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili», deputando a regolare l’autorizzazione unica l’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011, che a sua volta rimanda all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, come modificato dallo stesso art. 5.

A fronte del richiamato quadro normativo si palesa il contrasto dell’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 rispetto a entrambi i parametri costituzionali sopra richiamati (art. 117, primo e terzo comma, Cost.).

Innanzitutto, la disposizione impugnata vìola i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» desumibili tanto dalla disciplina sull’autorizzazione unica, di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, come modificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011 (ex multis, sentenze n. 221, n. 216, n. 121, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020), quanto dalle relative linee guida, che, «approvate in sede di conferenza unificata, sono espressione della leale collaborazione tra Stato e Regioni (sentenza n. 77 del 2022)» (sentenza n. 216 del 2022). Le citate linee guida, emanate in base all’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, e non ancora aggiornate, sono, per giurisprudenza costante della Corte, vincolanti nei confronti delle regioni, in quanto poste a completamento della normativa primaria «in settori squisitamente tecnici» (sentenze n. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, nonché n. 69 del 2018) e connotate dal carattere della inderogabilità a garanzia di una disciplina «uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)» (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n. 221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021).

I principi fondamentali, sopra richiamati, sono i medesimi rispetto ai quali la Corte ha già dichiarato, con la sentenza n. 77 del 2022, costituzionalmente illegittimo l’art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021, oggetto della modifica introdotta dalla disposizione impugnata. Quest’ultima ha, infatti, prorogato al «30 giugno 2022» il meccanismo regolato dall’art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021, che contemplava una sospensione delle procedure di autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, relativamente a specifiche zone agricole, nelle more dell’individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione degli impianti.

Tale moratoria è stata ritenuta dalla Corte confliggente con la previsione di un termine massimo entro il quale concludere il procedimento unico (art. 12, comma 4, ultimo periodo, del d.lgs. n. 387 del 2003, come sostituito dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2011). In pari tempo è stata reputata contrastante con le funzioni di mera accelerazione e semplificazione del procedimento di autorizzazione unica, che le linee guida assegnano (come espressamente chiarisce il punto 17.1) alla individuazione in via amministrativa delle aree e dei siti non idonei (sentenza n. 77 del 2022, in linea con le pronunce n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018; di seguito, in senso conforme le sentenze n. 266, n. 216 e n. 121 del 2022).

Da ultimo, la Corte non ha mancato di rammentare che, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, gli «impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici» (sentenza n. 77 del 2022), fermo restando che, come prevede la norma indicata, «nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14» (ancora sentenza n. 77 del 2022).

Ebbene, l’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022, nel procrastinare il citato meccanismo sospensivo di cui all’art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021, condivide i medesimi profili di illegittimità costituzionale, già rilevati nella sentenza n. 77 del 2022, e oltretutto, proprio in ragione della proroga, li acuisce, aggravando il contrasto con l’obiettivo acceleratorio, sotteso ai parametri interposti all’art. 117, terzo comma, Cost.

Da ultimo, non può tacersi che il divieto di prevedere «moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione» viene espressamente ribadito dall’art. 20, comma 6, del d.lgs. n. 199 del 2021, che preclude detti meccanismi «nelle more dell’individuazione delle aree idonee».

In pari tempo, l’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 collide con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in linea di continuità con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE. L’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2018/2001/UE richiede agli Stati membri di assicurare che le norme nazionali in materia di procedure autorizzative «siano proporzionate e necessarie» e che «siano razionalizzate e accelerate al livello amministrativo adeguato e siano fissati termini prevedibili» (paragrafo 1, lettera a).

Analoghe esigenze erano, del resto, già affermate dall’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/77/CE, modificata e abrogata dalla direttiva 2009/28/CE, il cui art. 13, paragrafo 1, lettera c), ha ribadito la necessità che le «procedure amministrative siano semplificate e accelerate».

Di conseguenza, l’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022, nel prorogare un meccanismo di moratoria delle procedure di autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, vìola i citati impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell’Unione europea e a livello internazionale.

Di seguito, contrasta con l’art. 117, primo e terzo comma, Cost., anche l’art. 19 della L.R. Abruzzo n. 5 del 2022, che ha sostituito l’art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021. La disposizione prevede, al comma 1, che spetta ai Comuni il compito di individuare «entro e non oltre il 31 maggio 2022» le aree e i siti non idonei all’installazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, relativamente alle stesse zone cui si riferiva già la norma sostituita. Al comma 2, stabilisce poi che, «decorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia».

Duplice è la ragione di contrasto con i principi fondamentali dettati a livello statale nella materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

Innanzitutto, il comma 1 della disposizione regionale impugnata vìola i principi dettati dal legislatore statale in tema di individuazione delle aree e dei siti non idonei. Tanto l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 (secondo cui in «attuazione delle linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti»), quanto il punto 17.1 delle linee guida assegnano alle Regioni (e alle Province Autonome) – e non ai Comuni – il compito di individuare le aree non idonee «attraverso un’apposita istruttoria», i cui esiti devono contenere per «ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate».

In particolare, spetta alle Regioni e alle Province Autonome – secondo il punto 17.2 delle linee guida – conciliare «le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)». La disciplina appena evocata disvela in maniera cristallina che, fermo restando il possibile coinvolgimento dei Comuni nella definizione dell’atto di programmazione, la Regione non può per legge demandare a essi un compito che le è stato assegnato dai principi statali al fine di garantire, nell’ambito dei singoli territori regionali, il delicato contemperamento dei vari interessi implicati e il rispetto dei vincoli imposti alle Regioni per il raggiungimento della quota minima di incremento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.

A questa prima ragione di contrasto, si aggiunge la doverosa constatazione che l’art. 19, pur non riproducendo testualmente il meccanismo moratorio disposto dal pregresso art. 4 della L.R. Abruzzo n. 8 del 2021, a ben vedere accentua i profili di collisione con i principi fondamentali. Infatti, il comma 2 della disposizione impugnata, nello stabilire che, «decorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia», lascia inferire che l’individuazione delle aree e dei siti non idonei si traduce nella previsione di un limite alla facoltà di autorizzazione, laddove – nella prospettiva statale – serve, viceversa, solo a segnalare, a fini acceleratori e di semplificazione, un probabile esito negativo della procedura autorizzativa.

Anche di recente la Corte ha ribadito che l’atto di pianificazione opera una «valutazione di “primo livello”», «con finalità acceleratorie» (sentenza n. 77 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 11 del 2022 e n. 177 del 2021), ma non può «creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106 del 2020 e n. 286 del 2019)» (sentenza n. 216 del 2022).

La possibilità di prevedere limiti alla facoltà di autorizzare l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, secondo quanto dispone l’art. 19, comma 2, della L.R. Abruzzo n. 5 del 2022, si pone, d’altro canto, in aperto contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, perseguito sia dalla direttiva 2009/28/CE, e già prima da quella 2001/77/CE, sia dalla direttiva 2018/2001/UE.

Simile finalità, riflessa nella disciplina dettata dalle citate direttive in materia di procedure di autorizzazione, certificazione e rilascio delle licenze, viene chiaramente esplicitata dalla direttiva 2018/2001/UE, ove si evidenzia che il «maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili o all’energia rinnovabile costituisce una parte importante delle misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni dell’Unione nel quadro dell’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (“accordo di Parigi”)» (considerando n. 2).

Occorre, dunque, ribadire, in linea con numerosi precedenti della Corte, la necessità di garantire la «massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento “di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra” (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)» (sentenze n. 216 e n. 121 del 2022).

In conclusione, l’art. 16 della L.R. Abruzzo n. 1 del 2022 e l’art. 19 della L.R. Abruzzo n. 5 del 2022 sono costituzionalmente illegittimi, in riferimento all’art. 117, primo e terzo comma, Cost.